Navi da crociera a idrogeno: basterà per renderle sostenibili?

La crociera a idrogeno segna un passo avanti, ma non basta: il turismo marittimo resta insostenibile per rifiuti, impatti locali e danni ambientali. Ecco perché serve una trasformazione profonda e condivisa.

Il mondo marittimo sta entrando in una nuova era, almeno a giudicare dalle promesse. Nel 2026 solcherà i mari la Viking Libra, prima tra le navi da crociera a essere alimentata a idrogeno. Una svolta? Forse. Ma parlare di sostenibilità in ambito crocieristico non significa solo occuparsi di emissioni di CO₂. È un concetto ben più complesso, che include sprechi, impatti sulle comunità locali e inquinamento marino. E le grandi navi restano, anche con carburanti puliti, ingombranti testimoni di un turismo sempre meno sostenibile.

L’idrogeno non lava via tutto il resto

Nave da crociera

L’uso dell’idrogeno come fonte energetica per la propulsione navale ha un indubbio fascino. Nessuna emissione diretta, nessuna combustione di carburanti fossili, solo vapore acqueo come scarto. La tecnologia delle celle a combustibile promette efficienza e pulizia, almeno in teoria. Ma l’idrogeno è davvero pulito solo se prodotto da fonti rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde, che oggi rappresenta ancora una quota minoritaria sul mercato globale. Inoltre, lo stoccaggio a temperature criogeniche e i sistemi di sicurezza richiedono infrastrutture complesse e costose. Un futuro verde, sì, ma ancora da costruire.

Le città galleggianti divorano risorse

Anche le navi più avanzate continuano a incarnare un modello di consumo che definire insostenibile è quasi un eufemismo. Le crociere producono quantità impressionanti di rifiuti solidi e organici. Si stima che una nave di medie dimensioni generi fino a otto tonnellate di spazzatura al giorno, a cui si aggiungono gli sprechi alimentari: cucine industriali operano a ciclo continuo per soddisfare buffet e ristoranti aperti 24 ore. Il cibo avanzato, troppo spesso, viene semplicemente buttato via, alimentando un circolo vizioso di eccesso e smaltimento.

Il turismo di massa e il suo impatto invisibile

Nave da crociera

C’è poi l’effetto delle navi da crociera sulle destinazioni visitate. L’arrivo simultaneo di migliaia di turisti scaricati per poche ore in piccoli centri storici altera profondamente la vita urbana. Interi quartieri vengono trasformati in vetrine, i prezzi aumentano, i residenti fuggono. L’overtourism non si misura solo con il numero di visitatori, ma con la loro concentrazione e il modo in cui vivono gli spazi: le crociere sono una delle forme più invasive, perché impongono un flusso veloce e superficiale, spesso incapace di generare un reale ritorno economico per il territorio.

Sotto la superficie: l’impatto nascosto delle navi da crociera

Anche se dotate dei più moderni sistemi di trattamento delle acque reflue, le navi rilasciano quotidianamente nei mari varie sostanze tra cui detergenti e microplastiche. A questo si aggiungono i danni agli habitat marini provocati dalle ancore, dai sonar, dal traffico incessante. Navi a idrogeno o meno, il loro ingombro ecologico resta immenso. Le compagnie dichiarano obiettivi ambiziosi, ma troppo spesso si tratta di promesse non vincolanti, o di green statements che servono più all’immagine che all’ambiente.

Una rivoluzione possibile, ma solo se sistemica

Nave da crociera

Sì, l’idrogeno rappresenta una svolta potenziale per la sostenibilità delle navi da crociera. Ma non basterà. Perché non è solo una questione di carburante. Serve ridurre il numero di navi, limitare l’accesso ai porti più fragili, ripensare radicalmente il concetto stesso di turismo di massa. È illusorio credere che un’innovazione tecnologica, per quanto brillante, possa compensare un intero modello di sviluppo sbilanciato. Il futuro della crocieristica non può essere affidato solo all’idrogeno. Deve passare per una responsabilità diffusa: dalle compagnie agli Stati, dai viaggiatori alle comunità locali.

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