
In Italia, la violenza sulle donne non è un’emergenza, ma un problema strutturale e culturale: definirla emergenza implica che sia una situazione straordinaria, quando invece si tratta di una realtà quotidiana e sistemica. I femminicidi e gli abusi sono il riflesso di un sistema patriarcale che continua a relegare le donne a una posizione subordinata. Questo fenomeno non riguarda solo il nostro Paese, ma è diffuso a livello globale, radicato in culture che perpetuano disuguaglianze e stereotipi di genere.
In Italia, i dati confermano che la violenza contro le donne si manifesta in ogni ambito: tra le mura domestiche, sul posto di lavoro e nei contesti sociali. È una questione che non può essere affrontata solo con interventi di emergenza, ma richiede un cambiamento profondo nelle dinamiche culturali e nelle politiche di prevenzione.
Senza dubbi, quindi, celebrare una Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne sta acquisendo un forte valore simbolico negli ultimi anni, come dimostra, ad esempio, l’incremento di chiamate al numero di emergenza 1522 proprio in questa giornata e la grande adesione alle manifestazioni. Ma la strada è ancora lunghissima: il patriarcato non è finito, non è semplicemente un miraggio, ma è un sistema di valori ben preciso a cui ancora attinge una grande fetta della popolazione.
Perché si parla di patriarcato
Il patriarcato è un sistema sociale in cui gli uomini detengono la maggior parte del potere, lasciando le donne e altri generi in una posizione subordinata. Si basa su gerarchie di genere, con ruoli rigidi: gli uomini dominano in famiglia, nella politica, nell’economia e nelle istituzioni, mentre le donne sono spesso relegate a ruoli marginali o privati.
Questo modello si tramanda attraverso norme culturali, stereotipi e istituzioni che perpetuano il controllo maschile. In pratica, il patriarcato stabilisce chi comanda e chi deve adattarsi, influenzando tutto: dalla famiglia alle leggi, dalle carriere alle libertà personali.
Ma cosa c’entra con la violenza di genere e i femminicidi? La risposta è ovvia: si tratta di un sistema che insegna agli uomini a controllare le donne, usando anche la violenza se necessario, e considera il dominio maschile come naturale. In questo contesto, la gelosia diventa “amore”, il controllo è visto come “protezione” e la violenza è spesso giustificata.
Gli stereotipi patriarcali spingono gli uomini a dimostrare forza e potere, mentre alle donne viene imposto di essere sottomesse e accondiscendenti. Questo crea una cultura dove la violenza non solo è accettata, ma viene minimizzata. Se una donna subisce, viene colpevolizzata; se denuncia, spesso non viene creduta.
Il femminicidio è l’atto finale di una dinamica di controllo, il punto in cui l’uomo non accetta di perdere potere.
I dati sul femminicidio in Italia
Tra il 1° gennaio e il 18 novembre 2024, in Italia sono state uccise 99 donne, come denunciano i numeri dell’XI Rapporto Eures. I casi si concentrano maggiormente nelle regioni del Centro Italia, con una diminuzione registrata al Nord e al Sud. Particolarmente preoccupante è l’incremento nei piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti, dove l’isolamento sociale potrebbe contribuire a rendere più difficili le denunce e l’intervento.
Le donne over 65 rappresentano una quota rilevante delle vittime: sono state 37 nei primi undici mesi del 2024, pari al 37,4% del totale.
I femminicidi sono spesso commessi da familiari stretti, in particolare coniugi o figli. Parallelamente, cresce anche il numero delle figlie uccise, che passano da 5 a 9 rispetto all’anno precedente. Queste vittime, spesso giovanissime, sono coinvolte in stragi familiari come conseguenza della violenza diretta verso le madri.
Un dato significativo riguarda gli autori dei femminicidi. Aumentano gli under 25 coinvolti, passati da 4 a 12, mentre la fascia di autori con oltre 64 anni rimane predominante con 27 casi (27,8%). Sul fronte delle vittime straniere, si registra un incremento del 41,2%: queste rappresentano ora il 24,2% del totale, con 24 donne uccise tra il 2023 e i primi mesi del 2024. In controtendenza, il numero di vittime italiane cala del 21,1%, da 95 a 75.
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la nazionalità degli autori (tema molto caldo in questi giorni con le dichiarazioni del Ministro Valditara). I casi di femminicidio con vittime straniere sono commessi nel 45,8% dei casi da italiani, mentre solo il 4% dei femminicidi con vittime italiane vede coinvolti autori stranieri, in netto calo rispetto al 13,5% del 2023.
La violenza non è solo fisica
Ma quando parliamo di violenza non ci riferiamo solo a pugni o schiaffi. Si manifesta in tanti modi, alcuni visibili, altri subdoli e difficili da riconoscere. C’è la violenza psicologica, fatta di insulti, svalutazioni e controllo costante. È quel “Non sei capace di fare niente senza di me” che diventa una gabbia mentale. Poi c’è la violenza economica: il partner che gestisce i soldi, decide le spese e ti lascia senza un euro per costringerti a rimanere.
