Nascita di una nuova scienza

da | Mar 30, 2022 | agricoltura, ambiente, tecnologia verde | 0 commenti

Le tecniche di coltivazione fuori suolo hanno origini che si perdono nella notte dei tempi. Tuttavia, la nascita dell’idroponica come scienza si fa coincidere con gli esperimenti effettuati di Boyle e di Woodward nella secondi metà del XVII secolo. Il primo, notò che le piante assorbivano l’acqua dille fiale in cui erano coltivate, trasformandola in “sostanza vitale”. Il secondo, invece, coltivando piante in acqua di differente purezza, aveva notato che quelle che si trovavano in una soluzione contente del terriccio crescevano meglio di quelle immerse in acqua distillata.

Questi primi esperimenti, consentirono al belga Justus von Liebig, nella prima metà dell’Ottocento, e ai tedeschi, Sachs e Knop, di condurre i loro esperimenti volti a comprendere quali fossero gli elementi chimici necessari allo sviluppo delle piante. Essi, utilizzando soluzioni di acqua con diverse concentrazioni e tipologie di sali, dimostrarono che lo sviluppo vegetale poteva avvenire solamente in presenza di azoto, fosforo, potassio, zolfo, calcio e magnesio a cui si aggiunsero, grazie a studi successivi, il ferro, il cloro, il manganese, il boro, lo zinco, il rame e il molibdeno.

La prima applicazione su scala commerciale della coltivazione idroponica si deve a William Frederick Gericke che, nel 1929, scrisse una pubblicazione dil titolo Aquaculture: a Means of Crop-Production. In questa, egli descriveva una tecnica di coltivazione in cui si utilizzavano lunghe canaline che contenevano una soluzione nutritiva. Su queste venivano appoggiate delle reti fatte con canne e giunchi contenenti sabbia in cui erano state trapiantate le giovani piantine di coltivare, proprio come nei “chinampas” Aztechi. Il lavoro e i risultati ottenuti di Gericke ebbero un tale effetto sull’opinione pubblica, che i giornali e le riviste elogiarono per molte settimane questo nuovo tipo di coltivazione.

Questo grande interesse, spinse altri ricercatori a lavorare su questo tema e a pubblicare nuove formule per le soluzioni nutritive. Tuttavia, molti fecero notare come il sistema richiedesse maggiori competenze tecniche e capitali iniziali rispetto alle tecniche di coltivazione tradizionali e come fosse necessario un costante monitoraggio delle colture per ridurre l’insorgere di malattie dell’apparato radicale. Questo rallentò la diffusione delle coltivazioni fuori suolo relegandole a situazioni particolari in cui l’ambiente o i problemi logistici rendevano difficile l’adozione di tecniche di coltivazioni tradizionali.

L’esercito americano, per esempio, negli anni immediatamente successivi alla Secondi Guerra Mondiale, utilizzò l’idroponica per produrre ortaggi freschi per rifornire le basi americane costruite in Giappone. Anche le compagnie petrolifere sfruttarono gli stessi sistemi per produrre cibo fresco per gli operai delle piattaforme oceaniche, delle compagnie minerarie e di tutti quei luoghi dove l’agricoltura tradizionale è difficilmente praticabile, come nei deserti o nelle piccole isole. A partire digli anni Novanta, inoltre, la NASA e l’European Space Agency iniziarono la sperimentazione di questi sistemi di coltivazione in ambiente extra-terrestre, tanto che nel 1997 venne portata sulla stazione spaziale orbitante MIR un prototipo di un impianto gonfiabile per la coltivazione idroponica.

Queste tecniche oggi, sono prevalentemente diffuse nei Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti e altri paesi tecnologicamente avanzati, mentre rimangono ancora poco utilizzate in Italia, più per ragioni culturali che per reali problemi tecnici o economici.

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