
Immaginate di ricevere una lettera scritta a mano: non un’email, ma carta, penna e, ovviamente, corsivo. Riuscite ancora a leggerla senza fatica? Per molti, la risposta è no, e questo sta creando problemi più seri di quanto si possa pensare. Negli Stati Uniti, con il progetto Citizen Archivists, l’Archivio Nazionale ha recentemente lanciato un appello: cercano volontari capaci di leggere e trascrivere documenti storici scritti in corsivo. Se la difficoltà sta spesso nel decifrare lettere e documenti moderni, ma scritti a mano, figuriamoci testi scritti dai veterani della Guerra di Indipendenza americana e datati tra il 1800 e il 1912.
Il problema è che sempre meno persone sanno decifrare testi scritti a mano, specialmente in corsivo, un’abilità prima abbastanza comune e che ora sta rapidamente scomparendo. Ma come siamo arrivati al punto di avere bisogno quasi di un traduttore per capire dei semplici testi scritti a mano?
L’ascesa e il declino del corsivo: dal banco di scuola al dimenticatoio
Il corsivo ha avuto un ruolo fondamentale nell’alfabetizzazione moderna. Utilizzato per lettere, documenti ufficiali e persino appunti personali, era una competenza indispensabile. Con l’introduzione della scrittura digitale, però, il suo uso è calato drasticamente.
Già a partire dagli anni 2000, molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, hanno rimosso il corsivo dai programmi scolastici. Al suo posto, maggiore attenzione alle competenze digitali. Questo cambiamento è giustificato dalla necessità di preparare gli studenti al mondo tecnologico, ma ha lasciato un vuoto: molte persone oggi non riescono a leggere testi scritti a mano, specialmente se in corsivo.
Il problema è aggravato dalla velocità con cui la tecnologia si evolve. Mentre digitare è diventato il nuovo standard, scrivere a mano è ora considerato quasi un’abilità opzionale. Eppure, il corsivo non è solo un mezzo di comunicazione: è una forma di espressione che riflette individualità e creatività.
Il corsivo e lo sviluppo cognitivo
Eppure scrivere in corsivo ha un impatto significativo sullo sviluppo cognitivo, in particolare nei bambini. Alcuni studi dimostrano che la scrittura a mano, rispetto alla digitazione, stimola aree del cervello legate alla memoria, alla coordinazione motoria fine e alla capacità di elaborare e organizzare informazioni. In particolare, il corsivo richiede movimenti continui che favoriscono una maggiore connessione tra la mano e il cervello. Questo contribuisce non solo a migliorare le abilità di scrittura, ma anche a potenziare competenze trasversali come la creatività e il pensiero critico.
Abbandonare il corsivo non significa solo perdere una forma di scrittura: rischia anche di compromettere una parte dello sviluppo cognitivo legata alla manualità e alla capacità di concentrazione.
Storia e corsivo: a chi affideremo la nostra memoria?
Il declino del corsivo ha conseguenze più profonde di quanto si possa pensare. Perdere la capacità di scrivere e leggere in corsivo significa perdere l’accesso a una parte della nostra storia. Documenti storici, lettere personali e manoscritti non saranno più facilmente decifrabili senza uno sforzo collettivo.
La notizia del National Archives, che fatica a trovare persone in grado di leggere documenti in corsivo, è un esempio concreto di come questa abilità stia diventando rara. Non si tratta solo di romanticismo per il passato, ma di una questione pratica. Chi leggerà i documenti storici o i diari personali delle generazioni precedenti se nessuno sarà più capace di decifrarli?
La tecnologia ha ucciso la scrittura? Non proprio
L’avvento di smartphone, computer e tablet ha trasformato il modo in cui comunichiamo. Scrivere a mano richiede tempo e impegno, due cose che la tecnologia ci aiuta a risparmiare. Ma a che prezzo?
Oggi, digitare è diventato il nuovo standard, ma non sempre questo si traduce in un reale miglioramento. La velocità della scrittura digitale può portare a un approccio più superficiale nella gestione delle informazioni.
In molti contesti educativi, gli studenti che prendono appunti al computer tendono a trascrivere in modo meccanico ciò che ascoltano, senza elaborare realmente i concetti. Questo può ostacolare la comprensione e la memorizzazione delle informazioni. Al contrario, scrivere a mano, soprattutto in corsivo, costringe a un processo di sintesi che favorisce il ragionamento critico.
La tecnologia, però, non è l’unico colpevole. Anche i cambiamenti nei programmi scolastici e nella società hanno contribuito al declino della scrittura a mano. L’idea che le competenze manuali siano meno utili rispetto a quelle digitali ha portato a un disinteresse collettivo per pratiche come il corsivo. Alcune scuole stanno rivalutando l’importanza della scrittura manuale e dei suoi benefici cognitivi e formativi, reintroducendola nei curricula.
Va detto poi che il corsivo non è sparito del tutto: ha trovato nuova vita come forma artistica e strumento di personalizzazione. La calligrafia moderna è diventata popolare grazie ai social media, dove tutorial e video sul lettering attraggono milioni di visualizzazioni. Questo dimostra che, nonostante l’uso pratico del corsivo sia diminuito, il suo valore estetico continua ad affascinare. Forse il futuro della scrittura a mano non sarà più nei banchi di scuola, ma nelle community creative che ne celebrano la bellezza e l’unicità.
Il futuro del corsivo
Siamo a un bivio. Da un lato, possiamo accettare che il corsivo diventi una curiosità storica, insegnata solo in corsi di calligrafia. Dall’altro, possiamo provare a riportarlo in vita, magari integrandolo con la tecnologia.
Il corsivo sopravviverà? Forse no, almeno non nel modo in cui lo conosciamo. Ma potrebbe evolversi, diventando un’arte più che una competenza di base. Un po’ come il vinile nella musica: non essenziale, ma apprezzato dagli appassionati.
Dunque se il corsivo scompare, non sorprendiamoci quando, tra qualche decennio, dovremo tradurre i nostri diari come si fa con i geroglifici. Per ora, però, possiamo ancora fare qualcosa: riscoprire il piacere di scrivere a mano. Non si sa mai, potrebbe tornare utile.