
Si chiama Nan Madol la città megalitica costruita su circa 100 isolotti artificiali che si trova nella Micronesia (più precisamente al largo dell’isola di Pohnpei) e che si presenta come uno dei luoghi più incredibili del Pianeta. Incastonata tra mangrovie e canali, ha un aspetto surreale: blocchi di basalto neri e imponenti, disposti con precisione millimetrica, danno forma a templi, mura, tombe e abitazioni cerimoniali. Il tutto immerso in un silenzio quasi irreale.
A rendere questo sito ancora più affascinante non è solo l’architettura, ma anche il mistero che lo avvolge. Come sono stati trasportati quei colossali blocchi di pietra, alcuni del peso di diverse tonnellate, su piccole isolette di corallo in mezzo al nulla? Chi li ha posizionati? E perché?
Una città unica nel suo genere: storia e struttura di Nan Madol
Nan Madol è un complesso archeologico composto da isolotti artificiali costruiti con blocchi di basalto e corallo, collegati tra loro da una rete di canali. Una Venezia del Pacifico che si trova nella laguna orientale dell’isola di Pohnpei, una delle isole principali della Micronesia. La costruzione della città iniziò probabilmente intorno al 1200 d.C., durante il regno della dinastia Saudeleur.
La dinastia Saudeleur è stata la prima forma di governo centralizzato sull’isola e ha imposto il proprio potere su tutti i clan locali. Nan Madol era il centro cerimoniale, amministrativo e politico di questo regno. Qui viveva la nobiltà, si tenevano riti religiosi e si gestivano gli affari politici. I materiali utilizzati, principalmente basalto colonnare, venivano estratti in altre zone dell’isola e trasportati via mare, anche per decine di chilometri. Un’impresa ingegneristica che ancora oggi resta difficile da spiegare.

Il sito occupa una superficie di circa 18 km² ed è suddiviso in diverse zone, tra cui il quartiere residenziale, le aree cerimoniali e i luoghi funerari. Il più noto di questi ultimi è il complesso funerario di Nan Douwas, circondato da mura di pietra alte fino a 7 metri.
Nan Madol era anche soggetta a rigide regole sociali. La popolazione comune non poteva vivere all’interno del sito, ma solo i membri della nobiltà e i sacerdoti. Questo rafforza l’idea che fosse un centro di potere religioso e politico altamente simbolico.
Come sono stati costruiti gli isolotti artificiali?
La caratteristica più stupefacente di Nan Madol è il modo in cui è stata costruita. Le isole su cui si regge la città sono artificiali, create con pietre di corallo e sabbia per creare basi stabili in mezzo alla laguna. Su queste fondamenta sono stati eretti muri con massicci blocchi di basalto, disposti a incastro con una tecnica che ricorda quella delle costruzioni megalitiche di altre parti del mondo, come Machu Picchu o Stonehenge.
Ma come sono arrivati quei blocchi fin lì? Alcuni pesano fino a 25 tonnellate e non esisteva nessun sistema di ruote e gru o metallo. Alcuni studiosi ipotizzano l’uso di zattere, rulli in legno e tecniche di leva, ma nessuna spiegazione appare del tutto convincente, soprattutto considerando la precisione del montaggio e la posizione degli isolotti.
Questo ha alimentato una lunga serie di teorie, più o meno plausibili. Alcuni ricercatori hanno suggerito che i costruttori avessero conoscenze nautiche e ingegneristiche superiori a quanto immaginato. Altri si sono spinti fino a ipotesi pseudoscientifiche che coinvolgono civiltà perdute, alieni o antichi astronauti.

Più recentemente, alcuni archeologi hanno proposto che la disposizione dei blocchi e la forma delle costruzioni possano aver sfruttato la particolare struttura cristallina del basalto per facilitare l’incastro. Inoltre, studi geomorfologici confermano che il materiale veniva trasportato da aree vulcaniche distanti, con un lavoro di logistica che richiedeva una complessa organizzazione collettiva.
Sebbene molte domande rimangano ancora aperte, si tende a interpretare Nan Madol come una prova della capacità delle società insulari di realizzare opere architettoniche sofisticate con risorse limitate, in ambienti naturali complessi.
Tra tutela, degrado e turismo: le sfide di oggi
Nonostante la sua importanza storica e culturale, Nan Madol resta un sito poco conosciuto e difficile da raggiungere.
Pohnpei non è una meta turistica di massa: richiede voli internazionali complicati, permessi e una buona dose di spirito di adattamento. Fortunatamente, questo isolamento ha avuto anche un effetto protettivo: Le strutture sono rimaste relativamente intatte, anche se soggette a erosione, invasioni di mangrovie e umidità che minaccia la stabilità delle pietre.
Nel 2016, l’UNESCO ha inserito Nan Madol nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ma anche in quella dei siti in pericolo. Una decisione volta a sensibilizzare la comunità internazionale sulla necessità di salvaguardare il sito e migliorare la sua accessibilità senza comprometterne l’integrità.
Tra le principali difficoltà ci sono la mancanza di fondi, la scarsità di archeologi locali specializzati e l’assenza di infrastrutture. Inoltre, l’aumento del livello del mare legato ai cambiamenti climatici rappresenta una minaccia concreta per la laguna e le fondamenta coralline su cui poggiano gli isolotti.
Alcune iniziative sono partite dal basso, grazie a collaborazioni tra istituzioni locali e università estere. Progetti di restauro, digitalizzazione del sito e campagne di sensibilizzazione mirano a far conoscere la storia di Nan Madol al grande pubblico, promuovendo un turismo consapevole e rispettoso.