Le microalghe potrebbero sostituire il pesce nell’alimentazione umana?
A chiederselo sono stati gli studiosi dell’Università di Hohenheim in Germania e del Fraunhofer Institute for Interfacial Engineering and Biotechnology (IGB), impegnandosi in un’indagine per valutare questa possibilità.
In campo alimentare, cercare alternative proteiche di origine non animale rappresenta un argomento molto discusso, soprattutto perché le opzioni finora scoperte (in particolar modo le alternative al pesce) non si sono dimostrate completamente soddisfacenti.
Possibili alternative alle proteine animali
All’interno del nostro organismo, le proteine svolgono innumerevoli compiti anche molto diversi tra loro, tutti essenziali per il buon funzionamento del corpo. Per la loro composizione, sono coinvolti 20 amminoacidi, le unità strutturali primarie delle proteine: un adulto può sintetizzare 11 di questi amminoacidi, mentre i restanti 9 devono essere integrati con l’alimentazione.
Oltre a quelle di origine animale, le proteine sono contenute anche in legumi e cereali. Tuttavia, queste fonti spesso mancano di alcuni elementi cruciali, come gli acidi grassi omega-3, fondamentali per la salute cardiovascolare e per il mantenimento dei livelli di colesterolo nel sangue e presenti in alcuni pesci come il salmone, le sardine, il tonno, le acciughe e la trota.
Proprio da queste premesse, gli scienziati hanno individuato le microalghe come una possibile alternativa, scegliendo una varietà specifica di microalga, Phaeodactylum tricornutum, che offre omega-3, proteine, fibre, vitamina E e carotenoidi.
Così, nei laboratori dell’IGB, si coltivano le microalghe in fotobioreattori speciali che consentono di regolare le condizioni di crescita in base agli obiettivi desiderati, aumentando per esempio la concentrazione di sostanze nutritive o di fibre.
Il Phaeodactylum tricornutum è già noto per le sue proprietà, visto che viene impiegato per i mangimi. Step più complicato sarà invece l’approvazione per l’uso nell’alimentazione umana: come indicato dalle normative dell’Unione Europea sui nuovi alimenti, prima che le microalghe possano arrivare alle nostre tavole saranno necessari ulteriori approfondimenti.
Microalghe: le sfide da affrontare
I ricercatori stanno valutando effetti positivi e negativi di questa opzione.
In un esperimento, alcuni partecipanti hanno consumato quotidianamente un frullato di microalghe per tre settimane, ottenendo livelli di omega-3 nel sangue simili a coloro che assumono capsule di olio di pesce.
La sfida maggiore resta però sapore e odore delle microalghe, tutt’altro che invitanti.
I ricercatori quindi si sono serviti della fermentazione con l’ausilio dei funghi: questa operazione da un lato ha permesso di eliminare odori e sapori sgradevoli, dall’altro ha compromesso alcuni dei benefici delle microalghe.
Visto che il sapore di pesce è difficile da eliminare completamente, i ricercatori suggeriscono di presentare le microalghe come un’alternativa alimentare al pesce.
Quali potrebbero essere le implicazioni positive di questo studio
Considerare le microalghe una valida alternativa al pesce potrebbe avere non pochi effetti positivi.
In primis, potrebbe contrastare la pesca intensiva e tutte le conseguenze disastrose per gli habitat marini. E questo anche perché le microalghe si possono coltivare ovunque e in modo controllato, evitando così metalli pesanti e riducendo le emissioni legate al trasporto.
Infine, andrebbero considerate le importanti capacità di immagazzinare carbonio: non solo un’alternativa valida alle proteine animali, quindi, ma anche un aiuto attivo contro il riscaldamento globale.
Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).