Due notti consecutive. Due navi colpite. Due incendi domati, per ora senza vittime. Ma il messaggio sembra abbastanza chiaro: qualcuno vuole fermare la Global Sumud Flotilla, la missione internazionale partita con l’obiettivo di rompere l’assedio navale israeliano a Gaza e portare aiuti umanitari a una popolazione allo stremo.
Nella notte tra l’8 e il 9 settembre, mentre la nave ammiraglia Family Boat era ormeggiata nel porto di Sidi Bou Said, poco fuori Tunisi, un drone ha sorvolato la zona e sganciato un ordigno incendiario a bordo. Le fiamme sono divampate sul ponte ma sono state rapidamente contenute dall’equipaggio e fortunatamente non c’è stato nessun ferito. Mentre si diffondevano le immagini dell’attacco alla Global Sumud Flotilla, centinaia di persone sono scese in piazza a Roma per sostenere la missione. Un corteo partecipato e pacifico, ma determinato nel suo messaggio: la solidarietà internazionale verso Gaza non si arresta.
Secondo attacco nella notte del 10 settembre: le navi della Global Sumud Flotilla diventano bersagli
E poi questa notte, un secondo attacco. Stavolta nel mirino è finita la Alma, nave britannica anch’essa parte della flottiglia. Le dinamiche sono simili: un drone, un ordigno, un incendio sul ponte superiore. Anche in questo caso, nessun ferito, ma la sensazione di trovarsi di fronte a un piano preciso per ostacolare la missione.
Le autorità tunisine hanno rilasciato una nota ufficiale in cui negano la presenza di droni nei cieli del porto. Ma i video girati a bordo raccontano un’altra versione: si vedono esplosioni, si sentono sirene, si distinguono nitidamente i rumori di velivoli a bassa quota.
Per la Global Sumud Flotilla, non si tratta di episodi isolati né di coincidenze. Gli attivisti denunciano un attacco coordinato con l’intento di delegittimare l’azione umanitaria e deviare l’attenzione internazionale dalla tragedia quotidiana che si consuma nella Striscia di Gaza. La pressione diplomatica, già elevata, si inasprisce ulteriormente. La Tunisia, coinvolta suo malgrado, si trova al centro di un intricato nodo geopolitico in cui gli equilibri sono fragili e la posta in gioco è alta.
Una missione globale per rompere l’assedio e affermare il diritto alla vita
Partita il 31 agosto da Barcellona, la Global Sumud Flotilla è composta da oltre 50 imbarcazioni provenienti da 44 Paesi diversi. Una mobilitazione civile internazionale che unisce attivisti, medici, giornalisti e volontari. Tutti con un unico obiettivo: portare beni di prima necessità alla popolazione palestinese e denunciare le condizioni disumane imposte dal blocco navale israeliano (te ne abbiamo parlato qui).
La situazione a Gaza è al limite del collasso. Mancano medicinali, cibo, elettricità, acqua potabile. Intere comunità vivono sotto bombardamenti ricorrenti, con un sistema sanitario allo stremo e una crisi umanitaria che l’ONU definisce “catastrofica”. Di fronte a questa realtà, la Sumud Flotilla rappresenta non solo un gesto di supporto tangibile, ma anche un atto di disobbedienza civile contro un ordine internazionale che spesso sceglie l’inazione. Ogni attacco subito rafforza il messaggio della missione: la solidarietà non è un crimine, e il diritto all’aiuto umanitario non può essere ostacolato da intimidazioni, sabotaggi o giochi politici.