Nella notte italiana tra il 4 e il 5 marzo 2023 è stata raggiunta l’intesa per l’adozione del Trattato per la protezione dell’Alto Mare. Quasi duecento Paesi delle Nazioni Unite sono arrivati a una decisione finale dopo oltre quarant’anni e più di quindici anni di discussioni e negoziati.

Un documento con una grande portata storica perché è il primo che protegge quella parte di mare chiamata Alto Mare e che non è sotto la giurisdizione dei singoli Stati: è un mare di tutti e di nessuno che necessitava di una regolamentazione. La zona dell’Alto Mare si estende oltre 370 chilometri al largo delle coste di ogni Nazione e sfugge alle leggi e alla giurisdizione dei singoli Paesi.

Il Trattato per la Tutela dell’Alto Mare è un accordo che assume un’importanza ancor più significativa se pensiamo che stiamo vivendo nel cosiddetto Decennio del Mare. Gli anni dal 2021 al 2030 sono stati inseriti dalla Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO nel Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile. Le scienze che studiano gli oceani e i mari nei loro aspetti chimici, fisici e biologici hanno un ruolo fondamentale nell’attuazione dell’Agenda 2030 e dei suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.

Secondo Francesca Santoro, Responsabile dell’Ocean Literacy per il Decennio del Mare, la scienza e la ricerca oceanografica dovranno fornire i dati e i risultati delle ricerche che saranno la base dalla quale partire per le decisioni future sull’ambiente marino.

Proteggere gli oceani significa proteggere gli habitat che li compongono, la flora e la fauna che ospitano, la ricchezza in specie e biodiversità. Per la sua estensione, l’Alto Mare è pari circa a metà del nostro Pianeta Terra. Un enorme serbatoio di acqua che assorbe gran parte dell’anidride carbonica che produciamo sulla terraferma con le nostre emissioni di CO2: grazie a questa sua preziosa attività, la zona dell’Alto Mare contribuisce in modo significativo a limitare il riscaldamento climatico.

La notizia è arrivata in Italia domenica mattina quando a New York è stato annunciato il raggiungimento dell’accordo in seguito a oltre quattro anni di colloqui e lavori tra le Nazioni partecipanti. Il passo successivo richiederà a ogni Stato dell’ONU di adottare il testo in maniera formale. Un trattato giuridicamente vincolante per proteggere il mare, la vita nel mare e le acque internazionali.

I rappresentanti dell’ONU e numerose cariche politiche hanno accolto il Trattato sull’Alto Mare con parole di gioia e soddisfazione. Tra tutti, il pensiero di Laura Meller è quello che più colpisce perché ci porta verso un mondo dove la natura e tutti gli esseri viventi sono al centro. Secondo Laura Meller, attivista di Greenpeace Nordic questo è «un giorno storico per la tutela dell’alto mare ed è il segno che, in un mondo diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sulla geopolitica».

La Presidente della Conferenza dell’ONU, Rena Lee, ha annunciato il raggiungimento dell’accordo sul Trattato dell’Alto Mare con queste parole legate al mondo marittimo e della navigazione: «La nave ha raggiunto la riva».

Il Segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, ha indicato l’accordo come una «vittoria del multilateralismo e degli sforzi mondiali per contrastare le pratiche distruttrici che minacciano la salute degli oceani, oggi e per le generazioni future».

La frase principale dell’accordo sull’Alto Mare riassume tutta la sua importanza per le creature del mare e per noi uomini:

«Proteggere il trenta per cento della superficie degli oceani di tutto il mondo entro il 2030».

Per questo l’Accordo è parte dell’obiettivo 30×30, concordato nella Convenzione sulla Diversità Biologica a Montreal durante la COP15, traguardo che da anni si cerca di fare approvare, dove i due numeri trenta stanno per 30% entro il 2030. Secondo la comunità scientifica, il 30% rappresenta il valore minimo di protezione dell’ecosistema marino per poter avere un oceano in buona salute.

Gli Stati che hanno firmato questo accordo si sono impegnati anche ad aprire procedure di valutazione di impatto ambientale prima di avviare attività che impattano sull’oceano, come estrazioni e giacimenti in alto mare.

Nell’Alto Mare si trova una grande varietà di pesci e animali che sono stressati e minacciati dalle attività umane, come pesca industriale, navigazione marittima e industria di estrazione. Per questo era necessario un accordo comune per la sua protezione, dato che finora la legge proteggeva solo l’1% delle acque definite come Alto Mare.

Un accordo molto importante anche per l’Italia, come ha sottolineato Giulia Prato, responsabile Mare per WWF Italia: «Uno strumento giuridico più forte che finora era mancato e che da oggi ci permette di proteggere in modo più efficace quella parte del mare al di fuori della giurisdizione italiana».

Fonti:

https://www.lifegate.it/approvato-trattato-protezione-alto-mare-oceani

https://rivistanatura.com/trattato-dellalto-mare-per-la-difesa-degli-oceani/

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