Che i social network abbiano un impatto concreto sulla nostra società sembra essere oramai un dato di fatto, ma in che modo questi impattano sugli aspetti politici e geopolitici del nostro Pianeta?
Finché si tratta di un influencer che dà risalto a un determinato prodotto risulta tutto comprensibile e accettabile, ma fino a che punto i social network sono in grado di avere conseguenze sul mondo dal punto di vista geopolitico?
Probabilmente non ci rendiamo totalmente conto di cosa sta accadendo attorno a noi a livello mondiale e quanto di tutto ciò sia influenzato, o addirittura totalmente condizionato dai social network, cerchiamo quindi di vederci più chiaro.
La privacy digitale e l’utilizzo dei dati
La privacy digitale è un argomento di cui sentiamo spesso parlare, ma del quale oramai non ci preoccupiamo neanche più. Ogni giorno, durante le nostre navigazioni online, accettiamo cookie o condizioni di utilizzo senza quasi avere la minima idea di che cosa questo significhi.
Abbiamo capito che molto di ciò che accettiamo ha finalità di marketing, per questo motivo se ricerchiamo su Google ad esempio un modello di sneaker, veniamo successivamente bombardati da annunci pubblicitari su quello specifico tipo di scarpe quando guardiamo un video su YouTube, mentre scorriamo i reel di Instagram e quando leggiamo il nostro feed di Facebook.
Ma è tutto qui? Un complesso sistema con finalità pubblicitarie? Assolutamente no!
Quanti e quali dati
L’obiettivo, per lo meno quello primario, dei social network era effettivamente quello di creare un enorme sistema di raccolta dati per personalizzare l’attività di advertising, fondando quindi il modello di business sulla possibilità di vendere pacchetti di informazioni molto dettagliati alle aziende, e agli inserzionisti, che volevano promuoversi su questi media.
Un modello che sin da subito si è dimostrato incredibilmente potente ed efficace e che è stato sviluppato in maniera esponenziale, grazie anche allo scambio di informazioni tra piattaforme.
I dati a disposizione di un social network, e di numerosissimi altri portali, non derivano solamente dalle informazioni raccolte da quel social, ma da una serie di partnership finalizzate a incrementare la conoscenza sugli utenti.
Ma di quante informazioni stiamo parlando?
Una ragazza ha provato a togliersi questa curiosità richiedendo, come da nostro diritto, le informazioni a disposizione di Tinder, una nota app di incontri online. Per creare un account Tinder bastano poche informazioni: nome, cognome, luogo di interesse, data di nascita, genere e pochi altri dettagli facoltativi e aggiuntivi. Provando a utilizzare l’applicazione solo per qualche volta, ossia scorrendo tra potenziali altri profili per decidere se incontrarne qualcuno nella vita reale, quante informazioni pensate possa avere su di voi tale applicazione?
Provate a dare questa risposta in pagine Word: la ragazza ha infatti stampato il resoconto dei dati a disposizione dell’app una volta ricevuta la risposta desiderata.
Si è trovata a stampare tra le 950 e le 1000 pagine di informazioni.
Un numero che sembra quasi senza senso, probabilmente se ci mettessimo a scrivere tutto ciò che noi stessi sappiamo su di noi non arriveremo a quella cifra: che cosa sanno quindi di noi?
Metadati e dati combinati
Sono tantissime le nostre tracce digitali, soprattutto se un sistema o un algoritmo ha la possibilità di combinarle.
Oltre a dati scontati, come quelli demografici o preferenze esplicitate, tutto ciò che scriviamo sui social, i nostri like, le nostre ricerche su Google, i pagamenti con le carte di credito, i luoghi, gli orari, i tag, gli hashtag e così via sono salvati all’interno dei database di questi portali.
I metadati sono delle informazioni digitali nascoste presenti nella quasi totalità dei nostri file: quando scattiamo ad esempio una foto stiamo salvando nei metadati il momento, il formato, la dimensione, il luogo, il dispositivo e altre informazioni. Se carichiamo una foto su un social da un determinato dispositivo stiamo quindi dichiarando ad esempio il nostro smartphone e potremo venire colpiti da pubblicità su accessori per il nostro modello di telefono.
Ma come anticipato, non è una pura questione di marketing.
Tutte queste informazioni vengono raccolte in database che descrivono un nostro profilo digitale estremamente preciso. Se un’applicazione come Tinder usata una manciata di volte può avere mille pagine di informazioni su di noi, immaginatevi Facebook (proprietaria di Instagram e Whatsapp) o Google.
Combinare alcuni di questi dati significa creare dei cluster, ossia dei gruppi di utenti, più sono i dati e più sono le possibilità di creare cluster sempre più precisi.
Gli utenti che utilizzano un iPhone, un iPhone X, un iPhone X non aggiornato, un uomo con un iPhone X non aggiornato, un uomo con più di 50 anni con un iPhone X non aggiornato, e così via.
O ancora: un uomo interessato alla politica, un uomo cattolico interessato alla politica, un uomo cattolico interessato alla destra, un uomo cattolico interessato alla destra che ha votato in passato Forza Italia, e così via. Non vogliamo fare distinzione tra destra e sinistra, è importante semplicemente comprendere che tutte queste centinaia di migliaia di informazioni dicono di noi praticamente tutto, e questo tutto è a disposizione di chi è in grado di utilizzare strumenti come i social network, nel bene e nel male.
Esistono dei casi documentati di utilizzo di queste informazioni? Eccome!
Cambridge Analytica
Seppur si tratti di un episodio di 5 anni fa, di Cambridge Analytica si è parlato davvero troppo poco, come capita spesso con i media quando una notizia è davvero interessante e può avere reali impatti sugli aspetti della nostra vita.
Per un approfondimento su questo tema vi consigliamo il libro Il mercato del consenso di Christopher Wylie, una sorta di autobiografia di chi Cambridge Analytica l’ha inventata.
Cambridge Analytica è una società di raccolta ed elaborazione di informazioni che ha sostanzialmente implementato le capacità di utilizzo dati di portali come Facebook. Se vi ricordate alcune immagini di Mark Zuckerberg in tribunale a spiegare incredulo il funzionamento di Facebook allora state ritornando con la mente al processo Cambridge Analytica.
Senza entrare nei dettagli tecnici di Cambirdge Analytica, il succo della questione è che questa ha permesso una super clusterizzazione degli utenti, consentendo di dividere il target delle inserzioni pubblicitarie (e delle comunicazioni in generale) in gruppi molto piccoli. Tutto ciò ha dato il via a una propaganda estremamente specifica, efficace, potente e apparentemente imbattibile.
Grazie a Cambridge Analytica la propaganda, in particolar modo quella politica, ha fatto molti passi avanti: agli elettori interessati al calcio vengono mostrati messaggi incentrati sullo sport, a quelli interessati ai bambini messaggi sull’istruzione, a quelli senza lavoro slogan sull’occupazione, e così via per una sorta di condizionamento molto sofisticato.
Se una trentina di anni fa la politica italiana è stata fortemente influenzata dalla figura di Silvio Berlusconi, che tra le altre cose ha sicuramente giovato di uno strumento come la televisione per raggiungere i successi che hanno caratterizzato la sua carriera, immaginate l’impatto che può avere il controllo di uno strumento come un social network in un periodo storico in cui tutti sono costantemente connessi online.
Con una grossa e sostanziale differenza, che è poi il motivo per cui lo stesso Zuckerberg era apparentemente in difficoltà nello spiegare alla Corte Suprema ciò che stava accadendo, ossia che Facebook e i social network sono strumenti talmente grandi e complessi che gli stessi creatori non hanno una visione globale di ciò che accade al loro interno. Ciò fa sì che ci sia spazio per agire al loro interno sfruttandone, se si è in grado, le potenzialità: nel bene e nel male.
E queste potenzialità sono state sfruttate alla grande.
Quali eventi sono stati influenzati da Cambridge Analytica
Forse vi sarà capitato di chiedervi come sia stato davvero possibile che Donald Trump abbia vinto con un’incredibile rimonta le elezioni negli Stati Uniti, o che l’Inghilterra sia effettivamente uscita dall’Europa. La risposta che vi siete dati era magari più o meno legata a una sorta di isteria globale che sembra caratterizzare questi anni, ma non è così.
