Da quando Elon Musk ha acquisito il social network Twitter trasformandolo in X, sembrano essere aumentati i problemi di disinformazione legati a temi molto caldi, come i cambiamenti climatici e ultimamente il conflitto tra Israele e Palestina.
La situazione sembra essere peggiore di quel che sembra, secondo il Climate of Misinformation report, che analizza la politica di controllo, analisi e filtro delle informazioni, con particolare attenzione alle fake news su temi sensibili, X si classifica all’ultimo posto tra le maggiori piattaforme tecnologiche.
Analizziamo quindi la situazione per capire da dove derivano questi dati e come stanno effettivamente le cose.
Da Twitter a X
Twitter è sempre stato uno dei social network più controversi dal punto di vista delle fake news e dell’utilizzo dei media per proporre una propaganda faziosa. Sono oramai noti diversi casi di installazione di bot che bombardavano la piattaforma con notizie a favore di determinati partiti politici o eventi di natura internazionale: dalle elezioni americane influenzate dai bot russi, sino ad arrivare addirittura a server mirati a direzionare la politica della nostra Nazione.
La piattaforma acquisita da Elon Musk è sempre stata un contenitore di disinformazione, ma certamente il passaggio a X non ha aiutato.
Il report sulla disinformazione climatica analizza elementi come la privacy policy, la presa di posizione sulle tematiche legate al clima, l’efficienza del controllo delle informazioni e in generale tutto ciò che ruota attorno a questi argomenti. Elon Musk ha licenziato circa metà dei dipendenti addetti a questi settori della piattaforma e non si è particolarmente preoccupato di gestire le questioni legate al controllo delle informazioni.
Recentemente, proprio in occasione delle ultime notizie sul conflitto tra Israele e Palestina, il commissario dell’Unione Europea Thierry Breton ha accusato la piattaforma X di favorire la disinformazione su questo argomento attraverso una totale assenza di censura.
Elon Musk ha risposto chiedendo una lista delle violazioni effettive accusate dall’Unione Europea, ma il dibattito sembra essersi fermato qui.
Unione Europea vs Elon Musk
Il primo elemento interessante di questa vicenda è legato a una domanda che sembra assurda, ma che probabilmente è il caso di farsi più spesso: è più importante Elon Musk o l’Unione Europea? Considerando le risorse economiche e tecnologiche delle grandi aziende tecnologiche mondiali, come quelle che possiedono i social network, i motori di ricerca o l’impero dello stesso Musk, chi pesa di più sul piano politico internazionale tra queste aziende e gli Stati, o tra queste aziende e l’Unione Europea o il Presidente degli Stati Uniti?
Domanda complessa, ma alcuni comportamenti lasciano intendere che oramai siano le aziende tecnologiche a comandare.
Le nota dell’Unione Europea necessita per legge una risposta entro 24 ore, risposta che Elon Musk si è permesso di non dare. Allo stesso modo, nella vicenda Cambridge Analytica, Mark Zuckerberg si è permesso di non presentarsi diverse volte al processo che lo vedeva sotto accusa.
Non sono molte le personalità al mondo che possono permettersi un simile comportamento senza pagarne le conseguenze.
Disinformazione e social network
Detto ciò, ritorniamo alla questione che ha coinvolto il social network X e il suo disastroso rating nella lotta alla disinformazione sui cambiamenti climatici. Se X ha i peggiori voti, le altre piattaforme non sono molto migliori.
Come detto, il report sulla disinformazione tiene conto di diversi fattori, come la trasparenza sulla gestione delle informazioni. Ciò significa che una privacy policy ben fatta può essere considerata un elemento positivo, ma ciò non implica che tale policy venga fatta effettivamente rispettare.
In generale infatti i punteggi delle piattaforme sono piuttosto bassi, con Pinterest in cima alla classifica con 12 su 21 punti rispettati, poco più del 50%.
Non si ha infatti l’impressione che ci sia un effettivo controllo delle informazioni sui social, anche se in realtà sarebbe un discorso valido per tutti i media. La disinformazione politica è all’ordine del giorno, testate create ad hoc per cambiare le informazioni hanno più follower di giornali credibili, e pratiche come il deep fake utilizzano proprio i social network come trampolino di lancio. Non c’è poi un’analisi della quantità di notizie a favore o contro un determinato argomento o partito, in generale in caso di scelta doppia non sembra esserci quella par condicio che dovrebbe rappresentare la base di una scelta equa.
Una volta che una notizia diventa virale sui social il dado è tratto. Eventuali pene o ammende non sono proporzionate all’impatto che i social hanno sulle informazioni che veicolano e sugli eventi in generale, ed è proprio questo il fattore che ne permette un uso ambiguo.
Nonostante tecnologie e lotta alle fake news avanzino, è davvero complesso comprendere quale possa essere una soluzione per il futuro.

Alessandro Chiarato, nato nella ridente città di Rovigo nel 1988, si occupa di comunicazione e marketing digitale con grande attenzione alle questioni legate all’utilizzo (o all’abuso) dei dati. Appassionato di tecnologia, guarda speranzoso alle innovazioni che arrivano da tutto il mondo in attesa di vedere una maggiore e reale attenzione verso le problematiche principali del nostro Pianeta e della nostra quotidianità, che riguardano quindi ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo.