Uno studio pubblicato su “Biology Letters” ha dimostrato che gli scimpanzé e altri primati che risiedono nel Kibale National Park in Uganda sono esposti quotidianamente a pesticidi e altre sostanze tossiche.
La presenza massiccia di queste sostanze compromette la salute e lo sviluppo delle popolazioni di primati, esposte all’inquinamento chimico anche in un’area protetta.
Lo studio sul “Biology Letters”
Un team internazionale di ricercatori, nello studio Associations between faecal chemical pollutants and hormones in primates inhabiting Kibale National Park, Uganda pubblicato su “Biology Letters”, ha condotto una ricerca su 4 specie di primati – scimpanzé, colobi rossi ugandesi, babbuini verdi e cercopitechi nasobianco del Congo –rilevando, nelle loro feci, livelli significativi di sostanze tossiche, come pesticidi e ritardanti di fiamma. I più colpiti risultano essere le femmine e i loro cuccioli.
L’accumulo di pesticidi e ritardanti di fiamma danneggia seriamente la funzione endocrina, impattando sulla salute e sullo sviluppo delle scimmie. Come ha evidenziato la ricercatrice Tessa Steiniche, «l’alterazione endocrina nei giovani è particolarmente preoccupante perché l’esposizione a queste sostanze chimiche durante i periodi critici dello sviluppo può avere un impatto davvero duraturo».
La novità dello studio consiste nella comprensione, in loco, dell’esposizione dei primati agli inquinanti (dati questi ancora molto limitati per i ricercatori). Le analisi sono state condotte attraverso un biomonitoraggio non invasivo, attraverso il quale nei 71 campioni esaminati è stata identificata la presenza, nelle feci dei primati, di 97 inquinanti chimici. Lo studio dimostra anche che l’analisi condotta è poco invasiva, ma perfettamente adatta all’esame delle associazioni inquinanti-ormoni nei primati selvatici e in altre popolazioni selvatiche critiche.
ll Kibale National Park
ll Kibale National Park nell’Uganda occidentale protegge alcune delle ultime distese rimaste di foresta submontana nell’Africa orientale e ospita molte specie di primati.
I terreni circostanti sono utilizzati principalmente per l’agricoltura di sussistenza su piccola scala e piantagioni di tè su larga scala. Questo tipo di coltivazioni, l’urbanizzazione attorno alla foresta, ma anche attività di ricerca ed ecoturismo: insomma tutte attività antropiche che non garantiscono una salvaguardia completa delle scimmie, nonostante queste vivano in un’area protetta.
Non si può escludere che lo studio sia solo la punta dell’iceberg e che le sostanze chimiche riscontrate siano solo una parte di quelle che i primati incontrano tutti i giorni.

Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).
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