
Non si può dire che le migrazioni degli animali non siano uno degli spettacoli, nonché dei misteri, più affascinanti della natura. Dimostrando una resistenza e una dedizione instancabile, molte specie animali ogni anno compiono migliaia di chilometri, allo scopo di raggiungere luoghi ideale per svernare, per riprodursi o, più semplicemente, per approfittare di una certa abbondanza di cibo. Si tratta di un ciclo che è rimasto immutato per migliaia di anni, con esemplari come elefanti, uccelli e balene capaci di ricordare istintivamente le rotte da percorrere. Eppure, questo processo è sempre più minacciato dall’uomo che, con la sua azione indiscriminata, sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di animali già in pericolo di estinzione.
Urbanizzazione selvaggia, distruzione degli habitat naturali e bracconaggio sono solo alcune delle ragioni alla base di migrazioni sempre più difficoltose, tali da comportare spesso la morte di migliaia di esemplari. Ma come intervenire per ripristinare gli antichi percorsi animali?
Le sempre più complesse migrazioni degli elefanti

Per gli elefanti, e in particolare le specie africane, le migrazioni sono fondamentali per la sopravvivenza di interi branchi. Con l’arrivo annuale di stagioni secche e aride, dove la siccità trasforma delle aree floride in veri e propri deserti, i pachidermi hanno bisogno di spostarsi non solo per cercare nutrimento, ma anche per poter approfittare di sufficienti bacini d’acqua. E sono molto efficienti nel farlo: grazie al loro olfatto possono identificare pozze d’acqua anche a parecchi chilometri di distanza, mentre la loro formidabile memoria consente loro di ripercorrere percorsi appresi quando erano cuccioli, guidati dalla sapienza della matriarca.
È quel che accade ogni anno nel delta dell’Okavango, raggiunto da migliaia di elefanti che approfittano dell’abbondanza di acqua, ma anche all’interno del Parco Nazionale di Gorongosa, in Mozambico. Proprio questo parco ha condotto uno studio sulla modifica degli itinerari di migrazione degli elefanti, dovuti all’interferenza dell’uomo. Per effetto dell’urbanizzazione, della distruzione degli habitat naturali e del bracconaggio, i grandi pachidermi si trovano a:
- migrare sempre più di notte, per eludere la presenza umana, modificando così le loro ancestrali abitudini;
- rifocillarsi in campi coltivati, aumentando così il rischio di conflitto con lo stesso uomo;
- perdere l’orientamento e dirigersi erroneamente in aree troppo urbanizzate, con il rischio di imbattersi nel traffico stradale e in incidenti.
Queste condizioni influiscono direttamente sulla sopravvivenza degli elefanti, poiché spesso non riescono a raggiungere le aree ideali per la riproduzione o, ancora, sono costretti a cambiare abitudini alimentari, non assumendo tutti i principi nutritivi di cui hanno bisogno. Ancora, il cambio delle antiche rotte li porta sempre più a scontrarsi con i bracconieri che, avidi di avorio, uccidono un numero sempre più elevato di pachidermi.
Uccelli disorientati e dalle forze stremate

Per moltissime specie di uccelli, la migrazione è un fatto istintivo, tanto da essere intrapresa più volte l’anno. Ci sono specie che compiono migliaia di chilometri ogni sei mesi, per inseguire l’alternanza delle stagioni tra emisfero boreale e australe, così da approfittare sempre di grandi quantità di cibo o, ancora, di luoghi caldi in cui svernare o deporre le uova. Le loro rotte migratorie, però, sono sempre più minacciate dall’uomo.
Un caso emblematico è quello della gru americana, che ogni anno compie più di 4.000 chilometri per spostarsi dal Canada al Golfo degli Stati Uniti. Tuttavia, sono sempre meno gli esemplari che giungono a destinazione – per una specie già peraltro a rischio – a causa dell’uomo:
- l’urbanizzazione e la modifica degli habitat naturali disorienta questi uccelli che, in volo, si avvalgono di riferimenti naturali a livello del suolo per seguire le loro innate rotte;
- durante le migrazioni, questi volatili si imbattono sempre più in grattacieli, torrette e antenne per le comunicazioni televisive e cellulari, pali per la distribuzione dell’energia elettrica e impianti eolici, trovando spesso la morte;
- per evitare i sempre più numerosi ostacoli, questi uccelli sono costretti ad allungare le migrazioni percorrendo più chilometri del necessario, giungendo alla meta – quando ce la fanno – ormai completamente privi di forze.
Destino analogo per i pinguini imperatore, soliti a migrare stagionalmente in zone più ricche di cibo. A causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle temperature, e quindi alla riduzione del ghiaccio antartico, questi animali devono compiere migrazioni più estese per soddisfare le loro necessità di nutrimento e di riproduzione.
Migrazioni estenuanti per le balene

Le balene rappresentano da sempre delle specie animali stoiche in fatto di migrazioni. Una madre con il suo cucciolo può percorrere anche decine di migliaia di chilometri all’anno, per raggiungere località ricche di krill e di plancton, di cui si nutrono. Basti pensare che le balene grigie, appartenenti alla specie Eschrichtius robustus, ogni anno migrano dalle coste del Messico a quelle dell’Alaska. Eppure, le già lunghe migrazioni stanno diventando sempre più estenuanti per colpa dell’uomo:
- il rischio di collisione con le navi, durante il passaggio nei golfi più affollati, è sempre più elevato;
- il suono emesso dai motori delle stesse navi, così come da altre strutture umane come le piattaforme petrolifere, riduce la loro capacità di orientamento e di comunicazione;
- la necessità di modificare le rotte espone sempre più spesso queste balene a predatori, come ad esempio le orche, che prendono di mira i cuccioli, uccidendoli.
Cosa fare per ripristinare normali migrazioni
Data la pervasività dell’azione e dell’invasione umana, è davvero complesso ripristinare le più antiche rotte migratorie, rimuovendo la presenza dell’uomo e delle sue costruzioni. Vi sono, tuttavia, alcune azioni che potrebbero alleviare il peso delle migrazioni per molte specie animali:
- istituire dei corridoi ecologici, sulle antiche rotte, che specie come gli elefanti possono percorrere senza imbattersi nell’uomo o in bracconieri;
- ripristinare gli habitat naturali, affinché gli animali possano trovare acqua e cibo nei luoghi migratori di origine, senza dover allungare i loro percorsi;
- ridurre il rumore subacqueo, adottando tecnologie meno impattanti per i motori delle navi, e predisporre dei corridoi oceanici dove inibire il traffico marittimo;
- predisporre segnali luminosi o colorati su pali elettrici, torri di comunicazione e impianti eolici, affinché gli uccelli possano identificarli a distanza, e vietare il ricorso di vetri a specchio per palazzi e grattacieli.
Come già accennato, si tratta di impegni per mitigare le conseguenze peggiori dell’interferenza umana sulle migrazioni che, per quanto non completamente risolutivi, possono aumentare sensibilmente le chances di sopravvivenza di molte specie.