I luoghi più assurdi del mondo: il Parco di Zhangjiajie, in Cina

Nel cuore dell’Hunan, in Cina, le colonne di quarzite di Zhangjiajie formano un paesaggio raro, frutto di processi erosivi che risalgono al Devoniano. Tra ricerca scientifica, tradizioni millenarie e suggestioni cinematografiche, il parco è oggi un modello di equilibrio tra natura, cultura e sostenibilità.

I luoghi più assurdi del mondo: il Parco di Zhangjiajie, in Cina - immagine di copertina

    Nella provincia dell’Hunan, nella Cina centrale, si estende un paesaggio che sembra appartenere a un altro pianeta: il Parco Nazionale Forestale di Zhangjiajie, un insieme di oltre tremila pilastri di quarzite che si innalzano verticali come colonne di un tempio naturale. Queste torri, spesso avvolte da una nebbia sottile e coperte da vegetazione lussureggiante, formano un anfiteatro di pietra che sfida la logica della geografia tradizionale.

    Fondato nel 1982, il Parco è stato il primo in Cina a ricevere la denominazione di “nazionale” e oggi costituisce il nucleo del più ampio Sito Paesaggistico di Wulingyuan, Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO dal 1992. Una meraviglia naturale che è anche un luogo dove geologia, spiritualità e cultura si intrecciano in un racconto che attraversa milioni di anni.

    Cos’è il Parco di Zhangjiajie e perché è così particolare

    L’impatto visivo di Zhangjiajie è immediato e quasi ipnotico. Le colonne di quarzite arenaria, alte anche più di duecento metri, si innalzano isolate le une dalle altre, con sommità spesso ricoperte di pini, felci e arbusti che sembrano sospesi nel vuoto. A differenza dei canyon o delle montagne classiche, qui il paesaggio si sviluppa in verticale.

    L’intera area copre oltre 480 chilometri quadrati e ospita una straordinaria biodiversità: più di tremila specie vegetali e cinquecento animali, tra cui il macaco dal naso piatto, il cervo muntjak e il tritone gigante cinese. La fitta foresta subtropicale che circonda i pilastri contribuisce a mantenere un microclima umido e costante, che favorisce la rigenerazione della vegetazione anche sulle pareti rocciose più scoscese.

    Questo equilibrio tra roccia e foresta, tra rigidità minerale e vitalità vegetale, è ciò che rende Zhangjiajie un luogo quasi surreale. Le sue forme evocano le montagne nebbiose dei dipinti shan shui, le stesse che per secoli hanno ispirato poeti, monaci e pittori cinesi.

    La nascita geologica di un paesaggio impossibile

    Per comprendere l’origine di Zhangjiajie bisogna tornare indietro di oltre 380 milioni di anni, quando la regione era parte di un antico mare poco profondo. I sedimenti sabbiosi e quarzosi depositati sul fondo si compattarono nel tempo, dando origine a spessi strati di arenaria quarzitica del periodo Devoniano.

    Successivamente, nel Mesozoico, i movimenti della crosta terrestre associati all’orogenesi dell’Himalaya sollevarono l’intera area, creando un altopiano fratturato. Le fessure e le linee di debolezza nella roccia divennero canali preferenziali per l’erosione: l’acqua piovana, leggermente acida, e i cicli di gelo e disgelo ampliarono progressivamente queste fratture, isolando porzioni di roccia sempre più sottili.

    Nel corso dei millenni, la vegetazione contribuì a plasmare ulteriormente il paesaggio. Le radici penetrarono nelle crepe, esercitando una pressione meccanica che favorì il distacco dei blocchi più fragili. L’azione combinata di erosione fisica, chimica e biologica ha così trasformato un altopiano omogeneo in una foresta minerale di pinnacoli verticali.

