I luoghi più assurdi del mondo: il Salar de Uyuni, in Bolivia

Il Salar de Uyuni è un deserto di sale unico al mondo, risultato di processi geologici millenari e oggi al centro di ricerche climatiche e minerarie. Tra riflessi infiniti e leggende andine, rappresenta uno degli ambienti più spettacolari e delicati del Sud America, dove natura e conoscenza si fondono in un equilibrio ancora in divenire.

I luoghi più assurdi del mondo: il Salar de Uyuni, in Bolivia - immagine di copertina

    A oltre 3.600 metri di altitudine, l’altopiano boliviano ospita un paesaggio che sembra appartenere a un altro pianeta: il Salar de Uyuni, la più vasta distesa di sale del mondo. Esteso per più di 10.000 chilometri quadrati, questo luogo rappresenta un punto di incontro fra geologia, astronomia e cultura andina.

    Il Salar è molto più di una meraviglia visiva: racconta milioni di anni di trasformazioni geologiche e, al tempo stesso, custodisce una delle più grandi riserve di litio del Pianeta, risorsa cruciale per la transizione energetica. È un ambiente fragile e in continuo mutamento, dove scienza, economia e spiritualità si intrecciano in modo singolare.

    Cos’è il Salar de Uyuni e perché è così particolare

    Il Salar de Uyuni si è formato a seguito dell’evaporazione di antichi laghi preistorici, tra cui il Lago Minchín e il Lago Tauca, che coprivano gran parte dell’altopiano andino durante il Pleistocene. Quando le acque si ritirarono, lasciarono dietro di sé un’enorme crosta di sale, spessa in media dieci metri, composta da sodio, potassio, magnesio e litio. Il risultato è un deserto bianco, uniforme e accecante, interrotto solo da isole rocciose e da piccoli rilievi vulcanici.

    Fra le formazioni più celebri spicca l’Isla Incahuasi, un antico cono vulcanico ricoperto da giganteschi cactus colonnari, alcuni dei quali superano i dieci metri d’altezza. Dalla sua sommità lo sguardo abbraccia una distesa uniforme di sale, un orizzonte dove la percezione delle distanze viene meno e ogni riferimento spaziale si dissolve.

    Durante la stagione delle piogge, tra gennaio e marzo, una sottile pellicola d’acqua ricopre il suolo, creando un effetto specchio che riflette perfettamente le nuvole e le montagne circostanti. Questa condizione lo rende anche un punto di riferimento per le missioni satellitari: le sue superfici regolari vengono utilizzate per calibrare strumenti ottici e radar.

    La temperatura media oscilla fra i 12 e i 14 °C, ma le escursioni termiche sono notevoli: di giorno il sole può rendere il sale abbagliante e rovente, mentre di notte il gelo forma una crosta cristallina. In questo ambiente estremo, la vita è rara ma non assente: colonie di fenicotteri rosa scelgono le pozze salmastre per nidificare, aggiungendo un tocco di colore a un paesaggio quasi monocromatico.

    Storia, scoperte e ricerche scientifiche

    L’esistenza del Salar era nota alle popolazioni precolombiane molto prima dell’arrivo degli europei. Gli Aymara e i Quechua ne conoscevano le proprietà minerali e lo consideravano un luogo sacro, associato a leggende di divinità lacustri e di amori perduti trasformati in laghi salati. Con la colonizzazione spagnola, l’estrazione del sale divenne una risorsa economica, ma solo nel XX secolo il Salar cominciò a interessare la comunità scientifica internazionale.

    Geologi e climatologi lo studiano come archivio naturale dei cambiamenti climatici: gli strati di sedimenti e sali conservano tracce isotopiche che rivelano l’alternanza tra epoche umide e aride negli ultimi 100.000 anni. L’Universidad Mayor de San Andrés di La Paz e istituti come la NASA e il Centro de Investigaciones Geológicas de Sucre hanno condotto campagne di rilevamento satellitare per mappare la composizione dei sali e stimare la quantità di litio estraibile. Il Salar contiene circa 10 milioni di tonnellate di questo metallo, elemento chiave per batterie e dispositivi elettronici.

    Il sito, inoltre, è considerato un analogo terrestre per le missioni su Marte, grazie alla sua aridità, alla composizione chimica e alla riflettività superficiale. Diversi team internazionali, tra cui ricercatori del Jet Propulsion Laboratory, hanno testato strumenti destinati a future esplorazioni planetarie.

    Il contesto naturale circostante

    Il Salar de Uyuni non è un deserto isolato, ma parte di un mosaico altiplanico che comprende lagune, vulcani e steppe d’alta quota. A sud si estende la Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa, dove laghi come la Laguna Colorada e la Laguna Verde offrono spettacolari contrasti cromatici dovuti alla presenza di alghe e sedimenti minerali.

    In questi ambienti vivono tre specie di fenicotteri andini – tra cui il raro fenicottero di James – che sfruttano le acque salmastre per la nidificazione stagionale. Attorno al salar, la vegetazione è rada ma adattata all’aridità: cespugli di yareta, licheni e piccole erbe resistono a temperature estreme e venti costanti. I rilievi che delimitano la pianura salata, come il vulcano Tunupa, fungono da serbatoi di biodiversità e punti di riferimento per le comunità locali. L’intero ecosistema altiplanico agisce come un delicato regolatore idrico e climatico per la regione andina, dimostrando come anche un paesaggio apparentemente sterile custodisca una rete vitale di relazioni biologiche e geologiche.

    Curiosità e leggende

    Il Salar de Uyuni occupa un posto speciale nell’immaginario boliviano e andino. Secondo una leggenda aymara, la dea Tunupa, tradita dal marito, pianse tanto da trasformare le sue lacrime e il suo latte nella grande distesa di sale, dando così origine al salar e al vicino vulcano che porta il suo nome. Questa narrazione sacra convive oggi con una fama globale: il luogo è stato scelto come scenario di film come Star Wars: Gli ultimi Jedi e documentari naturalistici di BBC Earth, oltre a ispirare innumerevoli reportage fotografici e installazioni artistiche. Le comunità locali promuovono forme di turismo culturale che valorizzano la tradizione artigianale e la spiritualità del territorio, trasformando un paesaggio geologico in un punto d’incontro tra mito, arte e identità collettiva.

    Conservazione, turismo e sfide ambientali

    Il fascino surreale di questo luogo ha reso la regione una meta turistica molto battuta, specialmente negli ultimi anni. Centinaia di migliaia di visitatori ogni anno percorrono piste di sale e lagune altiplaniche, attratti dall’illusione ottica dello “specchio del cielo”. L’aumento del turismo ha portato benefici economici alle comunità locali, ma anche pressioni significative sull’ecosistema: il traffico dei veicoli off-road altera la superficie del sale e i rifiuti, se non gestiti, compromettono le aree più delicate.

    Parallelamente, la prospettiva di sfruttare i giacimenti di litio pone questioni complesse. L’estrazione richiede grandi quantità d’acqua, risorsa già scarsa in un ambiente arido. Gli enti boliviani e alcune cooperative comunitarie stanno sperimentando metodi meno impattanti, come l’evaporazione solare controllata e sistemi di monitoraggio idrico.

    La Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa e altre aree protette limitrofe contribuiscono a salvaguardare la biodiversità altiplanica, mentre progetti di turismo ecologico incoraggiano l’uso di veicoli elettrici e il coinvolgimento diretto delle popolazioni locali nella gestione delle visite. Il futuro del Salar dipende dunque dall’equilibrio fra valorizzazione economica e tutela del suo patrimonio naturale, una sfida che richiede coordinamento e conoscenza scientifica più che soluzioni immediate.

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