La ricerca dei tessuti più sostenibili è un tema cruciale nel mondo della moda, essendo questo uno tra i settori più impattanti al mondo.
La sostenibilità di un capo dipende da tanti fattori che hanno a che fare con il suo intero ciclo di vita, dalla sua produzione allo smaltimento. Ed ecco perché non basta considerare solo l’aspetto dell’acquisto, ma anche quello della conservazione dei capi, della riparazione e del second hand.
Una recente indagine ha preso in esame ben 18 tessuti per individuare quelli più sostenibili, stilando una particolare classifica che tiene conto dei diversi indicatori ambientali.
Quale sarà il tessuto più sostenibile?
Sostenibile o non sostenibile?
Definire un tessuto sostenibile non ha a che fare solo con l’origine del materiale. Il fatto che un tessuto sia naturale, infatti, non ne garantisce la sostenibilità dal punto di vista ambientale.
Pensiamo al cotone, l’esempio più calzante quando si parla di tessuti naturali e sostenibilità: questo materiale, scelto da molti consumatori perché confortevole sulla pelle, leggero e traspirante, nasconde una realtà altamente insostenibile. La coltivazione intensiva del cotone, necessaria per soddisfare la domanda globale, comporta l’uso eccessivo di pesticidi chimici e acqua, causando gravi danni all’ambiente.
I criteri di sostenibilità
La sostenibilità di un prodotto quindi passa attraverso diversi criteri e il fatto che questo provenga da fibre naturali è un fattore positivo ma non determinante per la sua ecocompatibilità.
Il primo tra questi criteri è il metodo di produzione: quanta acqua viene consumata per produrlo? E quanti coloranti servono per il prodotto finito? Infine, le fibre provengono da coltivazioni biologiche e sostenibili o da quelle intensive? E se invece è un materiale sintetico quante sostanze chimiche richiede la sua realizzazione e quante emissioni causerà? Da considerare nel processo di realizzazione, poi, anche le condizioni di lavoro di chi produce quei vestiti.
Un altro fattore per comprendere la sostenibilità o meno di un materiale è il suo trasporto e la sua confezione: se arriva dall’altra parte del mondo, su gomma o su navi che attraversano l’oceano, non potrà mai essere considerato sostenibile, anche se magari rispetta altri criteri per quanto riguarda la produzione o lo smaltimento. Lo stesso discorso sul packaging: in che modo arriva nelle nostre case? Avvolto in buste di plastica inquinante?
Anche il fine vita di un capo è una delle valutazioni di cui tener conto: quel tessuto verrà riciclato, impiegato per altri utilizzi o andrà in discarica?
Infine, particolarmente importante è l’utilizzo che si fa di un determinato capo: quante volte verrà effettivamente indossato?
La questione è che per capire la sostenibilità di un prodotto occorre considerare l’intero ciclo di vita, dalla sua produzione alla scelta in negozio, dall’utilizzo allo smaltimento.
La classifica dei tessuti sostenibili
Proprio sulla base di questi criteri, un’analisi di Altroconsumo, una delle più recenti su questa tematica, ha voluto approfondire quali tessuti sono più sostenibili, stilando una classifica in merito.
La ricerca si è basata su una metodologia standardizzata e applicabile a ogni tipo di prodotto o servizio, detta Life Cycle Assessment (LCA), ovvero valutazione del ciclo di vita. Per questo sono stati presi in esame 18 materiali tessili utilizzati nell’industria dell’abbigliamento, considerando poi due categorie di capi, pantaloni e maglie, venduti in Italia ma prodotti in Cina.
Si è ipotizzato un utilizzo di un determinato capo per quattro anni, indossandolo per un totale di 170 volte e con un lavaggio ogni tre utilizzi.
L’analisi si è soffermata su cinque importanti indicatori ambientali, che costituiscono insieme il 70% dell’impatto totale: l’incidenza sul riscaldamento globale, il grado di tossicità per l’uomo, il consumo di suolo, l’uso di risorse non rinnovabili e il consumo di acqua.
I tessuti scelti sono quindi: nylon e nylon riciclato, poliestere e poliestere riciclato, pelle vera e pelle sintetica, canapa, elastan, pvc, lino, viscosa, cotone, cotone canvas e cotone biologico, denim e denim biologico, seta e lana.
La top ten dei tessuti sostenibili
Tra i tessuti elencati, analizzandone il ciclo di vita, è il nylon 100% riciclato il tessuto considerato più sostenibile. Questo è stato quindi considerato come metro di paragone per comprendere l’impatto degli altri tessuti sull’ambiente e stilare una classifica.
