I luoghi più assurdi del mondo: il Mar Morto

Il Mar Morto, famoso per la sua alta salinità e per i siti archeologici circostanti, è un ecosistema unico che negli ultimi decenni ha perso un terzo della sua superficie. Progetti internazionali e iniziative locali cercano oggi di bilanciare turismo, economia e conservazione.

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    Il Mar Morto si trova nella depressione geologica più profonda della Terra emersa: la sua superficie è a circa 430 metri sotto il livello del mare. È un lago salato lungo 80 chilometri, incastonato tra Israele, la Giordania e le aree della Cisgiordania, riconosciute come territori palestinesi. La sua fama deriva dall’eccezionale concentrazione di sali e minerali, dieci volte superiore a quella degli oceani, che rende impossibile la vita a pesci e alghe e permette al corpo umano di galleggiare senza sforzo. Questo equilibrio estremo, tra assenza di vita e ricchezza di elementi chimici, lo rende un luogo davvero unico. Dal passato biblico fino agli studi scientifici contemporanei, il Mar Morto ha stimolato miti, economie e ricerche. In questo articolo vedremo che cos’è e perché è così particolare, la sua storia naturale e culturale, e le sfide ambientali che ne mettono oggi in discussione la sopravvivenza.

    Un enorme lago salato

    Il Mar Morto non è un mare, ma un lago endoreico, cioè senza sbocco al mare, alimentato principalmente dal fiume Giordano. La sua alta salinità è il risultato di un processo geologico e climatico: l’acqua affluisce ma non ha vie di uscita, evapora rapidamente a causa delle alte temperature, lasciando sul fondo depositi di sale e minerali.

    La concentrazione salina media è di circa il 30%. In queste condizioni l’acqua diventa inadatta alla maggior parte degli organismi, ma preziosa per l’industria cosmetica e per la ricerca scientifica. Lungo le sponde si trovano croste e sculture naturali di sale, che disegnano un paesaggio quasi lunare. Le acque stesse, cariche di magnesio, potassio e bromuro, fin dall’antichità venivano usate per trattamenti della pelle e problemi respiratori.

    Il Mar Morto si trova nella depressione geologica della Rift Valley, un’enorme spaccatura della crosta terrestre lunga circa 6000 km che si estende dal sud-ovest dell’Asia, nella zona della Siria, fino al Mozambico nell’Africa orientale. Questa grande fossa tettonica si è formata milioni di anni fa a causa della separazione delle placche africana e araba, generando profonde fosse e conche come quella del Mar Morto, che rappresenta il punto più basso della Terra emersa. La Rift Valley è un sistema geologico attivo ancora oggi, caratterizzato da movimento tettonico, vulcanismo e sismicità, ed è cruciale per comprendere la conformazione e la continua evoluzione del territorio che ospita il Mar Morto.

    La lunga storia del Mar Morto

    Presente in numerosi racconti della tradizione ebraica e cristiana, il Mar Morto viene citato nella Bibbia come confine naturale e come luogo legato alle città di Sodoma e Gomorra. Nelle sue vicinanze, sulle alture di Qumran, furono ritrovati a metà del Novecento i celebri Rotoli del Mar Morto, manoscritti risalenti a oltre duemila anni fa che hanno rivoluzionato gli studi biblici.

    Già in epoca romana veniva sfruttato per il bitume, usato come materiale da costruzione e impermeabilizzazione. Oggi l’estrazione di potassa e sali minerali rappresenta un settore produttivo rilevante, con stabilimenti sia in Israele che in Giordania.

    Sul piano scientifico, le prime osservazioni moderne risalgono ai viaggiatori europei del XVII e XVIII secolo, che ne registrarono le caratteristiche insolite. Nell’Ottocento vennero effettuati i primi rilievi batimetrici, che confermarono la natura chiusa del bacino e le sue eccezionali proprietà chimiche. Nel Novecento la zona ha attirato missioni geologiche e archeologiche internazionali, e oggi il Mar Morto è oggetto di monitoraggi costanti da parte di enti come l’UNESCO e università israeliane e giordane.

    Un patrimonio naturale in pericolo

    Nonostante la sua fama millenaria, il Mar Morto è oggi uno degli ecosistemi più a rischio del Pianeta. Negli ultimi cinquant’anni il livello dell’acqua è sceso di oltre 30 metri, principalmente a causa del massiccio prelievo idrico dal fiume Giordano e dagli affluenti, deviati per l’irrigazione e l’uso agricolo. L’evaporazione naturale, molto intensa in questa regione calda e arida, accentua il problema.

    Il ritiro delle acque ha conseguenze visibili: la superficie del lago si è ridotta di circa un terzo e lungo le sponde si aprono centinaia di doline, voragini improvvise create dal collasso del terreno quando l’acqua sotterranea scioglie i depositi di sale. Fenomeni particolarmente pericolosi per strade, insediamenti e infrastrutture turistiche.

    Sul piano ecologico, la diminuzione del livello idrico mette a rischio le caratteristiche chimiche delle acque e gli equilibri degli ecosistemi circostanti. Per affrontare la crisi, sono stati proposti diversi progetti, tra cui il Canale Mar Rosso-Mar Morto, che dovrebbe portare acqua dissalata e allo stesso tempo produrre energia idroelettrica. Eppure, la complessità politica e i costi elevati hanno rallentato la realizzazione.

    Il Mar Morto si trova, infatti, in una regione politicamente complessa, dove Israele e le autorità palestinesi della Cisgiordania rivendicano e amministrano parti del territorio. In questo contesto, le tensioni e i conflitti ricorrenti ostacolano la cooperazione transfrontaliera sulla gestione ambientale e delle risorse idriche, rendendo ancora più difficile avviare progetti di salvaguardia sostenibile del lago.

    Accanto alle grandi opere, esistono iniziative locali di turismo consapevole e gestione sostenibile. Alcuni stabilimenti promuovono programmi di riduzione dell’impatto ambientale, mentre ONG e università monitorano i sinkholes e sensibilizzano le comunità sul futuro del lago.

    Conclusione

    Il Mar Morto è allo stesso tempo luogo di miti antichi, risorsa economica e laboratorio naturale. Le sue acque ipersaline raccontano una storia geologica lunga milioni di anni, ma le sfide attuali ricordano quanto fragile sia l’equilibrio tra sfruttamento e conservazione. Proteggerlo significa non solo salvare un paesaggio unico, ma anche imparare a gestire con maggiore responsabilità le risorse idriche in una delle regioni più aride e contese del mondo.

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