
Hai presente quel brivido di fastidio che ti sale lungo la schiena quando il tizio di fianco a te al cinema mastica i pop corn con la bocca aperta? Se all’ennesimo clic della penna del collega in ufficio non stai più nella pelle dal nervoso, tranquillo: non sei una persona intrattabile o asociale. Potresti, semplicemente, essere affetto da misofonia. Una parola piacevole al suono che, in realtà, maschera ciò che è totalmente agli antipodi: l’odio per certi suoni. E non parliamo di suoni oggettivamente molesti come il trapano al piano di sopra delle sette del mattino, bensì di innocui suoni quotidiani che, per alcune persone, appaiono peggio di una tortura medievale.
Un tilt del cervello
La misofonia rappresenta la condizione neurologica in cui certi suoni, spesso legati a comportamenti umani, scatenano una risposta emotiva sproporzionata. Tra i trigger più diffusisi possono annoverare la masticazione, la deglutizione, lo schiocco della lingua, il respiro affannoso e lo stropicciamento della carta, i quali divengono veri e propri stimolatori di rabbia, ansia, disgusto o persino panico. In pratica, una tranquilla cena di famiglia può trasformarsi in un campo minato a causa di un’interpretazione errata (equivalente a una minaccia) di una serie di rumori da parte del cervello. Non è, perciò, né una questione di maleducazione altrui né di eccessiva sensibilità: rappresenta, piuttosto, una specie di fight or flight sonoro provocato dal sistema nervoso.
Misofonia: un fastidio diffuso più di quanto immagini
Questa condizione di disagio, pur sembrando una stranezza da romanzo distopico, in verità emerge in maniera sorprendentemente diffusa. Studi recenti stimano infatti che ne soffra tra il 15% e il 20% della popolazione mondiale. Certo, i livelli d’intensità tendono a variare da soggetto a soggetto: c’è chi convive serenamente con il fastidio e chi, invece, finisce per evitare situazioni sociali pur di non sentire quel maledetto rumore. E non parliamo solo di una condizione di cui sono affetti solo gli adulti nevrotici; spesso, dietro i capricci dei bambini o l’eccessiva sensibilità degli adolescenti, possono celarsi i più autentici accenni di misofonia. L’origine di questo disturbo emotivo, anche se non ancora completamente compresa dalla comunità scientifica, potrebbe ipotizzarsi in un possibile legame con esperienze traumatiche o associazioni negative passate verso alcuni specifici suoni.
Perché adesso se ne parla di più?
Se anche tu hai googlato “perché mi dà fastidio quando mio marito respira?” non biasimarti. La misofonia sta finalmente facendo il suo debutto sulla scena mediatica, paradossalmente, grazie all’esplosione del fenomeno opposto, denominato dagli psicologi attraverso l’anagramma ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response). Esso indica quella risposta fisiologica a stimoli sensoriali, solitamente uditivi o visivi, che provoca una sensazione di piacevole formicolio, rilassamento e benessere (a chi non sono mai venuti i brividi ascoltando la propria canzone preferita?). In più, con l’aumento dello smart working e delle convivenze forzate (grazie pandemia!), molte persone hanno cominciato a provare una forte irritazione per determinati suoni di cui prima ne veniva beatamente ignorata l’esistenza.
Vivere con la misofonia
Dato che la misofonia può influire negativamente sulle relazioni sociali, familiari e lavorative, scaturendo perfino nell’isolamento e in problemi psicologici aggiuntivi, esistono oggi delle cure che consistono in alcune terapie cognitivo-comportamentali. Nessun trasferimento su una montagna deserta dunque, ma pratici esercizi attraverso cuffie e suoni bianchi, tecniche di mindfullness e un pizzico di sana ironia che, alla lunga, possono fare davvero miracoli. L’obiettivo è quello di mirare a gestire la reazione emotiva e migliorare la tolleranza ai suoni scatenanti e, chissà, magari un giorno riusciremo anche a gustarci un film al cinema senza desiderare l’estinzione dell’intera specie umana.