In queste settimane la miniserie tv britannica Adolescence ha suscitato un ampio dibattito per due motivi: innanzitutto è un’opera tecnicamente perfetta, un esercizio di regia impareggiabile per le scelte di ripresa in un unico piano sequenza per episodio, l’esplorazione dei singoli punti di vista e l’accuratezza dell’indagine psicologica; in secondo luogo perché non offre soluzioni di comodo o morali forzate: lo spettatore si trova senza alcuna preparazione in mezzo al peggiore dei drammi, obbligato a fare i conti con il realismo distorto della misoginia, della retorica violenta e della fragilità dell’adolescenza.
Il dibattito è balzato talmente in alto che lo stesso Primo Ministro inglese Keir Starmer, dopo aver guardato la serie con i suoi figli, si è sentito in dovere di prendere una posizione istituzionale dichiarando il suo apprezzamento per la serie che ha avuto il pregio, a suo dire, di portare alla luce temi che devono essere urgentemente affrontati. “Il governo fino ad ora ha esitato a prendere misure per proteggere i bambini dai pericoli dei social media” ha insistito Starmer, dichiarando che “ora la politica deve fare il suo dovere”.
Adolescence: quando la fragilità dell’adolescenza incontra l’ombra del web
Per chi ancora non l’ha vista, Adolescence è una miniserie britannica in quattro episodi ideata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini, che è stata tratta da un fatto di cronaca realmente accaduto. Da poco disponibile su Netflix, presenta la vicenda di Jamie Miller, un tredicenne accusato dell’omicidio di una compagna di scuola e segue le ripercussioni di questo evento sulla sua famiglia e sulla comunità circostante. La serie affronta tematiche attuali e delicate, come la radicalizzazione online, la mascolinità tossica e l’influenza pervasiva dei social media nella formazione dell’identità giovanile. Attraverso la storia di Jamie, Adolescence mette in luce come gli adolescenti possano essere vulnerabili a ideologie pericolose diffuse sul web, sollevando interrogativi sul ruolo degli adulti e delle istituzioni nella prevenzione di tali fenomeni.
La manosfera e le sue pericolose declinazioni
Al centro della serie non c’è solo Jamie. È chiaramente percepibile, in tutta la narrazione, una co-protagonista implicita di cui oggi, grazie ad Adolescence, conosciamo l’identità: si tratta della manosfera. Nata nei primi anni 2000 su forum e blog dedicati a consigli di crescita personale, fitness e successo con le donne, pian piano la manosfera ha sviluppato tramite Reddit, YouTube e Telegram una sua corrente misogina, sessista e radicale che si indentifica ad esempio con gruppi come la Men’s Rights Activists (MRA), una comunità di attivisti per i diritti degli uomini che denunciano la discriminazione con toni spesso ostili nei confronti del femminismo.
Dalla metà degli anni ’90, il movimento per i Diritti degli Uomini (Men’s Rights) ha sostenuto le seguenti affermazioni:
- Gli uomini non godono di un potere sociale e/o economico diseguale che rappresenti un patriarcato oppressivo.
- Gli uomini sono sistematicamente svantaggiati in modo analogo o persino più grave rispetto alle donne, sia in termini di frequenza sia di severità.
- Le donne sfruttano le leggi esistenti su molestie sessuali e abusi su minori per danneggiare gli uomini, limitandone le libertà.
- L’espansione delle leggi e delle politiche contro le aggressioni sessuali, pensate per assistere le vittime, rende troppo facile per donne in malafede rovinare la vita degli uomini.
- Gli sforzi culturali moderni per affrontare la violenza sessuale, come il movimento MeToo, hanno reso impossibile per gli uomini avvicinarsi alle donne in modo “sicuro” senza rischiare una denuncia per molestie o aggressione.
E ancora, come gli MGTOW (Men Going Their Own Way) ovvero uomini che scelgono di evitare del tutto le relazioni con le donne, credendo che queste siano dannose o manipolatrici. Vi sono inoltre le PUA (Pick-up Artists), ovvero comunità che insegnano tecniche di seduzione spesso basate su manipolazione psicologica.
Tra i più noti, infine, citiamo gli Incel (Involuntary Celibates): uomini che si definiscono incapaci di avere relazioni sentimentali e che talvolta sviluppano un forte risentimento verso le donne. Sono realtà che si sono consolidate sempre più e il cui impatto, soprattutto su soggetti fragili, giovani e facilmente manipolabili, non può più essere sottostimato.
Un’incredibile storia di stupro
Dello stesso seme malato di Adolescence è la genesi di Unbelievable, anch’essa tratta da una storia vera e atterrata su Netflix un po’ prima, nel 2019. Miniserie di otto episodi firmata da Susannah Grant (Erin Brockovich) è ispirata all’articolo di T. Christian Miller e Ken Armstrong: Unbelievable Story of Rape, vincitore, nel 2015, del Premio Pulitzer.
La serie racconta la vicenda di Marie Adler, una giovane donna accusata di aver inventato una violenza sessuale, e delle due detective che, anni dopo, scoprirono la verità durante un’indagine su casi simili. Viene percorso con attenzione l’iter faticoso, ripetitivo e molto spesso umiliante a cui è sottoposta la vittima di stupro, in questo caso da parte di due uomini che chiaramente faticano a crederle e prendono la sua reticenza, la mancanza di lucidità nel ricordare come si siano svolti i fatti, come indizi di ovvia menzogna. Per un pregiudizio inconscio, per misoginia, per noia, per svogliatezza i due finiscono per terrorizzare la vittima facendole capire che se non le credono loro, non le crederà nessuno e per falsa testimonianza e intralcio alla giustizia si possono perdere molti dei privilegi acquisiti, dal lavoro alla casa.
Allo stesso modo di Adolescence, Unbelievable non spettacolarizza la violenza ma si concentra sugli effetti psicologici, sociali e giudiziari sulle vittime. Mostra come Marie venga trattata con scetticismo e costretta a ritrattare la sua denuncia, sottolineando da una parte il problema della credibilità delle vittime, in particolare se di genere femminile e dall’altra il valore dell’empatia e dello sguardo femminile nell’analisi efficace dei casi. La denuncia è ancora una volta verso un sistema che non è in grado di riconoscere e affrontare il trauma, il disagio e la fragilità, spingendo le vittime a essere ancora più vittime.
