
Perché stiamo sentendo parlare di cervi zombie?
Facciamo chiarezza su questa malattia che sta colpendo sempre più esemplari nel Nord America e cerchiamo di capire quali sono gli effetti sulla salute umana.
Che cos’è la malattia dei cervi zombie
Cervi zombie: un nome piuttosto evocativo. Gli esemplari affetti da questa malattia, infatti, hanno la bava alla bocca, appaiono deperiti e hanno difficoltà nel movimento e nella coordinazione. Nello specifico, quella che si sta diffondendo tra diverse specie di cervidi è una malattia da deperimento cronico (Chronic Wasting Disease, CWD, in inglese), una patologia neurodegenerativa letale e contagiosa.
La notizia è uscita poche settimane fa a seguito della pubblicazione di uno studio che ha sottolineato la progressiva diffusione della malattia in diverse aree del Canada, del Nord America, alcune zone della Corea del Sud e del Nord Europa. Un recente resoconto risalente all’aprile del 2023 elencava infatti un totale di 31 casi tra Norvegia, Svezia e Finlandia (13 renne, 15 alci, 3 cervi). Mentre in Italia, c’è un piano di monitoraggio attivo che, per ora, non ha rilevato nessun caso.
In Nord America, la diffusione di questa malattia sta avendo un impatto importante sulle economie locali e sul mantenimento degli ecosistemi. Solo nello stato del Wyoming, nelle ultime settimane, sono stati registrati circa 800 casi tra alci e cervi.
In che modo si contagiano gli animali?
La malattia dei cervi zombie è stata individuata per la prima volta negli anni Sessanta in Colorado e Wyoming.
Diffusa nella famiglia dei cervidi (alci, cervi e renne), la CWD appartiene a una categoria di neuropatologie degenerative rare, provocate da agenti patogeni di tipo proteico denominati prioni. Attualmente, non si sa se il prione abbia origine dai ruminanti domestici, in particolare dagli ovini, oppure se si sia sviluppato autonomamente come una problematica evolutiva nei cervidi.
Sfortunatamente, questa proteina malformata ha la capacità di essere trasmissibile e infettante durante la malattia, ma anche nel lungo periodo di incubazione. E si trova nelle secrezioni degli animali, nella saliva, nell’urina o nelle feci. A contatto con l’ambiente, lo contamina, anche per anni. La CWD si trasmette attraverso il contatto diretto con animali infetti o in modo indiretto tramite oggetti o ambienti contaminati da materiale infetto (saliva, urina, feci o carcasse). Dopo circa 17 mesi di incubazione, si sviluppa la fase clinica e nel giro di alcune settimane l’animale muore.
Attualmente, non esistono cure o vaccini per la CWD e per le malattie da prioni in generale.
Qual è il rischio per la salute umana?
La proliferazione dei casi preoccupa anche perché ci si chiede quali possano essere gli effetti sulla salute umana.
Al momento, non sono stati registrati casi di contagio tra le persone e non ci sono studi pubblicati che attestino una possibile trasmissione della malattia dagli animali agli esseri umani. Non è neanche detto che la CWD possa effettivamente effettuare il salto di specie, come avvenuto nel caso del noto morbo della mucca pazza, una patologia similare.
Per ora quindi il pericolo di una nuova pandemia è piuttosto lontano.