Chi è Alberto Trentini, il cooperante italiano da mesi in carcere in Venezuela

Alberto Trentini, 46 anni, con vent’anni di esperienza nella cooperazione internazionale, è detenuto a Caracas senza processo: la sua vicenda accende il dibattito politico e civile sui diritti umani.

Il caso di Alberto Trentini, cooperante italiano di 46 anni originario di Venezia, continua a destare crescente preoccupazione in Italia e all’estero. Arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024 e detenuto nel carcere El Rodeo I di Caracas, senza accuse formali né un processo avviato, il suo nome è divenuto simbolo delle difficoltà legate al rispetto dei diritti umani e della tutela dei cooperanti internazionali. Dopo mesi di isolamento, la vicenda ha iniziato a emergere con forza nell’arena pubblica e politica solo negli ultimi mesi, anche grazie all’intervento di associazioni, personalità pubbliche e familiari che ne chiedono la liberazione e il rientro in Italia.

Chi è Alberto Trentini

La storia di Alberto Trentini è segnata da una lunga carriera nel mondo della cooperazione internazionale. Laureato in Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia nel 2004, ha proseguito la propria formazione nel Regno Unito, specializzandosi in assistenza umanitaria e ingegneria sanitaria presso le università di Liverpool e Leeds. Dal 2006 ha intrapreso un percorso professionale e umano che lo ha portato a lavorare in diversi continenti: dall’America Latina all’Africa, passando per l’Europa e il Medio Oriente.

Ha lavorato per progetti di primo soccorso e ricostruzione post-disastri naturali, come in Perù dopo devastanti alluvioni, ma anche programmi legati alla sostenibilità e all’innovazione, come le ricerche sulle energie alternative in Etiopia. Non meno rilevante è stato l’impegno a sostegno dei migranti venezuelani in Colombia. In Ecuador, Bosnia, Paraguay, Nepal, Grecia, Libano e Colombia ha coordinato interventi cruciali in ambito sanitario, logistico e sociale.

Le circostanze dell’arresto e la detenzione a Caracas

Il 15 novembre 2024, mentre si trovava in Venezuela per attività legate al suo lavoro, Trentini è stato arrestato dalle autorità locali. Da quel momento non sono state fornite accuse formali né un atto d’imputazione che chiarisca i motivi della sua detenzione. La mancanza di trasparenza ha alimentato sospetti e critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani, oltre che della società civile italiana.

Nei mesi successivi all’arresto, la condizione di Trentini si è rivelata particolarmente critica: detenuto in regime di isolamento nel carcere El Rodeo I di Caracas, non ha ricevuto visite consolari per oltre dieci mesi. Solo il 22 settembre 2025, l’ambasciatore italiano a Caracas ha potuto incontrarlo per la prima volta, constatando le sue condizioni fisiche e di detenzione. Le istituzioni italiane hanno avviato canali diplomatici formali con il governo venezuelano, sollecitando l’avvio di un processo equo e trasparente e il rispetto dei diritti del cooperante, oltre a monitorare costantemente la sua situazione tramite ambasciate e consoli.

A destare particolare attenzione sono le sue condizioni di salute, già fragile a causa dell’ipertensione. Le difficoltà di accesso a cure adeguate e il regime di isolamento rendono la situazione ancora più delicata, in un contesto in cui le procedure giudiziarie appaiono ferme e prive di sviluppi concreti. Parallelamente, la vicenda ha assunto connotati diplomatici, sollevando interrogativi sulle relazioni tra Italia e Venezuela e sulla capacità delle istituzioni italiane di tutelare i propri cittadini all’estero.

Le reazioni in Italia e la mobilitazione per la sua liberazione

Dopo un lungo silenzio istituzionale, la vicenda di Alberto Trentini ha cominciato a guadagnare spazio nel dibattito pubblico e politico. Ad aprile 2025 diverse organizzazioni della società civile hanno espresso preoccupazione, mentre nei mesi successivi sono aumentati appelli e iniziative. Diverse associazioni per i diritti umani e ONG italiane e internazionali, tra cui Amnesty International ed Emergency, stanno attivamente sostenendo Alberto Trentini, promuovendo campagne di sensibilizzazione e chiedendo la sua liberazione immediata.

La visita consolare di settembre 2025 ha rappresentato un segnale importante, ma non ancora risolutivo. Nei giorni immediatamente successivi, il caso ha guadagnato risonanza mediatica con l’intervento di esponenti politici e personaggi pubblici. Il caso ha ricevuto attenzione anche a livello internazionale, con l’intervento di organismi ONU per i diritti umani che hanno espresso preoccupazione e invitato a garantire il rispetto delle norme internazionali sul trattamento dei detenuti e la tutela dei cooperanti.

Oggi la situazione rimane sospesa: la detenzione prosegue, senza accuse definite, mentre la famiglia e la società civile chiedono un dialogo diplomatico più incisivo. La pressione politica cresce e con essa la speranza che la vicenda possa trasformarsi in un banco di prova per riaffermare il valore universale dei diritti umani.

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