Le Beatrici di Stefano Benni: ironia, ribellione e poesia al femminile

Le Beatrici di Stefano Benni è una raccolta di monologhi femminili ironici e provocatori che smantellano i cliché sulla figura della donna. Un’opera teatrale anomala, potente e poetica, che oggi più che mai risuona come un’eredità viva e ribelle.

Quando Stefano Benni se ne è andato, il vuoto lasciato nella letteratura italiana non è stato solo quello di uno scrittore brillante, ma di un osservatore unico del nostro tempo. Il suo sguardo beffardo, poetico, scomodo, ha disegnato per decenni un’Italia parallela, sempre più vera della realtà stessa. In questo universo sghembo, uno dei vertici più sorprendenti è Le Beatrici, un testo che disintegra con classe la figura della donna-angelo per restituirle finalmente la carne, la voce, e soprattutto il diritto al sarcasmo.

Otto voci, nessun angelo

La Beatrice dantesca, eterea e silenziosa, viene in queste pagine brutalmente spodestata. Al suo posto, Benni inscena otto donne vere, eccessive, stridenti. C’è la suora posseduta e la donna-lupo, l’adolescente crudele e la vecchia bisbetica: archetipi esplosi in un laboratorio letterario dove l’ironia è l’acido che corrode ogni convenzione. Ma non si tratta di una semplice parodia. Ogni monologo è un grido che rompe il silenzio, una confessione che sa ridere mentre svela una ferita. Si ride, sì, ma con l’amaro in bocca.

Il teatro come disobbedienza

Le Beatrici non è un’opera teatrale nel senso classico. È piuttosto un corpo pulsante che si muove tra i generi: poesia, canzone, invettiva. Le parole di Benni sembrano scritte per essere dette ad alta voce, con i denti stretti o le lacrime agli occhi. È uno spettacolo che ha bisogno di poco per esistere: una sedia, una donna, e la libertà di parlare. Per questo il testo è diventato negli anni anche un laboratorio scolastico, un manifesto di ribellione teatrale, uno spazio di parola che ha contagiato generazioni di giovani attrici.

Ironia e ferocia come atti politici

La forza del libro risiede nella sua capacità di trattare temi spinosi – il ruolo delle donne nella società, il sessismo quotidiano, l’ipocrisia del perbenismo – con un’ironia tagliente, mai gratuita. I personaggi si fanno caricature ma non cadono mai nella macchietta. Ogni battuta è una lama, ogni risata una trappola. In rete, il sentimento dominante verso Le Beatrici è quello di gratitudine: molti lettori e lettrici lo ricordano come un testo che ha dato voce a pensieri inconfessabili, che ha permesso di ridere di ciò che di solito si sopporta in silenzio.

Un’eredità viva

Ora che Stefano Benni non c’è più, Le Beatrici resta come un testamento ironico e dolorosamente attuale. Non si tratta solo di un omaggio alle donne, ma di una dichiarazione di guerra ai cliché. È un libro che resiste al tempo, perché non fa sconti, non edulcora, non salva nessuno. E proprio per questo, resta necessario. La letteratura italiana ha perso un alchimista della parola, ma le sue creature – come queste Beatrici impertinenti – continueranno a vivere, a parlare, a disturbare.

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