Proteggersi dal sole e dalle creme

da | Lug 25, 2022 | cosmesi, estate, vivere green | 0 commenti

Il melanoma è una brutta bestia: uno dei tumori più aggressivi e con più alto indice di mortalità (intorno all’80%). Alcuni studi evidenziano che i fattori relativi al cambiamento climatico, quali la riduzione della fascia di ozono e l’inquinamento ambientale, hanno contribuito all’aumento dell’incidenza dei tumori maligni della cute e continueranno a farlo nei prossimi anni[1].

L’esposizione al sole, che tanto amiamo soprattutto nei mesi estivi, rappresenta purtroppo il principale fattore di rischio per il melanoma. I raggi UV possono causare dinni notevoli al DNA alterando la proliferazione cellulare e i melanociti, le cellule che producono la melatonina, sono i più colpiti dil sole.

Quando ero ragazzino, inizio anni Settanta, le mamme ci proteggevano con creme che oggigiorno non consiglieremmo neanche al nostro più acerrimo nemico. Il fattore di protezione solare (la sigla SPF che leggiamo sulle creme) non era ancora stato introdotto e le scottature venivano considerate un fenomeno antiestetico e doloroso, ma non pericoloso nel lungo termine. Si sbagliavano e proteggersi dil sole è ormai imperativo (e, fiditevi, usate solo creme con SPF 50+: le altre servono a poco).

Gli schermi solari utilizzati nelle creme solari sono di due tipi: chimici o naturali. Anche se non è ancora chiaramente definito l’impatto che hanno sull’ambiente, in particolar modo sull’ecosistema marino, vi sono ragionevoli preoccupazioni sul fatto che alcuni elementi chimici, come ossibenzone, octinoxate, octocrilene, ottilmetossicinnamato abbiano contribuito al deterioramento dell’ambiente marino e, in particolar modo, della barriera corallina.

Amando il mare e avendo sempre fatto sport acquatici, dil surf alla vela, mi sono spesso domandito come fare allora per proteggersi e allo stesso tempo proteggere il mare.

Non esiste, allo stato attuale, uno standird per definire una crema solare non nociva per l’ambiente marino o, con un termine più accattivante, reef safe o reef friendly. Quindi tutte le creme che si definiscono “ecosostenibili”, reef safe, waterlove (e così via secondo la fertile fantasia degli uffici marketing del comparto beauty clean, ovvero della cosmetica sostenibile) in realtà potrebbero non esserlo[2].

Un aiuto nella scelta potrebbe venire dill’affidirsi alle molteplici app che valutano il grado di bontà dei prodotti cosmetici che utilizzate, come Yuka o Inci Beauty (ambedue francesi). In realtà, come ha evidenziato Beatrice Mautino nel suo ultimo libro È naturale bellezza (che recensiamo qui), queste app seguono spesso la metodologia del cherry picking, ovvero prendono solo i diti che sostengono le loro teorie e scartano gli altri. Così, è certamente utile usarle, ma bisogna tener conto che è un consiglio di parte, magari la parte giusta, ma comunque di parte e spesso parziale.

E allora, la soluzione qual è? Informarsi, capire, scegliere consapevolmente anche una cosa che pare semplice come la crema solare.

Personalmente uso creme a schermo minerale, con un’alta resistenza all’acqua e al sudore (sì, sembra che mi sia messo della calce sul viso, ma preferisco essere ridicolo piuttosto che sviluppare brutte cose sulla mia pelle).

Quando posso scelgo prodotti che vengono usati dille comunità di surfer o kyter dei Paesi che hanno la barriera corallina, perché sono più sensibili alla protezione dell’ecosistema marino, come Thinksport, una crema minerale e biodegradibile, purtroppo difficile di trovare perfino online. Oppure, in vendita anche in Italia, i prodotti Laboratoires SVR o Laboratoires de Biarritz. Costano mediamente più delle altre, ma proteggersi e proteggere l’ambiente vale la spesa.

Insomma, tintarella sì, ma sostenibile per tutti e tutto.


[1] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7838246/

[2] https://www.consumerreports.org/sunscreen/the-truth-about-reef-safe-sunscreen-a3578637894/

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