Olio di palma: il solo nominarlo fa rabbrividire salutisti ed ecologisti di ogni età e nazione. Eh sì, perché questo specifico alimento ha un enorme potenziale distruttivo, certificato sull’ambiente, un po’ più discutibile sulla salute umana.
Ecco allora che, rispondendo a un vertiginoso calo delle vendite, tanti produttori di merendine, prodotti semilavorati e chi ne ha più ne metta, hanno messo nero su bianco sulle confezioni dei loro prodotti la voce “senza olio di palma”.
Eppure, subdolamente, si nasconde nella lista ingredienti, e probabilmente continuiamo a consumarlo senza rendercene conto. Leggere le etichette è sempre buona norma, tanto nel beauty quanto nell’alimentazione, soprattutto se la voce olio di palma adesso trova tutt’altra dicitura. Scopriamo di più.
Che cos’è l’olio di palma
L’olio di palma è l’olio vegetale più utilizzato al mondo: è incredibilmente versatile, si può trovare ovunque, dalle merendine ai biocarburanti.
Viene estratto, appunto, dai frutti dell’albero della palma (Elaeis guineensis): a temperatura ambiente, si presenta solido come se fosse un burro di origine animale. Se non viene raffinato, essendo ricco di betacarotene, ha un colore arancione.
Nell’industria alimentare quello più utilizzato è l’olio di palmisto che deriva dai semi della stessa pianta, è di colore giallo e contiene un’alta concentrazione di acido laurico, ovvero un acido grasso saturo. Le principali obiezioni in tema di salute derivano proprio da questa particolare caratteristica: se l’olio di palma contiene circa il 50% di grassi saturi, l’olio di palmisto può contenerne fino all’80%.
Avendo una resa maggiore rispetto ad altre colture di olio vegetale e grazie a costi bassissimi di manodopera, il suo impiego è aumentato notevolmente nel tempo. Tanto che da piccole realtà sostenibili e su scala ridotta, l’elevata domanda ha creato la necessità di piantagioni su larga scala.
Qual è il suo impatto?
La produzione di elevate quantità di olio di palma ha un effetto devastante sull’ambiente: proprio per fare spazio alle coltivazioni, vaste aree di foreste tropicali vengono convertite a questo scopo. Un danno enorme per biodiversità ed ecosistemi, visto che si vanno a intaccare gli habitat di oranghi e altre specie in via d’estinzione, come tigri, rinoceronti ed elefanti. L’orango del Borneo, a rischio di estinzione, e l’orango di Sumatra, in grave pericolo di estinzione, hanno ridotto il loro habitat del 50% solo negli ultimi vent’anni: la popolazione complessiva di oranghi risulta oggi dimezzata. La produzione massiccia di olio di palma ha effetti diretti anche sulle popolazioni locali, visto che gli abitanti delle foreste vengono allontanati dalle loro terre.
Nel frattempo però la produzione globale di olio di palma è più che quadruplicata, passando da 15 milioni di tonnellate nel 1995 a 66 milioni di tonnellate nel 2017. Anche se la domanda di olio di palma può risultare difficile da contenere, i consumatori possono svolgere un ruolo chiave nella riduzione della sua produzione, grazie al loro potere di acquisto.
L’olio di palma fa male alla salute?
Quando si parla di olio di palma, va anche sottolineato l’effetto sulla salute umana. Sia l’olio di palma che quello di palmisto contengono elevate quantità di grassi saturi, pericolosi per la salute di arterie e cuore.
Nel 2016, l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato uno studio che rivelava che questi oli, se sottoposti a temperature oltre i 200°C e in alte concentrazioni, possono produrre delle sostanze genotossiche, ovvero sostanze che mutano il patrimonio genetico delle cellule. Una concentrazione così elevata che è difficile che possa essere assunta in un’alimentazione comune: ecco perché l’EFSA non ha chiesto il divieto di questo olio. Va anche sottolineato, infatti, che il contenuto di queste sostanze nei prodotti industriali è diminuito notevolmente negli ultimi anni grazie ad alcuni cambiamenti nei processi di produzione. EFSA ha aggiornato, nel 2018, la sua valutazione su queste sostanze genotossiche, aumentando la soglia tollerabile del 3-MCPD da 0,8 microgrammi per chilo al giorno a 2 microgrammi per chilo al giorno.
