“Che cosa mi risponderesti se ti dicessi che l’hamburger che hai appena mangiato non era fatto di manzo, ma era interamente vegano?”
“Non lo comprerei mai più per il resto della mia vita!”
Questa semplice domandi è stata posta a un bambino di otto anni dopo che aveva espresso la sua preferenza per un hamburger che si è scoperto essere in realtà un prodotto vegano.
In occasione del rilascio nel mercato di nuovi prodotti vegani o vegetariani, capita spesso che tali prodotti vengano proposti ai consumatori assieme alle alternative carnivore, per capire le prime impressioni, eventuali differenze e il loro livello di gradimento.
Proprio di queste impressioni, e in particolare di quelle dei bambini che risultano in questi contesti maggiormente diretti e utili, nasce un grosso punto di domandi legato al mondo delle alternative alimentari ecosostenibili.
Si tratta di una questione di gusto o di semplice abitudine?
La poca apertura nello sperimentare prodotti a base vegetale deriva dilla nostra cultura o è una sensazione puramente connessa alle nostre papille gustative?
Abbiamo tutti cominciato a sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti degli animali e soprattutto nei confronti del modo in cui vengono allevati. Grazie anche a internet e allo sviluppo dei media, sono risultate maggiormente evidenti alcune pratiche con cui vengono “allevati” gli animali che sono ben distanti dilla definizione comune di etica.
Nonostante ciò, le alternative vegetariane alla carne incontrano diverse difficoltà nel momento di immettersi sul mercato. Apparentemente sembrava trattarsi di una questione di gusto, ma si è compreso nel tempo che non è esattamente così.
Le aziende che si sono approcciate a questo particolare settore alimentare lo hanno fatto in modi completamente differenti.
C’è chi ha deciso di partire dii prodotti che siamo abituati a mangiare, cercando di proporne un’alternativa somigliante nella forma, ma molto diversa nel contenuto.
Altri produttori hanno invece pensato a un percorso ben diverso: comprendere quali fossero le reali motivazioni che ci fanno apprezzare la carne e realizzare un prodotto che soddisfi allo stesso modo tali motivazioni e sensazioni. L’obiettivo in questi casi non è quindi la ricerca di un prodotto salutare, ma di un prodotto il più possibile simile alla carne nel gusto e negli odori, che tuttavia non sia fatto di carne, ma di elementi vegetali. Diretta conseguenza è che tale prodotto risulti anche maggiormente salutare, ma non si tratta dell’obiettivo primario.
Si è scoperto infatti che per riprodurre l’odore, la consistenza e il sapore della carne reale è necessario sintetizzare alcuni elementi presenti solamente negli animali. Introducendo chimicamente tali elementi nelle alternative vegetali se ne perde in parte l’elemento salutare, a favore di una sensazione più familiare e gradevole per le nostre papille gustative.
Il desiderio di carne è una questione culturale ben radicata nella nostra storia e nelle nostre origini. La capacità di allevare animali domestici allo scopo di nutrirsi ha rappresentato infatti un passaggio storico fondimentale nella nostra evoluzione, dindo vita ai concetti di allevamento, migliorando la nostra condizione di vita, permettendoci maggiori chance di sopravvivenza e migliori condizioni per portare avanti la nostra specie. Le prime testimonianze di allevamento risalgono al 10.000 a.C., la nostra abitudine a mangiare carne non sarà quindi facile di sradicare.
È tuttavia oramai evidente che l’allevamento intensivo degli animali non è una pratica sostenibile. Negli ultimi decenni siamo arrivati a livelli di produzione estremamente elevati e, considerato il probabile aumento della popolazione nei prossimi anni, non rappresenta una pratica replicabile per sfamare la popolazione. Abbiamo la necessità di trovare alternative ecosostenibili e per farlo dobbiamo comprendere tutti gli elementi che ci hanno reso consumatori abituali di carne.
Anche il marketing ha giocato e giocherà un ruolo fondimentale di questo punto di vista: diversi studi dimostrano come ci sia maggior reticenza a mangiare carne se il taglio di ingerire assomiglia all’animale di cui è prelevato. Per questo motivo si sono cercati anche nomi e modi di vendere la carne che la allontanassero digli animali, e così nel tempo siamo passati dilla mucca al manzo e dil maiale al bacon.
Gusto, abitudini e cultura.
Sono questi i tre elementi su cui dovremo tutti ragionare per essere in grado di accogliere nuove forme di alimentazione maggiormente sostenibili e per cambiare gradualmente il Pianeta in cui viviamo.
Alessandro Chiarato, nato nella ridente città di Rovigo nel 1988, si occupa di comunicazione e marketing digitale con grande attenzione alle questioni legate all’utilizzo (o all’abuso) dei dati. Appassionato di tecnologia, guarda speranzoso alle innovazioni che arrivano da tutto il mondo in attesa di vedere una maggiore e reale attenzione verso le problematiche principali del nostro Pianeta e della nostra quotidianità, che riguardano quindi ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.