Lo studio annuale L’Italia che ricicla è stato presentato al termine di novembre, a Roma, da Assoambiente. L’associazione riunisce tutte le imprese operanti nell’igiene urbana, nel riciclo e recupero, nello smaltimento di rifiuti, nelle bonifiche e nell’economia circolare. Il rapporto ha evidenziato luci e ombre della raccolta differenziata in Italia, mostrandoci un Paese sensibile al riciclo ma povero di infrastrutture dedicate.
La nostra penisola è infatti risultata leader europea per tasso di riciclo e seconda nella circolarità, ovvero la quota di materiale reimmessa nell’economia dopo essere già stata utilizzata. Quest’ultimo dato si calcola verificando la quantità complessiva di materiali che torna in circolazione, in seguito ad adeguato trattamento. Accanto a ciò, è però emerso come esportiamo ancora troppi rifiuti. Questo si deve alla mancanza di un adeguato sistema impiantistico, principalmente nel Centro e Sud Italia.
Sul rapporto di Assoambiente è possibile leggere:
«Per cogliere le sfide poste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dagli obiettivi fissati a livello europeo, serve puntare su strumenti come gli acquisti verdi delle PA e gli incentivi fiscali sui prodotti riciclati. Saremmo così in grado di far compiere il definitivo salto di qualità all’industria nazionale del riciclo».
È difficile pensare che la situazione migliori da sé. Per fare in modo che si riesca a dar vita a un sistema più capiente ed efficace, tale da permetterci di trattare i nostri scarti sul territorio nazionale, evitando di dover spendere denaro e causare emissioni per trasportarli all’estero, occorre che si verifichi un cambio di passo. Deve essere la politica a suscitarlo. I suggerimenti dati dall’associazione non sono certo irrealizzabili e potrebbero veramente mettere in moto un circolo virtuoso di riciclo e riutilizzo di oggetti provenienti da materiale rigenerato.
I dati del rapporto indicano con chiarezza che l’avvio al riciclo di rifiuti – urbani o speciali che siano – gestito dall’Italia ammonta all’83,2% del totale degli scarti. Se consideriamo che la Spagna è al 60%, la Francia al 54% e la Germania al 44%, ci rendiamo conto di come il nostro Paese sia piuttosto sensibile al riciclo. Ci rende meno lieti vedere come la media europea sia gravemente insufficiente, attestandosi sotto il 40% (al 39,2).
Se ci focalizziamo sulla circolarità dei materiali, altro valore rilevante per comprendere quanta importanza un determinato Paese dia al riciclo, l’Italia raggiunge il buon risultato del 21,6%. Significa che oltre 1 prodotto su 5 è composto da almeno un materiale rimesso in circolo dopo il primo utilizzo. Meglio fa soltanto la Francia, che può vantare un 22,2% valido per il primato in questa particolare classifica. Gli altri Paesi restano sensibilmente distanti da questi valori. La Germania è al 13,4%; la Spagna all’11,2% e la media UE si attesta al 12,8%.
Di fatto, la nostra nazione vanta uno score del riciclo di tutto rispetto. La nota negativa però, come si anticipava, deriva dal numero degli impianti preposti al trattamento. Lungo la penisola ne contiamo 6.456. Attenzione a pensare che siano pochi: il problema non sta tanto nel numero (più dell’Italia ne vanta infatti soltanto la Germania, Paese che può contare su 10.497 stabilimenti atti al riciclo) bensì nella loro collocazione e operatività. Sono tutti impianti di dimensione medio-piccola e sono concentrati in gran parte al Nord, lasciando brutalmente scoperti Centro e Sud Italia.
Nell’anno 2020 – ovvero il periodo a cui risalgono tutti i dati pubblicati in queste righe, in quanto non sono ancora a disposizione i numeri del 2021 – abbiamo esportato 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti. Essi vengono fatti sconfinare a Nord e raggiungono poi le destinazioni più adatte al loro recupero, negli altri Paesi europei.
Un piano nazionale per il trattamento dei rifiuti, con una equa distribuzione dei centri e delle competenze adatte a mantenerli, sarebbe un punto di svolta importante per il nostro Paese. Siamo un popolo sensibile a questo tema e tendenzialmente attento all’ecologia – come il rapporto ha messo in luce – ma, troppo spesso, chi sta nelle stanze dei bottoni fa davvero poco.
Abbiamo già scritto di come si noti la mancanza di una infrastruttura dedicata al riciclo, soprattutto al Meridione. Articoli come questo vogliono denunciare la situazione e spronare chi di dovere a migliorare la situazione e intraprendere i passi necessari perché il gap Nord-Sud si riduca, anche in fatto di raccolta differenziata.
Classe 1991, non nasce amante della scrittura. Tutto cambia però quando viene convinto a entrare nella redazione del giornalino d’istituto del liceo: comincia a occuparsi di musica e poi in seguito di sport, attualità, cultura, mondialità e tendenze nel globo, ambiente ed ecologia, globalizzazione digitale. Dall’adolescenza in poi, ha riposto la penna soltanto per sostituirla con una tastiera.