
Si è svolto ieri, 20 novembre, lo sciopero nazionale di 24 ore della Sanità che ha coinvolto medici, dirigenti sanitari, infermieri e altre professioni del settore. Migliaia di camici bianchi si sono riuniti in Piazza Santi Apostoli a Roma per manifestare contro una situazione lavorativa definita insostenibile e contro una Legge di Bilancio ritenuta deludente.
Le sigle sindacali hanno dichiarato un’adesione dell’85% allo sciopero, nonostante le esenzioni previste per garantire i servizi minimi: “Un segnale importante che dovrebbe far riflettere sulle condizioni di lavoro inaccettabili negli ospedali e sulla condivisione delle ragioni della protesta”.
Dati poi ridimensionati oggi dal Ministro della Sanità, Orazio Schillaci: “I numeri pubblicati sul sito del Dipartimento della funzione pubblica indicano un’adesione esigua, poco al di sopra dell’1%, allo sciopero di ieri proclamato da alcuni sindacati. Percentuale lontana da quella dichiarata dalle organizzazioni e che peraltro è in linea con quella dello sciopero indetto lo scorso anno, dalle stesse sigle, che si è fermato a un’adesione del 3%”.
Ieri i sindacati avevano anche dichiarato che il 20% delle strutture non aveva fornito indicazioni chiare sui contingenti minimi, creando difficoltà per 120.000 lavoratori a prendere parte allo sciopero. Sarebbero stati “minimi” invece i “disagi rilevati a macchia di leopardo nel territorio nazionale. Le aziende sanitarie e ospedaliere si sono organizzate, adottando ogni misura utile per ridurre al massimo i disservizi e per assicurare, comunque, l’emergenza-urgenza” ha detto Giovanni Migliore, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso).
In una lettera indirizzata a Giorgia Meloni, i rappresentanti sindacali hanno richiesto un incontro urgente, sottolineando la necessità di interventi strutturali per risollevare il Servizio Sanitario Nazionale e garantire diritti e dignità a pazienti e operatori. Dalla piazza, hanno minacciato dimissioni di massa, qualora il governo non fornisse risposte adeguate.
Le ragioni della protesta
Sono diverse le criticità che affliggono la Sanità italiana, dalle condizioni economiche dei lavoratori alle carenze strutturali del sistema. In particolare, i sindacati puntano il dito contro la tanto attesa Legge di Bilancio che, nonostante preveda un aumento delle risorse rispetto agli anni precedenti, viene ritenuta insufficiente per affrontare le sfide attuali del Servizio Sanitario Nazionale.
Contratti e retribuzioni
Uno dei temi centrali della protesta è rappresentato dai contratti di lavoro. Le sigle sindacali denunciano la mancata detassazione di parte degli stipendi e i ritardi nell’adeguamento delle retribuzioni, in particolare l’indennità di specificità infermieristica.
La Manovra prevede un incremento delle risorse per gli stipendi pari a 150 milioni di euro per il 2025 e 932 milioni dal 2026, cifre che per i sindacati sono simboliche e inadeguate. Stime indicano che l’aumento netto per il 2025 si tradurrebbe in soli 17 euro per i medici, 14 euro per i dirigenti sanitari e 7 euro per gli infermieri. Gli incrementi più significativi, previsti per il 2026, sarebbero comunque limitati, con 115 euro per i medici e 80 euro per gli infermieri.
Queste risorse sono inoltre legate a un contratto la cui discussione inizierà tra almeno due anni, posticipando ulteriormente l’effettiva applicazione della misura.
La Manovra prevede per il 2025 un aumento di 1,3 miliardi di euro per la Sanità, ma i sindacati evidenziano come gran parte di questi fondi servano solo a compensare l’aumento dei costi dovuti all’inflazione, senza introdurre miglioramenti strutturali. In rapporto al PIL, la spesa sanitaria rimane vicina ai livelli minimi degli ultimi 20 anni, segno di una politica che secondo i lavoratori continua a non valorizzare adeguatamente il settore pubblico.
Carenze di personale e sicurezza
Un altro tema cruciale è la carenza cronica di personale. I sindacati chiedono risorse adeguate per l’immediata assunzione di medici e infermieri, sottolineando che il blocco del tetto di spesa sul personale è un ostacolo al miglioramento dell’assistenza.
A questo si aggiunge l’assenza di misure concrete per garantire la sicurezza negli ospedali, dove si registra un aumento delle aggressioni al personale sanitario. Già in passato i rappresentanti della categoria avevano chiesto presidi di pubblica sicurezza nelle strutture, ma ad oggi il problema rimane irrisolto.
Confronti col resto d’Europa
Nonostante in Italia lo stipendio medio dei medici sia superiore di 3 volte alla media nazionale, risulta inferiore a quello di molti colleghi europei. Spagna, Regno Unito e Germania offrono salari più competitivi. Questa disparità, unita alla mancata valorizzazione professionale, contribuisce a rendere sempre meno attrattivo il lavoro nel SSN, aggravando la crisi del personale.
Le richieste della categoria non si limitano a maggiori risorse economiche. Si richiedono anche interventi strutturali e una visione di lungo termine per garantire la sostenibilità del sistema sanitario pubblico, basato sui principi di universalismo, uguaglianza ed equità.
I numeri della Sanità italiana
Tra carenza di personale e la distribuzione non uniforme delle risorse, il Sistema Sanitario Italiano si trova ad affrontare sfide strutturali significative come confermano i dati aggiornati al 2022.
Numero di medici e infermieri
Secondo il Ministero della Salute, nel 2022 il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) contava 101.827 medici e odontoiatri, e 268.013 infermieri. Questi numeri, se confrontati con la popolazione italiana, mostrano un rapporto di 4,2 medici e 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti.
Mentre il dato sui medici è in linea con la media europea, quello sugli infermieri è nettamente inferiore rispetto agli 8,4 per 1.000 abitanti dell’Unione Europea.
Ma non solo, oltre ad essere pochi, hanno anche un’età media piuttosto alta. Più della metà dei medici italiani ha superato i 55 anni, e il 27% ha più di 65 anni. Questo significa che nei prossimi anni si assisterà a un’ondata di pensionamenti, aggravando la carenza già esistente. Per quanto riguarda gli infermieri, sebbene non siano disponibili dati altrettanto dettagliati, si prevede un trend analogo.
Le stime indicano dunque un deficit di circa 30.000 medici e 250.000 infermieri rispetto agli standard europei.
Distribuzione territoriale
Anche la distribuzione del personale è un problema: i medici di medicina generale in Italia sono 68,1 per 100.000 abitanti, un dato inferiore rispetto a Germania (72,8), Spagna (94,4) e Francia (96,6). Ancora più marcata è la carenza di infermieri, che in Italia sono 621,3 per 100.000 abitanti, contro i 633,9 della Spagna, gli 858,1 della Francia e i 1.203,2 della Germania.