E poi mille altre forme di sopraffazione: revenge porn, cyberviolenza con minacce e messaggi offensivi, stalking e persecuzioni. Tutte con un elemento in comune: rubano autonomia, sicurezza e dignità.
Secondo l’Analisi criminologica della violenza di genere (Ministero dell’Interno) i dati relativi alla violenza di genere mostrano un preoccupante incremento.
Prendendo in esame il primo semestre del 2024 , notiamo:
- 9.911 gli atti persecutori (nel primo semestre 2023 erano 8.413)
- 15.924 i maltrattamenti contro familiari e conviventi (nel primo semestre 2023 erano 12.955)
- 3.031 le violenze sessuali (nel primo semestre 2023 erano 2.880)
Aumentano, rispetto al 2023, anche quasi tutti i reati legati al Codice rosso (ovvero quattro nuove fattispecie di reato introdotte con la Legge 69 del 2019). Nello specifico, prendendo in esame il primo semestre del 2024, sono stati denunciati:
- 698 casi di revenge porn (nel primo semestre 2023 erano 620)
- 1540 reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento (nel primo semestre 2023 erano 1170)
- 13 reati di costrizione o induzione al matrimonio (nel primo semestre 2023 erano 9)
- 40 reati di lesioni permanenti al viso (nel primo semestre 2023 erano 44)
Cosa si sta facendo e cosa manca
Secondo i dati ISTAT, il 28,1% delle donne che subiscono violenza dal partner non ne parla con nessuno. Solo il 12,2% delle violenze da parte del partner viene denunciato, e per le violenze di non partner la percentuale scende al 6%.
Dati preoccupanti che ci dimostrano che la strada è lunghissima.
In Italia, ci sono oggi 816 centri antiviolenza e case rifugio. Queste strutture offrono un primo supporto alle vittime, ma spesso operano con risorse limitate. Nonostante l’aumento dei fondi destinati al contrasto della violenza di genere, molte organizzazioni denunciano ritardi nei finanziamenti e difficoltà a garantire supporto continuativo.
A livello istituzionale, il Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne è stato aggiornato con nuovi obiettivi, tra cui la promozione di percorsi educativi nelle scuole per prevenire la violenza e sensibilizzare le nuove generazioni. Tuttavia, la sua implementazione è ancora parziale, e le risorse stanziate risultano insufficienti. Sarebbe inoltre utile l’attivazione di percorsi di educazione sessuale che insegnino ai giovani uomini la cultura del rispetto e non quella della sopraffazione, allontanandoli da altre forme non adatte di educazione (come la pornografia) o comunque aiutandoli a interpretarle.
Un’altra area critica è l’accesso alla giustizia: molte vittime trovano ostacoli nel richiedere misure di protezione o nel portare avanti un processo legale.
Inoltre, la formazione delle forze dell’ordine e degli operatori giudiziari è spesso inadeguata, e ha conseguenze dirette sulla capacità di accogliere e gestire le denunce.
Ciò che manca, in pratica, è un approccio più coordinato e capillare, che coinvolga non solo le istituzioni ma anche il settore privato, le scuole e le comunità locali. Quindi che gestisca un problema sistemico.
L’importanza di una ricorrenza
Il tema della giornata è chiaro: parlare di violenza di genere aiuta più donne a chiedere aiuto. Ma come si può fare? Alimentando il dibattito, partecipando alle manifestazioni, mettendo in discussione schemi sociali considerati immutabili, informandosi e approfondendo il tema.
Le iniziative legate a questa ricorrenza sono tante, in diverse parti d’Italia. A Milano, dalle 10 alle 18 in piazza San Babila, si svolgerà l’evento Io non sto zitta. Rompiamo il silenzio. Uniti contro la violenza sulle donne, un appuntamento di sensibilizzazione sul tema. A Firenze, sono previsti circa 60 eventi sparsi in vari punti della città.
Sabato 23 novembre, a Roma si è tenuta la manifestazione organizzata dal movimento femminista Non Una Di Meno, con un corteo che ha coinvolto migliaia di persone: secondo gli organizzatori, circa 150mila. Il corteo è partito da Piazzale Ostiense ed è arrivato in Piazza Vittorio Emanuele II.
Insomma, abbiamo bisogno di una ricorrenza così importante. E lo dimostra anche il fatto che, nei giorni vicini al 25 novembre, si registra un aumento delle chiamate al 1522, il numero per le vittime di violenza e stalking.
Il 1522 è attivo 24 ore su 24, ogni giorno dell’anno, ed è gratuito su tutto il territorio nazionale. Garantisce anonimato e supporto in diverse lingue, tra cui italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo, ucraino, portoghese e polacco. Chiamalo, se sei in difficoltà.