La classifica infatti calcola il tempo di utilizzo e quante volte debba essere utilizzato un materiale affinché possa avere un impatto ambientale equivalente a quello del nylon 100% riciclato.
Il nylon per esempio richiede 4 mesi di vita e un utilizzo di circa 14 volte in più rispetto a quello riciclato.
Seguono poi poliestere 100% riciclato (7 mesi e 25 volte in più), elastan (9 mesi e 31 volte in più), pvc (1 anno e 43 volte in più). E poi ancora il poliestere (1 anno e 2 mesi e 50 volte in più) e la pelle sintetica (1 anno e 2 mesi e 50 volte in più). Poi la canapa (1 anno e 9 mesi e 74 volte in più), viscosa (1 anno e 11 mesi e 82 volte in più) e lino (2 anni e 85 volte in più).
Il resto della classifica
Il cotone biologico richiede 2 anni e 5 mesi di vita in più rispetto al nylon riciclato e un utilizzo di ben 103 volte in più per giustificarne l’impatto ambientale.
Tra i tessuti più impattanti, il cotone richiede un utilizzo di 4 anni e due mesi e 177 volte in più rispetto al primo classificato. Seguono poi la lana (ben 10 anni e 4 mesi e 439 volte), la seta (16 anni e 3 mesi, con un utilizzo di 691 volte in più) e infine la pelle (23 anni e 9 mesi in più, con circa 1009 volte più del nylon riciclato).
L’importanza delle scelte sostenibili
I vestiti che indossiamo spesso non sono composti da fibre pure, come quelle analizzate in questa ricerca, ma sono composti da due o più materiali, per una gamma infinita di varianti. Questo rende un po’ più complesso comprendere il grado di sostenibilità di un certo prodotto e quindi orientare il consumatore nella scelta.
In fatto di sostenibilità, non esistono soluzioni nette, ma molte volte è necessario trovare compromessi e vie di mezzo. A una prima occhiata ci sentiremmo in dovere di eliminare i prodotti in cotone, lana o pelle a favore dei sintetici, come il tanto demonizzato poliestere. Dobbiamo però pensare che le fibre sintetiche, durante il lavaggio, disperdono microplastiche nell’acqua. Sebbene questo problema sia ormai certo e riconosciuto, al momento, la valutazione del ciclo di vita dei prodotti tessili non tiene ancora pienamente conto del fenomeno, poiché mancano ancora dati precisi in letteratura.
La consapevolezza delle differenze nell’impatto ambientale dei vari materiali dovrebbe però guidarci verso comportamenti più responsabili e sostenibili. Le scelte che faremo acquistando un capo in seta o in pelle dovranno essere molto più oculate: un capo fatto con questi materiali dovrà essere utilizzato per per molti anni al fine di ammortizzare l’alto impatto ambientale associato.
Acquisti consapevoli, cura e riciclo
Acquistare meno e meglio è quindi sicuramente il primo tra i consigli utili per una moda più sostenibile. Ma da sola, quest’accortezza non basta.
Curare gli abiti per farli durare più a lungo, infatti, è ugualmente importante: lavaggi meno frequenti e non troppo aggressivi, l’utilizzo intelligente del ferro da stiro e rammendare e riparare anziché buttare via.
Se poi dobbiamo liberarci di un capo che non ci sta più oppure non è nel nostro stile, scegliamo di venderlo, donarlo in beneficenza o regalarlo a parenti e amici. In questo modo, il suo ciclo di utilizzi si allungherà notevolmente. Nel caso in cui un capo sia invece irreparabilmente compromesso, possiamo avviarlo al riciclo gettandolo negli appositi contenitori per la raccolta degli abiti usati, riducendone così l’impatto ambientale del 12%.
In fase di acquisto, infatti, scegliere fibre riciclate è sicuramente più sostenibile rispetto alle fibre vergini. Per fare un esempio, l’impatto di nylon e poliestere riciclati è del 15% in meno rispetto ai corrispettivi meno sostenibili.
Infine, tra i consigli di acquisto rientra sicuramente la scelta di acquistare capi prodotti in Italia o in Europa, ridimensionando così il problema del trasporto e riducendo l’impatto dell’8%. Anche acquistare prodotti non tinti (-5%) e senza applicazioni o decorazioni (-2%) contribuirà a rendere più sostenibile il tuo armadio.

Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).