Dove finisce l’estetica e dove comincia la tossicologia? Se lo stanno chiedendo in molte da quando, dal 1° settembre 2025, una fetta consistente del mercato degli smalti per unghie – in particolare quelli semipermanenti e i gel UV/LED – è stata spazzata via da un regolamento dell’Unione Europea. La lista degli smalti vietati si è allungata improvvisamente, lasciando saloni e consumatrici con più domande che alternative. Non si tratta di una capricciosa crociata contro l’estetica da salone, ma di una decisione ben ponderata: alcuni di questi prodotti contenevano due ingredienti che l’UE ha bollato come potenzialmente cancerogeni e tossici per la riproduzione. Li abbiamo coccolati per anni sulle unghie e ora, d’improvviso, ci accorgiamo che forse non era una grande idea. Con gli smalti vietati, il confine tra bellezza e rischio sanitario non è più sfumato come una french manicure. La verità? Per mani “instagrammabili”, stavamo flirtando con la chimica più spigolosa.
Cosa c’è dentro uno smalto semipermanente? (Spoiler: roba da laboratorio)
I due principali imputati sono TPO (Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide) e DMTA (Dimethyltolylamine), nomi che già da soli suonano come una minaccia. Il primo è un fotoiniziatore, ovvero una molecola che permette allo smalto di indurire rapidamente sotto la luce UV o LED. Un superpotere, certo, ma anche un rischio non trascurabile: il TPO è classificato come CMR di categoria 1B, ovvero “presunto cancerogeno”. Il DMTA, invece, è un condizionante, un aiutino per far aderire meglio lo smalto all’unghia. Anche lui promosso (si fa per dire) nella stessa categoria tossicologica. Insomma: la comodità di unghie perfette per settimane ha avuto per anni come prezzo nascosto l’esposizione a sostanze di cui oggi sappiamo molto di più – e niente di rassicurante.
Cosa cambia dal 1° settembre 2025? Tutto, tranne le scorte illegali
Il cambiamento non è graduale, non è morbido e non fa sconti: dal 1° settembre 2025 è vietata la produzione, la vendita e l’uso di cosmetici contenenti TPO e DMTA. Non importa se si tratta di nuovi lotti o di fondi di magazzino scovati sotto una pila di cataloghi del 2019: se contengono una delle due sostanze incriminate, devono essere smaltiti. Nessun periodo di transizione, nessuna deroga per i nostalgici dello smalto a lunga durata: o ci si adegua, o si cambia mestiere. E attenzione: il divieto riguarda anche i centri estetici, che dovranno verificare l’INCI di ogni prodotto in uso e liberarsi dei sospetti chimici. Un controllo maniacale che, detto tra noi, forse sarebbe stato utile anche prima.
Consumatori più consapevoli, professionisti più responsabili
Non si tratta solo di un giro di vite normativo, ma di un’occasione per ripensare l’intero ecosistema della cosmetica. I consumatori dovranno diventare lettori esperti di etichette e puntare su prodotti “TPO free” e “DMTA free”. Chi lavora nel settore, invece, dovrà rivedere la propria filiera e scegliere fornitori che abbiano già aggiornato le loro formulazioni. In teoria, una grande opportunità per fare pulizia nel settore; nella pratica, una seccatura per chi pensava che l’unico rischio del mestiere fosse una manicure venuta male.
Una scelta scientifica, non estetica
La decisione dell’UE affonda le radici in valutazioni tossicologiche solide. Non è il frutto di un’improvvisa fobia verso la bellezza, ma di un confronto tra rischi e benefici. I rischi cancerogeni e riproduttivi associati a TPO e DMTA sono troppo alti per essere ignorati, specie per chi maneggia questi prodotti quotidianamente. L’obiettivo? Ridurre l’esposizione a sostanze dannose, proteggere la salute pubblica e promuovere un mercato più sicuro e trasparente. E magari, chissà, anche spingere l’industria a innovare davvero, non solo a cambiare la nuance di stagione.