Le elezioni di Donald Trump, la Brexit e le elezioni del Messico del 2018 sono tre eventi certificati per la quale Cambridge Analytica è stata pagata per utilizzare le informazioni a disposizione. In situazioni in cui il mondo si è trovato a decidere tra due opzioni si scopre che una delle due alternative utilizzava al massimo della sua potenza lo strumento di propaganda più potente mai inventato, l’altra non lo utilizzava.
È chiaro che, se possiedi la televisione in un periodo storico in cui tutti gli italiani hanno sempre almeno una tv accesa in casa, le tue chance di diventare Presidente del Consiglio aumentano e non poco, figuriamoci quanto possono aumentare se hai la quantità di informazioni oggi a disposizione dalla tua parte.
E infatti, quasi incredibilmente, Trump diventa Presidente degli Stati Uniti e l’Inghilterra esce dall’Europa.
C’è dell’altro?
Cambridge Analytica era stata contattata anche da un politico italiano per avere informazioni, ma questo non è stato accertato. Tuttavia, senza fare nomi, sembra che anche a livello italiano l’utilizzo dei social abbia avuto il suo impatto negli ultimi anni.
A livello internazionale sono in particolare determinati gruppi musulmani ad aver subito le conseguenze di un utilizzo di parte dei social network. Il caso dei Rohingya birmani ne è un esempio: si tratta di una minoranza che è stata violentemente perseguitata anche a causa di una propaganda estremamente violenta e clusterizzata nei loro confronti.
Le innovazioni tecnologiche possono avere risvolti estremamente negativi, e non vale solo per i social network. Se pensiamo ad esempio alla tecnologia di riconoscimento facciale, che può essere utile per sbloccare il nostro smartphone senza dover sbloccare fisicamente lo schermo, abbiamo a che fare con un’altra situazione tragica a livello internazionale.
Nel nord della Cina esiste un gruppo musulmano, gli Uiguri, che viene tuttora perseguitato per la sua etnia e religione. Si tratta infatti di una comunità di origine turca, con dei tratti somatici che li differenziano in maniera abbastanza netta dalla maggior parte della popolazione cinese. Queste differenze soprattutto facciali si prestano perfettamente alla sperimentazione della tecnologia del riconoscimento facciale.
In quella zona del mondo le grandi compagnie e brand tecnologici, tra cui quelli di molti degli smartphone o computer da cui state leggendo questo articolo, hanno installato una serie infinita di telecamere con la finalità di riconoscere e segnalare gli Uiguri. Questi vengono poi perseguitati e rinchiusi in campi di rieducazione, che è il termine che si usa nel 2023 per far accettare al mondo che esistano ancora i campi di concentramento.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità
Così diceva l’uomo ragno, ed è proprio questo il caso. Non possiamo sapere quali saranno le nuove tecnologie e come verranno utilizzate, ma ciò che è successo sinora non fa ben sperare.
Esistono strumenti digitali e tecnologie in grado di avere un impatto sul mondo, ci sono moltissimi casi positivi e altrettanti negativi legati al loro utilizzo. È nostro dovere informarci per comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nel nostro Pianeta, e non solo nei confini delle nostre province e regioni. Dietro a una funzionalità del nostro smartphone potrebbe celarsi un abuso umanitario e il portale che visitiamo ogni giorno per rilassarci qualche minuto potrebbe essere utilizzato con scopi ingannevoli.
Aumentare la nostra consapevolezza sulle nuove tecnologie, sulla privacy e sull’utilizzo dei dati, senza essere appagati da contentini digitali o scoraggiati da policy troppo lunghe da leggere o dalla difficolta nel trovare un media che ci racconti effettivamente come stanno le cose, è, oggi più che mai, di fondamentale importanza.
Se vogliamo che i social network e le nuove tecnologie ritornino a essere uno strumento a nostra disposizione e non un’arma di cui essere vittime dobbiamo imparare a conoscergli, sforzarci di rimanere aggiornati ed essere in grado di staccare la spina se necessario.
Alessandro Chiarato, nato nella ridente città di Rovigo nel 1988, si occupa di comunicazione e marketing digitale con grande attenzione alle questioni legate all’utilizzo (o all’abuso) dei dati. Appassionato di tecnologia, guarda speranzoso alle innovazioni che arrivano da tutto il mondo in attesa di vedere una maggiore e reale attenzione verso le problematiche principali del nostro Pianeta e della nostra quotidianità, che riguardano quindi ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.