Pochissimi super ricchi inquinano più di tanti poveri insieme. Non si tratta certamente di una rivelazione dell’ultimo momento, ma il recente rapporto Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che puntano a ridurre la povertà globale, mette in evidenza nuovi dati a tal proposito, a ridosso della COP28 di Dubai.
L’analisi rivela che nel 2019 l’1% dei super ricchi ha contribuito al 16% delle emissioni globali di carbonio, inquinando quindi quanto il 66% più povero dell’umanità. Nel corso degli ultimi 50 anni, inoltre, più del 91% delle morti legate ai disastri climatici ha colpito i Paesi in via di sviluppo.
La ricerca di Oxfam
L’ingiustizia climatica è un concetto che si può semplificare in questo modo: nel corso di un anno, una persona appartenente all’1% più ricco dell’umanità emette gas serra equivalenti a quanto produrrebbe qualsiasi altro individuo in quasi 1.500 anni. Le conseguenze di ciò ricadono su tutti, ma soprattutto su coloro che non sono colpevoli, dato che il 97% delle persone colpite dai disastri climatici vive nei Paesi in via di sviluppo.
Tra gli argomenti che verranno trattati durante la prossima Conferenza per il Clima, l’uguaglianza climatica sarà uno dei temi principali. La recente ricerca Oxfam, Uguaglianza climatica: un Pianeta per il 99%, redatta in collaborazione con lo Stockholm Environment Institute, si inserisce proprio in questo contesto.
Il report classifica la popolazione in diverse fasce di reddito. Il 50% più povero dell’umanità, alla base della piramide, è responsabile solo dell’8% delle emissioni legate ai consumi.
Il 40% intermedio genera il 43% delle emissioni legate ai consumi, mentre il restante 10% più ricco contribuisce con il 50-70% delle emissioni totali, soprattutto tramite investimenti finanziari in settori dall’impatto climatico catastrofico.
All’interno di questo 10%, Oxfam identifica l’1% di super-ricchi, che incidono sul riscaldamento globale e inquinano con il loro stile di vita lussuoso, investimenti in settori altamente inquinanti e influenza nei media, nell’economia e nella politica.
Nel 2019, l’1% più ricco è stato responsabile del 16% delle emissioni globali di CO2 derivanti dai consumi, cifra equiparabile a quella generata dal 66% più povero, ovvero 5 miliardi di persone.
L’influenza dei super ricchi
Le responsabilità dirette di questo 1% sullo stato del clima si sviluppano su tre livelli:
- le emissioni e i consumi generati dalla loro vita quotidiana, tra yacht e jet privati;
- i loro investimenti e la partecipazione in industrie altamente inquinanti, nonché il loro interesse finanziario derivato dallo status quo economico;
- l’influenza che hanno sui media, sull’economia e politica e policy making.
L’analisi condotta su 125 miliardari ha rivelato che, in media, i loro investimenti generano 3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno – pensiamo ad esempio che i membri del Congresso americano possiedono azioni del valore di 93 milioni di dollari in industrie legate alle energie fossili.
Questa cifra è un milione di volte superiore alle emissioni prodotte da un individuo non facente parte del 10% più ricco della popolazione. Tra i 125 miliardari, solo uno ha destinato investimenti a un’azienda del settore delle energie rinnovabili.
Per dare un’ulteriore prospettiva, consideriamo il “carbon budget”, ovvero la quantità di CO2 che può essere emessa per limitare il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Dal 1990, i super ricchi hanno consumato il doppio di questo budget rispetto alla metà più povera dell’umanità. Guardando al 2030, le loro emissioni supereranno di 22 volte la soglia di sicurezza. Le azioni di un gruppo esiguo vanificano in questo modo gli sforzi di tutti gli altri.

Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).