Vitorchiano: la testa dell’Isola di Pasqua da visitare nel Lazio

Vitorchiano: la testa dell’Isola di Pasqua da visitare nel Lazio - immagine di copertina

    C’è un angolo del Lazio dove la pietra racconta storie che arrivano da molto, molto lontano. E non è un modo di dire. A Vitorchiano, borgo medievale incastonato tra i boschi della Tuscia viterbese, si erge un’enigmatica presenza: un moai, ovvero una delle celebri teste scolpite dell’Isola di Pasqua. Solo che qui siamo a due passi da Roma, non nell’Oceano Pacifico. Eppure l’atmosfera, davanti a questa figura arcana di basalto, è la stessa: un silenzio sospeso, una domanda senza risposta, una curiosità che si apre come un ventaglio di possibilità. Perché c’è un moai nel cuore dell’Italia centrale, proprio a Vitorchiano? E chi l’ha scolpito? La risposta c’è, ed è una di quelle storie che meritano di essere raccontate.

    Una scultura autentica, non una copia

    Iniziamo da un dettaglio fondamentale: il moai di Vitorchiano non è una riproduzione commerciale né un’installazione effimera. È una vera scultura, realizzata nel 1990 da undici indigeni dell’isola di Rapa Nui, invitati in Italia per una collaborazione culturale unica nel suo genere. Utilizzando il peperino, la pietra vulcanica tipica della zona, gli artigiani polinesiani scolpirono questa imponente testa di circa sei metri seguendo le tecniche tradizionali. Il risultato è straordinario: un’opera che unisce il linguaggio ancestrale dell’Isola di Pasqua con la materia viva del suolo laziale. Un ponte di pietra tra mondi che raramente si toccano.

    Perché proprio a Vitorchiano?

    Il motivo non è casuale. Vitorchiano, grazie alle sue cave e alla qualità del peperino locale, venne scelto come sede ideale per questo esperimento di dialogo tra culture. La scultura fu anche un gesto simbolico: l’UNESCO cercava una soluzione alla progressiva erosione delle statue originali sull’Isola di Pasqua, minacciate dagli agenti atmosferici. Il moai laziale, quindi, nacque come tentativo di preservare la memoria e la tecnica di un’arte millenaria, in un luogo che offrisse stabilità e visibilità.

    Un borgo che merita la visita

    Ma il moai non è l’unica ragione per cui Vitorchiano vale il viaggio. Il borgo, affacciato su uno sperone di roccia con vista vertiginosa sulla valle sottostante, è uno scrigno di architetture medievali, vicoli in pietra, scorci intatti che sfidano il tempo. È un paese silenzioso e autentico, dove le case sembrano scolpite nella roccia più che costruite. Passeggiare tra le sue vie è come entrare in una parentesi sospesa tra civiltà etrusca e memoria contadina. E ora anche con un tocco di Pacifico, a rendere l’esperienza ancora più inaspettata.

    La bellezza dell’assurdo possibile

    C’è qualcosa di profondamente poetico nel vedere un moai immerso nella campagna laziale. È un cortocircuito geografico e culturale che solo l’arte e la memoria possono rendere plausibile. Il suo volto impassibile scruta l’orizzonte come se attendesse un segnale. E forse il segnale siamo noi, visitatori distratti, che arriviamo fin qui per vedere “la testa dell’Isola di Pasqua” e finiamo per scoprire, in controluce, un’Italia laterale, colta, generosa, capace di accogliere senza imitare.

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    tags: viaggio

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