Contributi per congelare gli ovuli: la Puglia apre la strada alla maternità libera

La Puglia è la prima regione italiana a offrire contributi per congelare gli ovuli: fino a 3.000 euro per donne tra 27 e 37 anni con ISEE sotto i 30.000 euro. Un’iniziativa concreta per affrontare il calo demografico e tutelare la libertà riproduttiva.

La maternità in Italia è spesso un equilibrio instabile tra desiderio e rinuncia, tra biologia e contesto sociale. In questo scenario, la Regione Puglia ha deciso di fare un passo che definire storico non è affatto esagerato. È infatti la prima amministrazione italiana a introdurre contributi per congelare gli ovuli, riconoscendo che il tempo, la precarietà e la mancanza di tutele non possono più essere nemici silenziosi delle donne. A partire dal 2025, sarà possibile ricevere un sostegno fino a 3.000 euro per affrontare le spese della crioconservazione ovocitaria. Un gesto politico prima ancora che sanitario, che sancisce un principio nuovo: contributi per congelare gli ovuli non sono un privilegio, ma un diritto sociale da garantire.

Una legge che affronta il tempo biologico con strumenti pubblici

L’iniziativa, approvata con una legge regionale del 2024, è rivolta alle donne tra i 27 e i 37 anni, residenti in Puglia da almeno dodici mesi e con un ISEE inferiore ai 30.000 euro. I contributi per congelare gli ovuli copriranno esclusivamente le spese mediche necessarie alla crioconservazione presso centri PMA pubblici o privati accreditati. Restano escluse le spese per farmaci, esami preliminari, vitto e alloggio. Le domande potranno essere presentate entro il 3 luglio 2025 presso la propria ASL, che avrà 60 giorni per valutare l’ammissibilità. Con un fondo triennale da 900.000 euro, la Regione Puglia dimostra che non è necessario un governo nazionale illuminato per incidere in modo concreto sulla qualità della vita.

Libertà riproduttiva come questione sociale

L’idea che la fertilità sia esclusivamente una faccenda privata appartiene ormai a un’epoca superata. Il calo demografico, i percorsi lavorativi sempre più lunghi, e l’instabilità economica hanno trasformato la possibilità di diventare genitori in una corsa a ostacoli. Intervenire con contributi per congelare gli ovuli significa restituire alle donne il diritto di scegliere quando, come e se avere figli. Significa anche riconoscere che l’accesso a tecniche come la crioconservazione non può essere riservato a chi ha risorse economiche superiori alla media. In questo senso, la Puglia ha rotto un tabù: quello per cui la medicina riproduttiva è una questione per élite.

Nessun’altra regione ci ha pensato

Nel desolante silenzio delle istituzioni italiane sul tema della fertilità sociale, la Puglia emerge come unica voce fuori dal coro. Al momento, nessun’altra regione ha attivato misure analoghe: altrove, il congelamento ovocitario resta una procedura interamente a carico delle singole donne, affrontata spesso con fatica economica e poca informazione. L’esperienza pugliese dimostra invece che i contributi per congelare gli ovuli possono essere uno strumento di politica pubblica con ricadute reali. Non solo sul piano sanitario, ma anche culturale.

Una rivoluzione silenziosa

Mentre il dibattito pubblico si divide tra allarmismi sul declino delle nascite e inviti generici a fare più figli, la Puglia sceglie una strada concreta, intelligente e non paternalistica. Nessun incentivo a riprodursi a comando, nessuna imposizione morale: solo un piccolo aiuto per chi vuole prendersi del tempo senza pagare un prezzo troppo alto. In un’Italia che troppo spesso scarica sulle donne l’intera responsabilità riproduttiva, i contributi per congelare gli ovuli segnano un cambio di rotta. Piccolo, ma finalmente reale.

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