I luoghi più assurdi del mondo: la Piana delle Giare

Nel nord del Laos, la Piana delle Giare custodisce un enigma archeologico e un’eredità dolorosa della guerra. Oggi è al centro di progetti per la tutela del territorio, la bonifica degli ordigni e lo sviluppo di un turismo lento e rispettoso.

I luoghi più assurdi del mondo: la Piana delle Giare - immagine di copertina

    Nell’altopiano di Xiangkhoang, nel nord del Laos, si estende una vasta distesa verde punteggiata da migliaia di giare megalitiche in pietra. Alcune sono alte più di tre metri, altre appena più grandi di un barile. Nessuno sa con certezza chi le abbia costruite, né perché. La Piana delle Giare è uno di quei luoghi che lasciano spaesati: un sito archeologico enigmatico, ancora poco conosciuto fuori dall’Asia sud-orientale, eppure ricco di significati storici, simbolici e ambientali.

    Oggi è al centro di un delicato equilibrio: da un lato la necessità di conservare il sito e valorizzarlo in modo sostenibile, dall’altro i rischi legati a un passato recente di guerra e devastazione. Gran parte dell’area è ancora disseminata di ordigni inesplosi, eredità della guerra del Vietnam, che rendono difficile esplorare e studiare l’intera zona in sicurezza.

    In questo articolo cercheremo di capire cos’è davvero la Piana delle Giare: un sito archeologico straordinario, un paesaggio culturale ancora in parte inaccessibile, e una sfida per chi si occupa di tutela del territorio, sviluppo sostenibile e memoria storica.

    Dove si trova e perché è così particolare

    La Piana delle Giare si trova nel nord del Laos, in una regione montuosa chiamata Xiangkhoang, a oltre 1.000 metri di altitudine. Il sito prende il nome dalle centinaia (forse migliaia) di giare in pietra disseminate su oltre 90 diversi luoghi nella provincia. Le concentrazioni più studiate si trovano intorno alla città di Phonsavan, raggiungibile con voli interni o con lunghi tragitti in strada.

    Le giare sono scolpite da blocchi monolitici di pietra (granito, arenaria, calcari), pesano diverse tonnellate e presentano un’ampia apertura superiore. Alcune sono decorate, ma la maggior parte è spoglia. La loro origine rimane avvolta nel mistero. Diverse ipotesi suggeriscono che fossero urne funerarie, depositi rituali, contenitori per la fermentazione del riso o semplici cisterne. Finora non esistono prove definitive, anche perché gli scavi sono stati ostacolati dalla presenza di ordigni inesplosi (UXO) risalenti al periodo dei bombardamenti americani negli anni Sessanta e Settanta.

    Dal 2019, i primi tre siti principali sono stati riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità UNESCO, grazie al loro valore storico e culturale. La particolarità della Piana delle Giare non sta solo nelle giare in sé, ma nel rapporto tra questi artefatti, il paesaggio naturale e le popolazioni locali, che hanno convissuto per secoli con questi oggetti senza una spiegazione definitiva, ma con un rispetto profondo.

     

    piana delle giare

     

    Un sito archeologico che convive con la guerra

    Quello che rende davvero unico il sito della Piana delle Giare non è solo il mistero archeologico, ma il fatto che buona parte dell’area resta ancora oggi inaccessibile a causa degli ordigni inesplosi lasciati durante la guerra del Vietnam. Il Laos, pur non essendo formalmente parte del conflitto, è stato uno dei Paesi più bombardati della storia. Tra il 1964 e il 1973, gli Stati Uniti hanno sganciato oltre 2 milioni di tonnellate di bombe sul territorio, molte delle quali non sono esplose.

    Nella Piana delle Giare, questo significa che solo una parte minima dei siti è stata bonificata, e la maggior parte resta interdetta a ricercatori, turisti e comunità locali. Il rischio costante limita gli scavi archeologici, rende complicato lo sviluppo dell’ecoturismo e rappresenta un pericolo quotidiano per chi vive nell’area.

    A questo si aggiunge un altro problema: la memoria del conflitto è ancora viva, ma spesso dimenticata dai circuiti mediatici internazionali. Per questo, molte ONG lavorano non solo per la bonifica, ma anche per la sensibilizzazione sul tema, come fa MAG (Mines Advisory Group), attiva nella rimozione degli UXO e nella formazione delle comunità locali.

    Il paradosso è evidente: un luogo che potrebbe attirare turismo culturale e sviluppo sostenibile è bloccato da una guerra finita da cinquant’anni. Eppure, proprio in questo scenario difficile, stanno nascendo iniziative che uniscono archeologia, ambiente e memoria, puntando su una valorizzazione lenta, sicura e rispettosa.

    Sostenibilità e valorizzazione: una sfida possibile

    Nonostante le difficoltà, la Piana delle Giare sta lentamente tornando al centro dell’attenzione internazionale. Il riconoscimento UNESCO ha portato nuovi fondi, progetti di tutela e una maggiore attenzione da parte del governo laotiano. Il Laos National Museum, in collaborazione con università estere, sta sviluppando ricerche sul significato delle giare e sulla datazione delle necropoli associate.

    Un altro aspetto cruciale riguarda la partecipazione delle comunità locali. In molte aree, la popolazione è coinvolta nelle operazioni di bonifica, nella gestione dei siti accessibili e nell’accoglienza dei visitatori. Alcune cooperative agricole e artigianali stanno emergendo proprio intorno a questo nuovo interesse turistico, creando un’economia alternativa fondata sulla valorizzazione del patrimonio culturale.

    Il concetto di slow tourism si adatta bene a questo contesto: piccoli gruppi, escursioni guidate, esperienze a contatto con la natura e le tradizioni locali. I visitatori più consapevoli sono spesso attratti proprio dal carattere unico e dal rispetto che richiede l’esplorazione di questi luoghi. In questo senso, la Piana delle Giare può diventare un modello di turismo culturale non invasivo.

    La sfida principale resta però quella di garantire sicurezza, tutela ambientale e inclusione economica. Solo un approccio integrato che metta al centro la cooperazione tra enti pubblici, comunità locali e organizzazioni internazionali potrà trasformare questo luogo ancora in bilico in un esempio virtuoso di sostenibilità applicata al patrimonio storico e paesaggistico.

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