    Ciò che rende Zhangjiajie unico è il tipo di roccia. La quarzite arenaria, a differenza del calcare, non si dissolve facilmente: è dura, compatta e poco permeabile. Eppure, proprio in questo contesto, ha sviluppato forme che ricordano il karst, un termine solitamente associato alle grotte calcaree. Gli studiosi parlano quindi di “karst in quarzite”, un fenomeno estremamente raro, osservabile in pochissimi luoghi al mondo.

    Diversi studi pubblicati su Geomorphology e sul Journal of Asian Earth Sciences hanno dimostrato che il tasso di erosione qui è molto lento: pochi millimetri per secolo. Ciò significa che il paesaggio di Zhangjiajie non è statico, ma evolve con una lentezza quasi impercettibile, in un equilibrio delicato tra stabilità e trasformazione.

    Storia, scoperte e ricerche scientifiche

    Per le popolazioni locali, come i Tujia e i Miao, queste montagne sono sempre state abitate da spiriti e divinità protettrici. I villaggi ai margini del Parco ne conservano ancora i riti e le leggende, che spesso narrano di torri nate dal respiro dei draghi o da battaglie celesti.

    Negli anni Settanta del Novecento, i geologi dell’Accademia Cinese delle Scienze iniziarono a indagare sistematicamente la regione, individuando nei processi erosivi differenziali la chiave della sua formazione. Le loro mappe stratigrafiche furono le prime a identificare con chiarezza i diversi strati di arenaria quarzitica, separati da linee di faglia che ne determinano la stabilità.

    Il riconoscimento ufficiale come Parco nazionale nel 1982 segnò l’avvio di un nuovo approccio alla tutela ambientale in Cina. Da allora, Zhangjiajie è divenuto anche un centro di ricerca internazionale: laboratori di geologia, botanica e climatologia collaborano per monitorare le dinamiche di erosione, il microclima e la biodiversità. Le tecnologie LIDAR e le immagini satellitari hanno consentito negli ultimi anni di mappare con precisione millimetrica i cambiamenti morfologici delle torri, offrendo dati preziosi sul loro equilibrio strutturale.

    Tra mito, cinema e immaginario collettivo

    Quando nel 2009 James Cameron presentò Avatar, il mondo riconobbe immediatamente in Pandora il riflesso delle montagne di Zhangjiajie. L’associazione fu tanto forte che una delle colonne del parco, alta più di mille metri, fu rinominata Montagna Hallelujah. Da quel momento, Zhangjiajie divenne una meta iconica, non solo per i geologi ma anche per i viaggiatori in cerca del “mondo sospeso”.

    Questo legame con la cultura pop ha consolidato l’immagine del parco come luogo di confine tra realtà e fantasia. Ma la sua forza simbolica, come abbiamo visto, affonda le radici molto più indietro: nei paesaggi della pittura cinese, nelle leggende taoiste che vedono nelle montagne un ponte tra la terra e il cielo, nella convinzione che ogni forma naturale custodisca un principio vitale.

    Il contesto naturale e la conservazione

    Il Parco di Zhangjiajie fa parte di un ecosistema più ampio, quello del Wulingyuan Scenic Area, che comprende vallate, grotte, laghi e ponti naturali di rara bellezza. Tra questi spiccano la Golden Whip Stream, un torrente che scorre tra pareti di quarzite e foreste di bamboo, e il Natural Bridge of Xi’anren, considerato uno dei ponti naturali più alti del mondo.

    Dal punto di vista ambientale, l’area è oggi gestita secondo criteri di turismo sostenibile. I percorsi pedonali e le piattaforme panoramiche sono stati progettati per ridurre l’impatto sul suolo, mentre programmi di riforestazione e monitoraggio costante della fauna assicurano la protezione della biodiversità. Le autorità locali collaborano con università e istituzioni internazionali per studiare gli effetti del cambiamento climatico sulle rocce e sugli ecosistemi forestali.

    Zhangjiajie è oggi un modello di equilibrio tra fruizione e tutela: un paesaggio che continua a trasformarsi, ma in modo controllato e consapevole.

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