Cibo sostenibile: nessuno - neanche l'Europa - sa esattamente cosa sia

Il concetto di cibo sostenibile è ancora un labirinto di definizioni vaghe e contraddittorie. L’Europa tenta di regolamentarlo, ma tra greenwashing e interessi economici, la chiarezza è un’utopia. Cosa significa davvero?

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    La sostenibilità alimentare è un concetto tanto discusso quanto sfuggente. L’Unione Europea, tra strategie, regolamenti e certificazioni, ha tentato di dare una forma a questa nebulosa idea, senza mai definirla con precisione. In un panorama in cui abbondano etichette verdi e sigle accattivanti, il consumatore medio si trova intrappolato in un labirinto di informazioni contraddittorie. Ma se nemmeno Bruxelles riesce a stabilire cosa sia realmente il cibo sostenibile, chi può farlo?

    Certificazioni alimentari: un arcobaleno di incertezze

    Dal 2007, il marchio biologico è obbligatorio nell’UE per i prodotti che contengano almeno il 95% di ingredienti biologici. Una garanzia di sostenibilità? Non proprio. La normativa stabilisce standard di produzione ecologica, ma non abbraccia l’intero spettro della sostenibilità, che include impatti sociali, economici e ambientali.

    Nel 2020, con la strategia “Dal produttore al consumatore”, l’UE ha promesso un sistema alimentare sostenibile, riducendo l’impatto ambientale e promuovendo la salute. Peccato che tra le pieghe di questo ambizioso programma manchi una definizione univoca di “cibo sostenibile”. Si parla di buone intenzioni, ma senza criteri chiari, resta tutto nel limbo delle dichiarazioni di principio.

    E poi c’è l’ISCC (International Sustainability and Carbon Certification), un sistema di certificazione globale che assicura la sostenibilità lungo le catene di approvvigionamento. Peccato sia specifico per biomasse e lasci fuori interi settori alimentari. Se cercavate un sigillo universale, siete fuori strada.

    Troppe etichette, poca chiarezza

    Il mercato delle certificazioni alimentari è una giungla. Biologico, Fair Trade, Rainforest Alliance, ISO 14001, EquiPlanet: ogni marchio copre un pezzetto di sostenibilità, ma nessuno offre una visione d’insieme. Il risultato? Confusione totale per i consumatori, che si trovano a decifrare loghi e bollini senza strumenti adeguati.

    Un altro problema? I conflitti d’interesse. I produttori pagano gli enti certificatori, sollevando legittimi dubbi sulla trasparenza del sistema. Se chi vende il prodotto finanzia anche la sua certificazione, l’affidabilità delle garanzie offerte potrebbe essere meno solida di quanto appare.

    Criteri frammentati e normative a macchia di leopardo

    Mentre le produzioni biologiche devono seguire rigidi standard, le indicazioni geografiche non hanno requisiti di sostenibilità ambientale paragonabili. Questo porta a un paradosso: un formaggio DOP può avere una filiera con elevato impatto ambientale, ma portare un marchio che ne esalta la qualità. Si tratta di sostenibilità o solo di marketing ben confezionato?

    In questo scenario, diverse certificazioni provano a colmare le lacune. EquiPlanet, ad esempio, si ispira all’Agenda ONU 2030, valutando parametri come energia rinnovabile e mobilità sostenibile. Positive Food assegna punteggi ESG basati su ambiente, inclusione sociale e trasparenza della filiera. Ma senza un quadro normativo unitario, questi sistemi restano iniziative frammentarie, non soluzioni definitive.

    Il grande equivoco della sostenibilità

    Siamo davanti a un paradosso: l’UE vuole promuovere un sistema alimentare sostenibile, ma non ha ancora stabilito cosa significhi. Mancano parametri comuni, controlli efficaci e una definizione chiara. Nel frattempo, le aziende si destreggiano tra certificazioni di parte e strategie di marketing verde, mentre i consumatori restano in balia di scelte poco informate.

    La domanda resta aperta: cosa è davvero il cibo sostenibile? Forse, la vera sostenibilità non sta nei bollini, ma in un sistema che riduca sprechi, promuova filiere corte e garantisca accesso equo alle risorse. Ma fino a quando non ci sarà una definizione univoca, ci toccherà navigare a vista tra etichette, promesse e buone intenzioni.

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