
Il 2025 non porta buone notizie per chi spera in un’inversione di tendenza. In Italia si continua a consumare acqua nelle bottiglie di plastica a ritmi impressionanti, nonostante la crescente attenzione pubblica verso la sostenibilità. Secondo i dati più recenti, ogni italiano consuma in media tra i 173 e i 208 litri di acqua in bottiglia all’anno, un dato che ci pone ai vertici della classifica mondiale, secondi solo al Messico. Il paradosso è evidente: mentre si celebra il progresso ecologico, il nostro Paese rimane dipendente da una delle fonti di inquinamento più pervasive e sottovalutate.
Il mercato della plastica: miliardi di bottiglie, milioni di euro
Ogni anno, in Italia, si stima vengano immesse sul mercato tra i 7 e gli 8 miliardi di bottiglie in plastica. È un flusso continuo e massiccio, che alimenta un mercato stimato in circa 416,8 milioni di euro secondo le più recenti analisi di settore. Alcune stime internazionali arrivano addirittura a quantificare il valore in oltre 429 milioni di dollari. Si tratta di cifre in crescita, trainate da un tasso medio annuo di sviluppo del 2,97%, che proietta il mercato in espansione fino al 2030. Dietro ogni sorso d’acqua c’è un’economia ben oliata, che convive però con un impatto ambientale enorme.
Riciclo e raccolta: luci e ombre
Nel 2023, ultimo anno con dati completi disponibili, COREPLA ha avviato al riciclo circa 1.042.000 tonnellate di imballaggi plastici, su un totale di 1.873.000 tonnellate immesse al consumo. In termini percentuali, significa che il 55,6% della plastica viene effettivamente raccolta in modo differenziato. Siamo quindi appena sopra la soglia minima fissata dall’Unione Europea per il 2030, ma ben lontani da un sistema virtuoso ed efficiente. Il restante 44% finisce in discarica, negli inceneritori o, nel peggiore dei casi, disperso nell’ambiente.
Il peso delle nuove regole: obbligo del 25% di R-PET
Dal 1° gennaio 2025, tutte le bottiglie in PET fino a tre litri devono contenere almeno il 25% di plastica riciclata. Questa quota, calcolata sull’intera massa plastica della bottiglia (inclusi tappi ed etichette), rappresenta un passaggio simbolico e normativo importante. Ma è anche solo un punto di partenza. L’obiettivo europeo è raggiungere almeno il 30% entro il 2030. Resta però da verificare quanto questa soglia verrà effettivamente rispettata e, soprattutto, se sarà sufficiente a ridurre la domanda di plastica vergine.
Un problema culturale prima che industriale
Dietro ogni cifra, si nasconde un comportamento collettivo difficile da estirpare. L’Italia è uno dei pochi Paesi europei dove l’acqua potabile del rubinetto – che è tra le migliori d’Europa – viene spesso snobbata. Solo il 30% circa della popolazione si fida della rete idrica domestica. È un problema culturale, non tecnologico: la sfiducia nella qualità dell’acqua pubblica alimenta un consumo eccessivo di bottiglie di plastica, che le normative da sole non riescono a correggere. Cambiare abitudini richiederà campagne informative, investimenti nelle infrastrutture e una trasformazione profonda del nostro immaginario.