
Con la crisi climatica, c’è sempre meno neve in Italia. Le Alpi stanno cambiando e continueranno a farlo anche se riusciremo a rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi: anche a quote elevate, nevica sempre meno e per meno giorni.
Alpi: nevica sempre meno
È stata inferiore alla metà della media storica la quantità di neve caduta durante lo scorso inverno sulle Alpi. La Fondazione CIMA, a metà febbraio 2022, riferendosi all’equivalente in acqua della neve (equivalente idrico nivale) calcolava un -53% sull’intero arco alpino. Verso la fine della stagione invernale, questa situazione è ulteriormente peggiorata, arrivando a un -69%.
Non si tratta certo di un caso isolato, ma piuttosto di una tendenza evidente. Anche se il 2021-2022 è stato caratterizzato da una grave siccità per tutto l’anno e non solo in inverno, a chiarire meglio il tutto è la situazione sul medio-lungo periodo: nevica sempre meno, a quote più elevate, e per meno giorni.
Il riscaldamento globale infatti non risparmia nemmeno le Alpi. La tendenza è anzi destinata a peggiorare, come evidenzia uno studio del CNR pubblicato sul Journal of Mountain Science lo scorso agosto. Secondo il CNR, le temperature medie stanno aumentando rapidamente sull’arco alpino. Rispetto ai valori del trentennio 1961-1990, le medie sono cresciute di 0,3°C nel 1971-2000, di 0,5°C nel 1981-2010 e di 0,9°C nel 1991-2020. La media del periodo 2001-2030 raggiungerà +1,5°C – rispetto al trentennio ’61-’90 – se non ci sarà una drastica riduzione di emissioni di gas serra.
Tra le conseguenze più evidenti, la durata sempre più breve del manto nevoso. Nel periodo tra il 1° novembre e il 15 giugno, la durata del manto con almeno 1 cm di neve di spessore si è accorciata di 3,5 giorni per decennio al di sopra dei 1500 metri e di quasi 7 giorni per le stazioni di rilevamento più basse.
Confrontando il trentennio 1961-1990 e 1991-2020, la neve sulle Alpi scompare 8 giorni prima ad alta quota e 20 giorni prima a bassa quota.
Per il manto nevoso di almeno 5 cm la situazione è ancora più evidente: 6,2 giorni al decennio in bassa quota e 1,5 giorni in alta quota.
Cosa ci dobbiamo aspettare?
È durante il cuore dell’inverno, periodo cruciale per i ghiacciai e per accumulare riserve idriche, che si perde la più alta percentuale di neve. E gli scenari futuri indicano una situazione sempre più critica.
Uno studio condotto da Eurac Research e pubblicato su Nature Climate Change nel 2023 prevede che, senza l’attuazione di politiche di drastica riduzione delle emissioni, la situazione del 2022 diventerà la norma entro i prossimi 80 anni.
Nel peggiore tra gli scenari, entro il 2100 i giorni di innevamento sulle Alpi si dimezzeranno rispetto al periodo 2001-2020. Ad altezze di 2500 metri, con un riscaldamento globale di circa 4°C, si perderanno quasi 3 mesi di neve (76 giorni). Se invece si terrà conto degli obiettivi posti con l’accordo di Parigi per il contenimento del riscaldamento globale entro il grado e mezzo rispetto alla media preindustriale, i giorni persi potrebbero essere solo 26.
A 1500 metri di altezza, nel caso peggiore, si perderebbero 36 giorni su 95, oltre un terzo, ma con il contenimento del global warming, si tratterebbe di 17.
Anche altri studi confermano queste tendenze, rendendo più completa la prospettiva sul declino della neve in Italia. Come rivela uno studio dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna, pubblicato a gennaio 2023 su Nature Climate Change, tra il 1971 e il 2019 l’altezza della coltre di neve sulle Alpi è diminuita dell’8,4% per decennio e la durata del manto nevoso si è accorciata del 5,6% ogni 10 anni.
Attraverso lo studio degli anelli di accrescimento del ginepro, i ricercatori ricostruiscono che, negli ultimi 100 anni, le Alpi hanno perso 36 giorni di innevamento d’inverno. La media mobile di lungo termine, calcolata su periodi di 50 anni, mostra un chiaro e inarrestabile declino nell’ultimo secolo, a partire dai primi decenni del Novecento.