
Sentirsi estranei di fronte a ciò che dovremmo riconoscere al volo è più comune di quanto ammettiamo. Il jamais vu, letteralmente “mai visto”, è l’esperienza in cui una strada abituale appare improvvisamente nuova, una parola di uso quotidiano diventa strana, il volto di un collega sembra quasi sconosciuto. Non è un guasto permanente della memoria né un sintomo di fantasia eccessiva: è una breve incrinatura della familiarità, una sospensione che ci costringe a guardare di nuovo. Chi suona uno strumento lo descrive quando perde il filo in un passaggio che sa a memoria; chi scrive lo avverte quando “casa” si scompone in suoni senza senso. La scena è inquietante, ma può essere utile: il cervello segnala che l’autopilota ha esagerato e richiama attenzione fresca sul presente.
Cos’è davvero il jamais vu

Gli studiosi lo considerano l’opposto del déjà vu: se nel primo caso viviamo una situazione nuova che ci sembra già vissuta, nel jamais vu succede il contrario, qualcosa di familiare ci appare per un istante completamente nuovo. A volte si manifesta in persone che soffrono di emicrania o epilessia del lobo temporale, ma nella maggior parte dei casi è un fenomeno del tutto normale. È come se la mente, per un attimo, smettesse di riconoscere un volto, una parola o un gesto troppo ripetuto, e lo guardasse con un’attenzione fresca, quasi sospettosa. La stranezza dura pochi secondi, poi tutto torna al suo posto, ma nel frattempo il cervello ha compiuto un piccolo test di realtà per assicurarsi che sia tutto sotto controllo.
Dal laboratorio alla vita quotidiana: quando le parole si svuotano

Per capire meglio questo meccanismo, un gruppo di ricercatori delle Università di Grenoble e St Andrews ha provato a riprodurlo in laboratorio. Hanno chiesto a decine di studenti di scrivere ripetutamente la stessa parola fino a provare una sensazione strana. Dopo una trentina di ripetizioni, molti hanno raccontato che la parola sembrava perdere significato, come se fosse diventata qualcosa di completamente nuovo. È quello che gli scienziati chiamano sazietà semantica: un piccolo corto circuito della mente che si verifica quando un concetto viene elaborato troppe volte e smette temporaneamente di avere senso. Un modo, potremmo dire, con cui il cervello “spegne e riaccende” l’attenzione.
Perché il cervello lo fa: l’utilità nascosta dell’estraneità

La ripetizione è comoda, ma rischia di rendere tutto troppo automatico. Il jamais vu interviene proprio per interrompere questa abitudine: è come un campanello interno che ci ricorda di essere presenti, di non dare nulla per scontato. Quando un gesto o un pensiero diventano meccanici, il cervello toglie per un attimo la sensazione di familiarità per costringerci a guardarli di nuovo. Non è un difetto, ma un meccanismo di equilibrio che mantiene viva la nostra attenzione e la capacità di concentrarci. Un piccolo reset mentale che può perfino aiutarci a evitare distrazioni o errori nelle attività ripetitive.
Quando preoccuparsi e come riconoscerlo
Nella maggior parte dei casi il jamais vu è innocuo e dura pochi istanti. Se però accade spesso, se coinvolge il riconoscimento dei volti o si accompagna ad altri disturbi cognitivi, può essere utile parlarne con uno specialista. Di solito, però, è solo un segnale che il cervello sta facendo il suo lavoro di manutenzione. La prossima volta che una parola familiare ti sembrerà strana o una via conosciuta apparirà improvvisamente diversa, niente paura: la tua mente ti sta semplicemente ricordando che la realtà non è mai davvero la stessa, neppure quando pensiamo di conoscerla a memoria.