Il 2024 è stato un anno nero per la libertà di stampa. Secondo i dati riportati dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ), sono 104 i giornalisti uccisi in tutto il mondo, una cifra che testimonia il pericolo crescente per chi si dedica a raccontare la verità.
Secondo un altro rapporto dell’Ong Reporter Senza Frontiere (Rsf), il numero si riduce a 54, perché considera solo le uccisioni “direttamente collegate” all’attività professionale dei giornalisti. Entrambe le organizzazioni concordano comunque che la Palestina è il luogo più letale al mondo per i giornalisti.
La situazione è resa ancora più drammatica dalla detenzione di 520 giornalisti, spesso in condizioni precarie e senza un giusto processo.
Oltre alla Palestina, anche Messico e Ucraina sono luoghi pericolosissimi per i professionisti dell’informazione.
I numeri della violenza: 104 giornalisti uccisi solo nel 2024
Nel 2024, 104 giornalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro. Circa la metà di queste vittime (52 persone) è stata registrata nella Striscia di Gaza, dove il conflitto ha esposto i reporter a rischi estremi. Dal 7 ottobre 2023, sarebbero almeno 138, rendendo la regione una delle più pericolose nella storia del giornalismo moderno.
Registrati 20 morti nel 2024 nell’Asia meridionale, un’altra tra le aree più letali per i giornalisti: ne sono stati uccisi 6 in Pakistan, 5 in Bangladesh e 3 in India. In Europa, la guerra in Ucraina ha causato 4 vittime nel 2024 (erano stati 13 del 2022 e 4 del 2023).
520 giornalisti si trovano attualmente in carcere. Un dato in aumento considerando i 427 del 2023 e i 375 del 2022. La Cina guida questa triste classifica, seguita da Turchia, Iran e Myanmar. Molti di questi reporter sono accusati di reati contro lo Stato per aver semplicemente svolto il proprio lavoro. Tra loro, molte sono donne, spesso sottoposte a ulteriori discriminazioni e abusi.
Questi dati sottolineano un problema sistemico: in molte regioni del mondo, il giornalismo è percepito come una minaccia dai regimi autoritari e dalle organizzazioni criminali. La mancanza di protezioni legali e il clima di impunità perpetuano una spirale di violenza che rischia di soffocare la libertà di stampa.
Il caso Cecilia Sala
Tra le vicende che hanno segnato il 2024, spicca quella di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata in Iran mentre documentava le proteste contro il regime. Dopo settimane di detenzione, Sala è stata rilasciata l’8 gennaio 2025. La sua vicenda ha sollevato indignazione e solidarietà internazionale, mettendo in luce ancora una volta i rischi affrontati dai reporter in contesti repressivi. Te ne parliamo qui.
Perché il giornalismo è sotto attacco
Le ragioni dietro questa ondata di violenza contro i giornalisti sono molteplici. Da un lato, i conflitti armati e le crisi umanitarie espongono i reporter a rischi diretti, come nel caso di Gaza e Ucraina. Dall’altro, l’autoritarismo e la corruzione alimentano un clima di ostilità verso chi denuncia abusi di potere e crimini.
In molti casi, inoltre, i responsabili di omicidi e aggressioni ai danni di giornalisti non vengono perseguiti. Questo fenomeno è particolarmente evidente in Paesi come il Messico, dove i cartelli della droga esercitano un controllo capillare sulle istituzioni.
Organizzazioni internazionali, come Reporter Senza Frontiere e Committee to Protect Journalists, continuano a denunciare queste violazioni e a lavorare per garantire maggiore sicurezza ai professionisti dell’informazione. Tuttavia, il cambiamento richiede un impegno globale: governi, istituzioni e cittadini devono unirsi per proteggere chi ogni giorno rischia la vita per difendere il diritto all’informazione.