Il muro Messico-Usa è un vero problema per la fauna selvatica

Uno studio conferma che il muro tra USA e Messico sta frammentando gli habitat naturali e isolando geneticamente le popolazioni animali.

Il muro Messico-Usa è un vero problema per la fauna selvatica - immagine di copertina

    Il muro tra Stati Uniti e Messico non divide solo i confini tra due nazioni, ma sta distruggendo la fauna selvatica della regione. A confermarlo è un recente studio condotto dalle organizzazioni Wildlands Network e Sky Island Alliance e pubblicato su “Frontiers in Ecology and Evolution” che ha preso in esame l’impatto del muro sulla fauna. La ricerca, infatti, monitorando i movimenti di 20 specie animali lungo un tratto di 163,5 km tra Arizona e Sonora ha rivelato una drastica riduzione degli attraversamenti.

    Tramite l’utilizzo di 36 telecamere collocate lungo il tratto, gli scienziati hanno documentato come la barriera ostacoli il movimento delle specie limitando anche il loro accesso a risorse essenziali come cibo e acqua.

    Elemento centrale della propaganda di Trump che ha promesso di ampliarlo e rafforzarlo, il muro è stato costruito per limitare l’immigrazione irregolare e il traffico di droga, ma sta anche frammentando gli habitat e isolando geneticamente alcune specie, con conseguenze dirette sulla biodiversità della regione.

    La ricerca sottolinea la necessità di soluzioni concrete per mitigare gli effetti della barriera, come la creazione di passaggi faunistici e la tutela di aree protette. Ma senza interventi immediati, il rischio di declino per molte specie è concreto.

    Il muro tra USA e Messico: un ostacolo per la fauna selvatica

    Il muro che separa gli Stati Uniti dal Messico si estende per oltre 1000 km e attraversa ambienti naturali ricchi di biodiversità, tra cui praterie desertiche, boscaglie subtropicali e zone umide. Sebbene progettato per il controllo dei flussi migratori umani, la sua presenza sta compromettendo gli spostamenti delle specie selvatiche che da sempre abitano quest’area.

    Animali di grandi dimensioni come orsi neri e antilocapre non riescono ad attraversarlo, mentre solo alcuni esemplari più piccoli passano attraverso gli spazi tra i pilastri d’acciaio. Questi varchi non sono sufficienti a garantire la sopravvivenza delle popolazioni locali.

    La frammentazione degli habitat impedisce agli animali di spostarsi tra le aree naturali, favorisce l’isolamento genetico e riduce la resilienza delle popolazioni. Le barriere fisiche ostacolano inoltre la ricerca di risorse vitali, aggravando il rischio di estinzione locale.

    Alcune specie come il giaguaro e l’ocelot, già in pericolo, vedono ulteriormente compromesse le loro possibilità di dispersione e riproduzione. A ciò si aggiunge l’alterazione dei flussi d’acqua naturali, che potrebbe innescare il prosciugamento di ecosistemi cruciali per la sopravvivenza della fauna locale.

    Possibili soluzioni per mitigare l’impatto

    Per limitare gli effetti negativi della barriera, potrebbe essere utile implementare passaggi faunistici che permetterebbero agli animali di spostarsi senza problemi, così come anche avviare progetti di protezione di aree naturali (come il Big Bend National Park in Texas) in grado di garantire una continuità ecologica tra i due Paesi.

    Solo una collaborazione concreta tra le due nazioni potrà garantire la sopravvivenza della biodiversità in una delle regioni ecologicamente più ricche del Continente.

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