L’Italia è il Paese della buona cucina, come ben sappiamo e come ci è stato recentemente confermato dal sito di cucina TasteAtlas, che ha messo la tradizione culinaria italiana in prima posizione tra le migliori al mondo. Naturalmente, anche i cuochi del Paese dove si mangia meglio possono ben poco, in assenza di ingredienti all’altezza. Buona parte del sapore dei migliori piatti del nostro ricettario nazionale si deve proprio al fatto che, a queste latitudini, sia possibile reperire prodotti genuini e gustosi.
Eppure, questo intero antefatto corre il rischio di lasciare il tempo che trova se continueremo a percorrere la strada che abbiamo ormai chiaramente imboccato: prediligere l’aspetto e la conservazione dell’ingrediente alla sua genuinità. Il rapporto Stop Pesticidi, di Legambiente e Alce Nero, riporta infatti chiaramente come il 44% dei campioni di frutta e verdura analizzati presenti tracce di fitofarmaci. I dati si riferiscono al 2022; nell’anno precedente la percentuale era più bassa, prossima al 36%.
Ribaltando la prospettiva, è come dire che soltanto il 55% dei prodotti analizzati, dunque poco più di 1 su 2, sia intonso e non toccato da sostanze chimiche. Nel 2021, eravamo intorno al 63%.
All’interno di questa percentuale, l’1% dei prodotti è da considerarsi illegale, ovvero contenente concentrazioni di sostanze chimiche troppo elevate per le misure di leggi italiane o europee, le quali si differenziano in quanto la normativa nel nostro Paese è leggermente più severa. La restante percentuale di frutta e verdura contaminata non presenta valori eccedenti i limiti di legge, pur presentando tracce di fitofarmaci.
I pesticidi più presenti sono Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram. Il primo è quello che è stato trovato con maggior frequenza mentre l’ultimo è il meno rilevato, i restanti sono posti in ordine decrescente.
L’Acetamiprid, in formula C10H11CIN4, è un insetticida neonicotinoide prodotto dalla Aventis e commercializzato con il nome di Assail oppure Chipco. Si usa per proteggere verdure fogliose, agrumi e frutti rossi, piante ornamentali e le pellicce degli animali domestici dall’azione delle pulci. È moderatamente tossico per gli organismi acquatici e letale per gli uccelli, seppure sia meno nocivo di altri neonicotinoidi. Per i mammiferi – umani compresi – non è pericoloso, sebbene si siano registrati alcuni ricoveri per intossicazione dovuti all’utilizzo di quantità troppo elevate di soluzione.
L’indagine condotta da Legambiente e Alce Nero è stata portata avanti su 4.313 campioni di alimenti, sia di origine vegetale sia di origine animale, analizzati nel 2021. Sul 44% di questi prodotti che presentavano tracce di fitofarmaci sono state trovate 90 sostanze attive. Il 14% di questo 44 ne conteneva soltanto una mentre nel restante 30 ne sono state trovate almeno due. In un campione di uva sono stati trovati 14 residui, in un esemplare di pera 12 e all’interno di un peperone 10.
Ciò non significa che questi alimenti siano insalubri ma, sicuramente, non sono genuini, dal momento che hanno ricevuto trattamenti chimici i quali ne hanno condizionato la crescita. La normativa consente alte percentuali di residui negli alimenti, specialmente nel caso di cibi e bevande trasformati come vino (fino al 61,8%) e cereali integrali (addirittura fino al 77,7%).
Dai dati rilevati da Legambiente e Alce Nero, e messi in prospettiva dall’agenzia ANSA, emerge come, nel nostro Paese, la pratica dell’utilizzo dei pesticidi sia tutt’altro che in declino. La categoria merceologica maggiormente colpita, a quanto si evince dal rapporto, è quella della frutta. Oltre il 70% dei campioni esaminati conteneva infatti almeno un residuo fitofarmacologico.
Quel che è peggio, è che non si tratta di un problema prettamente italiano. L’intera Unione Europea, infatti, assiste allo stesso fenomeno. I dati EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) mostrano infatti come siano numerosi gli Stati membri nei quali si servono a tavola alimenti conditi da pesticidi e la situazione non appare in miglioramento, nel prossimo futuro. Una fragola presa in esame presentava residui di 35 differenti sostanze chimiche utilizzate per fortificare le coltivazioni.
Se dunque da un lato assistiamo a una battuta d’arresto della nicchia del biologico, comunque meno preoccupante di quanto alcuni temano, dall’altro notiamo come i metodi non naturali siano invece sempre più diffusi. La scelta sta dunque al consumatore: è dal suo scontrino che può provenire la spinta decisiva verso una filiera più rispettosa del nostro Pianeta.
Classe 1991, non nasce amante della scrittura. Tutto cambia però quando viene convinto a entrare nella redazione del giornalino d’istituto del liceo: comincia a occuparsi di musica e poi in seguito di sport, attualità, cultura, mondialità e tendenze nel globo, ambiente ed ecologia, globalizzazione digitale. Dall’adolescenza in poi, ha riposto la penna soltanto per sostituirla con una tastiera.