A inizio luglio, è stata presentata Dedicata a Te, la social card pensata per gli acquisti di beni alimentari di prima necessità. Promossa come “un piccolo ulteriore aiuto verso le famiglie in difficoltà”, questo provvedimento era stato preannunciato qualche tempo fa dal Ministro Lollobrigida.
Fin da subito non sono mancate perplessità collegate ai requisiti per l’assegnazione della social card, alla lista dei beni considerati di prima necessità e alla politica stessa di un supporto alle famiglie da attivare una tantum.
Dedicata a te: come funziona la nuova social card
Il nuovo provvedimento per le famiglie in difficoltà proposto dall’attuale Governo verrà quindi erogato attraverso una carta di pagamento prepagata, sulla quale verrà caricato un credito di 382,50 euro.
Il credito della social card dovrà essere utilizzato per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità selezionati direttamente dal MASAF – non per l’acquisto di farmaci o per pagare bollette – presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari.
Il Ministero ha stipulato alcuni accordi con diversi esercizi, appartenenti alla Grande Distribuzione Organizzata e non solo, che attraverso specifiche convenzioni prevedono l’applicazione di un ulteriore sconto del 15% per i possessori delle carte.
A beneficiare della card Dedicata a Te, tutti i cittadini residenti nel territorio italiano, appartenenti a nuclei familiari composti da almeno tre persone e con una certificazione ISEE inferiore ai 15 mila euro. Non accederanno alla card, coloro che già percepiscono Reddito di cittadinanza, il Reddito di inclusione o qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà. Il contributo non sarà erogabile anche nel caso in cui un membro della famiglia percepisca già NASPI e indennità per la disoccupazione, indennità di mobilità, fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito, Cassa integrazione e altre forme di integrazione salariale per disoccupazione involontaria.
La social card si può ritirare negli uffici di Poste Italiane, dopo aver ricevuto la comunicazione inviata dal Comune di residenza, che si sarà occupato, assieme alle banche dati Inps, dell’individuazione dei nuclei familiari con tutti i requisiti.
Per attivarla, occorre effettuare un primo pagamento entro il 15 settembre, pena la perdita dell’importo. Il credito andrà speso entro il 31 dicembre.
Quali sono i cibi considerati di prima necessità
Ok lo zucchero, ma non il sale; sì le camomille e miele, ma non tisane e marmellate. Va bene il pesce fresco, ma non il tonno in scatola o il pesce surgelato.
Consentiti poi carne, latte e derivati, uova, caffè, tè, miele, aceto di vino (ma non quello di mele o balsamico), oli d’oliva e di semi, pane, frutta e verdura.
La lista di beni di prima necessità a cui si può accedere grazie alla card Dedicata a Te ha lasciato non pochi dubbi e perplessità. Perché sebbene la presenza di una lista che imponga delle restrizioni sia una scelta intelligente, resta da capire la ragione per cui alcuni cibi sono consentiti (la quasi frivola pasticceria) e altri no (l’indispensabile sale).
Scelte che appaiono quasi arbitrarie e che hanno suscitato commenti ironici o indignati anche sui social. Maria Cecilia Guerra, deputata del PD, ha twittato: «Mai il paternalismo di Stato (sei povero? decido io quel che è bene per te) si era spinto a tanto».
La social card combatte l’inflazione?
Oltre alla contestata lista di beni alimentari di prima necessità, occorre fare una riflessione su costi e benefici della card.
Partiamo innanzitutto dai numeri di propaganda. Il provvedimento è costato allo Stato 500 milioni di euro solo per quest’anno e aiuterà un totale di 1 milione e 300 mila famiglie, ovvero “quelle più colpite dall’inflazione” (come recita lo spot ministeriale).
L’importo della card 382,50 euro equivale a poco più di 30 euro al mese, circa un 1 euro al giorno (l’aiuto giornaliero scende a 30 centesimi a testa, considerando un nucleo familiare di tre persone). La social card è riservata solo alle famiglie con figli (con priorità per quelle con almeno un figlio sotto i 14 anni), penalizzando famiglie che hanno figli più grandi o i single. Una misura quindi accessibile a un numero abbastanza limitato di individui, che intercetta solo una parte delle persone in difficoltà nel nostro Paese.
Il problema dell’inflazione ha colpito molte delle famiglie italiane. Si stima che, per una coppia con due figli a carico, l’importo speso a causa dell’aumento dei prezzi sarebbe di 1830 euro in più all’anno, di cui poco meno di 900 euro solo per i rincari sul cibo.
Ecco quindi, se la social card nasce proprio per contrastare l’inflazione, è sufficiente un contributo di questa entità, erogato una tantum? O ci troviamo di fronte a un altro provvedimento di stampo assistenzialista, che distribuisce le risorse di Stato a forza di contentini?

Nata a Roma nel 1993, si è laureata in Lettere, con specializzazione in Storia Contemporanea. Attenta al mondo che la circonda, crede fortemente nel potere della collettività: ognuno, a modo suo, può essere origine del cambiamento. Amante del cinema e della letteratura, sogna di scrivere la storia del secolo (o almeno di riuscire a pensarla).
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