Anche altri oli vegetali possono sviluppare sostanze di questo tipo, in concentrazione comunque minore, con effetti ugualmente nocivi. Buona norma è comunque non abusare di cibi che contengano olio di palma, per ridurre il rischio di entrare a contatto con queste sostanze.
In quali alimenti è presente?
L’olio di palma si trova in moltissimi alimenti, molti dei quali insospettabili. Leggere l’etichetta ci permette di sapere se un prodotto lo contiene ed evitare così di consumarne troppo e troppo spesso.
Tra i prodotti che utilizziamo più spesso e in cui l’olio di palma figura tra i primi ingredienti, ci sono merendine, brioche, torte industriali, snack, biscotti, pancarrè, creme spalmabili, crackers, fette biscottate, patatine in busta. E ancora margarina, panna vegetale, gelati confezionati, pizze surgelate, cotolette, zuppe, brodi e molti piatti pronti o surgelati.
Quali sono le principali alternative?
Sono diverse le alternative all’olio di palma.
Tra le alternative migliori rientra sicuramente l’olio di semi di girasole, noto per il suo sapore delicato e il suo colore dorato. Questo olio non solo rappresenta una valida alternativa all’olio di palma ma è anche ricco di benefici per la salute: previene malattie cardiovascolari e riduce il colesterolo nel sangue.
Anche l’olio di semi di soia è un’alternativa a quello di palma: derivato da uno dei legumi più prodotti al mondo, la soia, è un’altra opzione da considerare. La soia è particolarmente popolare nelle diete vegetariane e vegane grazie al suo alto contenuto proteico. Può essere utilizzato solo a basse temperature, evitando le fritture, come nel caso dell’olio di girasole.
L’olio d’oliva, noto per la sua alta qualità, è senza dubbio la migliore alternativa all’olio di palma, anche se spesso trascurato a causa del costo più elevato e delle sue caratteristiche. L’olio di mais, estratto dall’omonima pianta, è utilizzato per la preparazione di biscotti e snack. È meno costoso dell’olio d’oliva ma ha un sapore più delicato.
L’olio di cocco, derivato dal cocco, è ideale per la cottura ad alte temperature, ma a causa del suo sapore forte, è sconsigliato per alcune preparazioni.
Il burro, sebbene contenga grassi saturi di origine animale, è una delle alternative più antiche all’olio di palma. Negli ultimi anni, sono emerse varianti e metodi per ottenere burro da alimenti di origine vegetale. Infine, anche la margarina può essere una buona alternativa, sia dal punto di vista nutrizionale che ambientale, a patto che non sia idrogenata e che non sia prodotta con olio di palma.
Tutti i nomi dell’olio di palma
Un interessante articolo su TreeHugger, importante sito di informazione sulla sostenibilità, ha elencato i vari nomi con cui viene indicato l’olio di palma sulle etichette degli alimenti più consumati.
Scopriamo insieme quali sono:
- Elaeis guineensis oil
- Etile palmitato – Ethyl palmitate
- Glicerolo
- Gliceridi di palma idrogenati – Hydrogenated Palm Glycerides Citrate
- Ottilpalmitato – Octyl Palmitate
- Olio di frutti di palma
- Palmisti
- Olio di palmisto
- Stearina di palma
- Palmitato
- Acido palmitico
- Palmitoil isostearamide
- Palmitoyl tetrapeptide-3
- Acido palmitico
- Palm-oleina
- Kernelato di sodio
- Lauril solfato di sodio (SLS)
- Kernel di palma di sodio
- Stearato
- Acido stearico
- Grasso vegetale
- Olio vegetale

Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).