Bed rotting: perché sempre più persone restano a letto per ore

Il bed rotting, letteralmente “marcire a letto”, è una tendenza diffusa sui social che riflette il bisogno di fermarsi in un mondo frenetico. Può essere un’occasione di relax se praticato con misura, ma diventa un problema quando si ripete troppo spesso e compromette vita sociale, lavoro e benessere. Riconoscerlo aiuta a distinguere il semplice riposo da possibili segnali di disagio psicologico

Restare a letto a lungo, anche dopo il risveglio, non è più soltanto un’abitudine saltuaria: oggi ha un nome preciso, bed rotting, ed è diventato un vero e proprio fenomeno sociale, con milioni di visualizzazioni su TikTok e altri social.

L’espressione, che significa letteralmente “marcire a letto”, riflette un bisogno profondo di rallentare in un mondo che ci spinge a essere costantemente produttivi e sempre connessi. Il letto diventa posto sicuro, luogo di riposo, decompressione e isolamento dal caos esterno. Il problema è che se questa pratica si ripete con troppa frequenza, può trasformarsi in un campanello d’allarme. Conoscere il bed rotting significa osservare più da vicino i nostri ritmi quotidiani, le pressioni sociali e i segnali del nostro corpo, per distinguere tra un gesto di cura personale e un comportamento che nasconde disagio.

Che cos’è davvero il bed rotting

Il bed rotting non è altro che il restare a letto volontariamente, svegli ma inattivi, spesso per ore o addirittura per giornate intere. Non è pigrizia: il termine descrive una condizione in cui la camera da letto diventa il centro di ogni attività, dal guardare serie tv allo scorrere lo smartphone, fino a consumare pasti sotto le coperte. Il nome, nato nei forum online e poi esploso su TikTok, richiama volutamente un’immagine estrema, quasi ironica, di “marcire a letto”. Questo rende bene l’idea della passività e della sospensione del tempo che caratterizzano questo argomento. È una tendenza che intercetta il desiderio di fermarsi, di sospendere gli impegni e allontanarsi, almeno temporaneamente, dalla frenesia della vita quotidiana.

I vantaggi e i rischi

Come molte abitudini, il bed rotting ha due facce. Se vissuto con equilibrio, rappresenta una pausa rigenerante: permette di rallentare, ridurre lo stress accumulato e ritagliarsi un tempo di calma, soprattutto nei fine settimana o nei momenti di maggiore stanchezza. Alcuni psicologi lo interpretano come una strategia di “self-care” spontanea, utile a ricaricare le energie fisiche e mentali, soprattutto in una società che lascia poco spazio al riposo autentico. I problemi emergono quando questa pratica diventa una regola e non più un’eccezione. Restare a letto a lungo toglie tempo ad attività fondamentali come socializzare, muoversi, lavorare o prendersi cura della propria casa. Inoltre, trascorrere ore con lo smartphone o sui social può generare ansia, confronto negativo e peggioramento dell’umore, creando un circolo vizioso difficile da interrompere. Anche il sonno notturno rischia di essere compromesso, perché passare molto tempo a letto durante il giorno altera i naturali ritmi circadiani. In poche parole: una pratica benefica se saltuaria, ma dannosa se quotidiana o vissuta senza consapevolezza.

Perché ci rifugiamo a letto

Il successo del bed rotting racconta molto della società in cui viviamo. In un’epoca che celebra la produttività continua, scegliere di restare a letto equivale, in parte, a un piccolo gesto di ribellione.

Non sorprende che sia diffuso soprattutto tra giovani e studenti, che vivono tra carichi scolastici, pressioni sociali e un costante bombardamento digitale. Restare a letto diventa così un modo per procrastinare, rimandare le responsabilità o semplicemente concedersi un momento di sospensione. Allo stesso tempo, è anche una ricerca di comfort e protezione: lo spazio intimo della camera da letto appare come un posto tranquillo dal caos, un luogo in cui non serve performare o mostrarsi attivi. Per qualcuno è solo relax, per altri può rappresentare il bisogno di rallentare in modo estremo. Infatti, molti esperti sottolineano che il bed rotting non è automaticamente un segnale patologico, ma un comportamento da interpretare alla luce del contesto in cui nasce.

Quando il bed rotting si trasforma in un problema

Riposare più del solito non è di per sé preoccupante, anzi: a volte è il corpo stesso a chiedere un surplus di riposo. Ma, se il bed rotting occupa intere giornate, si ripete con frequenza o interferisce con lavoro, scuola e relazioni, allora può diventare un segnale da non ignorare. Quando il letto diventa una soluzione costante per evitare impegni, responsabilità o emozioni difficili, è possibile che dietro ci siano condizioni come ansia o depressione. Anche la sensazione di sentirsi “in colpa” dopo essere rimasti ore sotto le coperte è un indicatore da tenere in considerazione, perché rivela che l’abitudine non porta benessere ma frustrazione. Se la permanenza a letto diventa sistematica, accompagnata da apatia o difficoltà a ritrovare energia, può essere utile parlarne con un professionista. In questi casi, non si tratta più di relax ma di un comportamento che compromette lo stato d’animo e la qualità della vita.

Conoscere per prendersi cura di sé

Il bed rotting non va demonizzato, ma osservato con consapevolezza. Può essere un modo per recuperare energie e fermarsi un attimo, ma può diventare un segnale di disagio se praticato troppo spesso e senza criterio. Conoscere il fenomeno significa saper distinguere quando si tratta di semplice riposo e quando invece nasconde qualcosa di più profondo. Parlare di questi temi è fondamentale per abbattere i tabù legati alla salute mentale e per ricordare che chiedere aiuto, se necessario, è sempre un passo di forza e non di debolezza. È importante avere consapevolezza  delle nostre abitudini, per imparare a prenderci cura di noi stessi.

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