Non bere quell'acqua: dove in Italia è ancora sconsigliato bere l’acqua del rubinetto

In molte aree d’Italia, tra contaminazioni da PFAS, arsenico e carenze infrastrutturali, l’acqua del rubinetto non è ancora sicura. È essenziale informarsi localmente prima di berla, soprattutto nelle zone a rischio.

L’Italia è un paese dove l’acqua del rubinetto è, nel complesso, tra le più controllate e sicure d’Europa. È una di quelle eccellenze silenziose che tendiamo a dare per scontate, salvo poi scandalizzarci quando scopriamo che in alcuni comuni non si può bere direttamente dal rubinetto senza rischiare di ingerire un bel cocktail di sostanze indesiderate. Nonostante oltre il 99% dell’acqua distribuita sia conforme ai limiti di legge, ci sono aree dove la situazione è ben più torbida—e non solo in senso metaforico. In queste zone, parlare di “acqua potabile” è un eufemismo degno del miglior ufficio stampa, mentre la realtà racconta di contaminazioni croniche, infrastrutture abbandonate e negligenze che nessuna dichiarazione rassicurante può lavare via.

Le sacche del Nord: tra nitrati e metalli pesanti

Il Nord Italia, che nell’immaginario collettivo coincide con efficienza svizzera e impianti di depurazione da manuale, riserva invece qualche amara sorpresa. Comuni nelle seguenti province registrano da tempo la presenza di nitrati, metalli pesanti e residui industriali che rendono sconsigliabile bere acqua dal rubinetto:

  • Provincia di Mantova: sei comuni con problemi strutturali e contaminazioni
  • Provincia di Verona: due comuni coinvolti da contaminazione chimica e PFAS
  • Provincia di Udine: due comuni con nitrati oltre soglia
  • Provincia di Vicenza: un comune colpito
  • Provincia di Pordenone: un comune contaminato
  • Provincia di Brescia: un comune interessato da residui industriali

I depuratori, spesso più anziani del sindaco in carica, non sono in grado di filtrare sostanze il cui solo nome basta a far passare la sete. A tutto questo si aggiunge una rete idrica logora, degna di un museo dell’archeologia infrastrutturale. Il risultato? Un’acqua che, pur limpida all’apparenza, cela nella sua trasparenza la memoria tossica del territorio.

Lazio: l’arsenico non è un problema solo di Agatha Christie

Nel Viterbese, la famigerata “zona dell’arsenico”, l’acqua contiene quantità di arsenico e fluoruri che superano i limiti europei. Qui ogni sorso rappresenta un potenziale rischio, soprattutto per bambini e soggetti vulnerabili. I comuni più colpiti sono:

  • Bagnoregio
  • Civitella d’Agliano
  • Fabrica di Roma
  • Farnese
  • Ronciglione
  • Tuscania

Le promesse di risoluzione si rincorrono da anni, come gli studi scientifici che confermano la correlazione tra esposizione cronica all’arsenico e patologie anche gravi. Intanto, gli abitanti continuano a riempire taniche alle fontanelle dei paesi limitrofi o, più semplicemente, a rassegnarsi all’acqua in bottiglia come bene di prima necessità.

Emergenza PFAS: il veleno invisibile che non va via

Le sostanze perfluoroalchiliche, meglio note come PFAS, rappresentano la più insidiosa minaccia per l’acqua potabile italiana. La loro capacità di resistere ai processi di depurazione e di accumularsi nel corpo umano ha trasformato la questione da incidente locale a emergenza nazionale. Le zone più colpite includono decine di comuni nelle seguenti province e aree:

  • Veneto:

    • Vicenza

    • Padova

    • Verona

  • Piemonte:

    • Torino

    • Novara

    • Alessandria

    • Casale Monferrato

  • Lombardia:

    • Milano

    • Brescia

  • Emilia-Romagna:

    • Ferrara

    • Comacchio

  • Liguria:

    • Genova

    • Rapallo

    • Imperia

  • Toscana:

    • Arezzo

    • Lucca

    • Prato

  • Sardegna:

    • Cagliari

    • Sassari

    • Olbia

    • Nuoro

  • Trentino-Alto Adige: province contaminate in larga parte

  • Umbria:

    • Perugia

In alcune regioni, oltre il 70% dei campioni analizzati supera i limiti di sicurezza per PFAS, PFOA e PFOS. E mentre le istituzioni promettono indagini, i cittadini si organizzano in comitati e ricorrono ai filtri domestici come unico baluardo contro l’invisibile. Perché qui l’acqua è chiara, sì, ma la fiducia è torbida.

Dove manca la fognatura, l’acqua non può essere innocente

Una delle storture più incredibili dell’Italia moderna è l’assenza totale di fognature in decine di comuni, principalmente in Sicilia e in alcune zone di Puglia, Campania e Friuli Venezia Giulia. Le aree maggiormente coinvolte includono:

Sicilia: 26 comuni senza fognatura:

  • Provincia di Catania: 22 comuni senza rete fognaria
  • Provincia di Treviso: 5 comuni
  • Province di Gorizia, Lecce, Messina, Trieste: 2 comuni ciascuna
  • Province di Napoli, Trapani, Taranto, Alessandria, Trento: 1 comune ciascuna

In queste aree, lo smaltimento delle acque reflue è affidato a soluzioni di fortuna che espongono la popolazione a rischi biologici non trascurabili. Bere l’acqua del rubinetto non è solo imprudente, è un vero e proprio atto di fede.

I guasti che non guariscono: Roma e il sud in panne

Nel Lazio e in molte aree del Centro e Sud Italia, i problemi legati alla distribuzione idrica si presentano con puntualità degna di un pendolare esasperato. Le zone colpite da guasti, torbidità e sospensioni ricorrenti sono:

Provincia di Roma:

  • Roma (zone di Valle Santa e Casalotti)
  • Aranova
  • Maccarese
  • Testa di Lepre
  • Civitavecchia
  • Cerveteri
  • Manziana

Le estati secche aggravano la situazione, portando a crisi idriche che trasformano il rubinetto in un terno al lotto. Quando arriva l’acqua, non è detto che si possa bere; quando non arriva, è già un successo trovarla nei supermercati.

 

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