Perché si sente parlare così tanto di glifosato?

da | Ott 26, 2023 | agricoltura, ambiente | 0 commenti

Il glifosato, l’erbicida più diffuso del mondo, è da qualche settimana al centro del dibattito pubblico. Non si tratta in realtà di una novità: quello sul glifosato è un discorso controverso che chiama in causa diversi attori e diverse argomentazioni.

La discutibile proposta della Commissione Europea di rinnovare le autorizzazioni all’utilizzo di questo erbicida per altri 10 anni si è conclusa con un nulla di fatto, rimandando a novembre la decisione finale. Negli stessi giorni, si è diffusa la notizia di un ragazzo francese di 16 anni che ha ricevuto un risarcimento per le malformazioni sviluppate a causa dell’esposizione materna a queste sostanze durante la gravidanza.

Due eventi che ci forniscono un punto di partenza significativo per una riflessione più approfondita su questo complesso argomento.

Che cos’è il glifosato

Cominciamo col definire che cosa sia il glifosato. Si tratta di un erbicida, il più utilizzato al mondo, introdotto in agricoltura negli anni Settanta dalla multinazionale Monsanto con il nome commerciale di Roundup.

La sua diffusione su larga scala si deve all‘incremento della resa per ettaro, riducendo al contempo il lavoro degli agricoltori. Il glifosato infatti agisce sui campi eliminando ogni erbaccia o pianta indesiderata, lasciando solo una coltivazione geneticamente modificata per resistervi.

Rispetto agli erbicidi usati in passato, il glifosato, sulla carta, ha una tossicità più scarsa, tanto da utilizzarlo persino in contesti urbani, per mantenere pulite strade e ferrovie da infestazioni erbacee indesiderate. Inoltre, il glifosato tende a rimanere nei primi strati del terreno e a degradarsi facilmente grazie all’azione dei batteri del suolo.

Perché viene considerato pericoloso

Quello sul glifosato è un dibattito sempre aperto, tra controversie legali e ricerche scientifiche che nel tempo hanno portato a risultati diversi e spesso contraddittori.

Uno studio effettuato da scienziati francesi su dei ratti ha sollevato seri dubbi sul suo alto potenziale cancerogeno: la ricerca, pubblicata nel 2012 sulla rivista “Food and Chemical Toxicology” ha avuto una grande eco mediatica e sollevato molti dubbi relativi ad aspetti tecnici e metodi usati per arrivare ai risultati ottenuti. Proprio l’alto numero di critiche e di confutazioni dettagliate, ha portato la direzione editoriale a fare un’analisi approfondita dello studio, per poi ritirarne la pubblicazione. Successivamente, gli autori hanno tentato di presentare lo stesso studio su una rivista di minore risonanza e credibilità.

Le conclusioni di questo studio rimangono oggetto di dibattito. Inoltre, le principali istituzioni scientifiche internazionali hanno fornito pareri contrastanti, anche se sempre molto cauti, sul possibile rischio associato al glifosato.

Ecco perché si parla di principio di precauzione

Proprio per questo, alla luce di studi e opinioni contrastanti, si propone una soluzione cuscinetto, il principio di precauzione: non se ne vieta del tutto l’utilizzo, anche per non ostacolare troppo la produzione agricola, ma si istituiscono limiti e si attuano maggiori controlli nell’attesa di ulteriori studi.

In una nota di 13 associazioni ambientaliste italiane (tra cui Greenpeace e WWF), con cui esortavano il governo italiano a votare, il 13 ottobre, contro il rinnovo delle autorizzazione al glifosato, si sottolineava l’importanza di applicare rigorosamente il principio di precauzione in presenza anche del più piccolo rischio per la salute pubblica e l’ambiente. L’incertezza stessa, evidenziavano le associazioni, dovrebbe essere sufficiente per scoraggiare l’approvazione da parte dell’Unione Europea.

Come si sottolinea nella nota, sono numerosi gli studi che evidenziano l’ampia tossicità ambientale del glifosato, il quale può compromettere il funzionamento degli ecosistemi e degli habitat naturali, portando a una drastica riduzione della biodiversità. Essendo un erbicida totale, esso viene utilizzato in alternativa a pratiche agricole sostenibili (rotazioni, consociazioni e lavorazioni meccaniche). Una sua ulteriore autorizzazione si scontrerebbe con le direttive europee From Farm to Fork e Biodiversity 2030 che promuovono la sostenibilità ambientale nell’intero settore agroalimentare, stabilendo l’obiettivo di ridurre del 50% l’utilizzo di pesticidi chimici.

Ma il glifosato fa male o no?

Un team di esperti dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione ha condotto un’ampia analisi, prendendo in esame studi relativi agli effetti potenziali del glifosato su esseri umani e animali. Ecco quindi che nel 2015, il glifosato viene inserito nella categoria delle sostanze probabilmente cancerogene. Alla categoria 2A appartengono numerosi agenti, tra cui il DDT, gli steroidi anabolizzanti, le emissioni da frittura ad alta temperatura, le carni rosse, le bevande molto calde e le emissioni da camini domestici alimentati con biomasse come la legna. Si tratta di sostanze caratterizzate da prove limitate di cancerogenicità negli esseri umani, ma da evidenze più significative ottenute da studi condotti su animali.

Nello specifico, si parla di un possibile aumento del rischio di sviluppo di linfomi non-Hodgkin per gli agricoltori professionalmente esposti al glifosato. Ma non solo, alcune ricerche di laboratorio condotte su colture cellulari hanno dimostrato che il glifosato può causare danni genetici e stress ossidativo.

La ricerca sulla possibile cancerogenicità del glifosato continua a progredire, comprendendo anche lo studio degli effetti di diverse formulazioni del prodotto.

Nonostante ciò, EFSA, OMS e FAO rassicurano sull’utilizzo del glifosato. Nel 2015, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha condotto una valutazione tecnica, concludendo che “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per gli esseri umani”, pur stabilendo nuovi livelli di sicurezza per controllare più attentamente i residui di glifosato negli alimenti, a scopo precauzionale.

L’anno successivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) hanno condotto un’analisi congiunta giungendo anch’esse alla conclusione che “è improbabile che il glifosato comporti un rischio di cancro per gli esseri umani come conseguenza dell’esposizione attraverso l’alimentazione”.

Rimandata a novembre la decisione sulla proroga per l’utilizzo

A inizio ottobre, la Commissione Europea aveva proposto di prorogare fino al 2033 l’autorizzazione, in scadenza quest’anno, all’utilizzo del glifosato. Una decisione controversa che cozza con la necessità di applicare il già citato principio di precauzione.

Durante la discussione il 13 ottobre tra i rappresentanti dei Paesi membri, non è stata raggiunta la maggioranza (ovvero 15 Paesi membri a rappresentare il 65% della popolazione complessiva) per né l’approvazione né il respingimento della proroga. Il governo italiano ha espresso il proprio favore per l’estensione dell’autorizzazione, al contrario, Austria e Lussemburgo si sono opposti, mentre la Francia ha scelto di astenersi.

La decisione sulla proroga sarà ora sottoposta all’attenzione di un altro comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri, a novembre. Se anche in questa occasione non si giungesse a una conclusione, sarà la Commissione europea a prendere una decisione entro il 15 dicembre.

Proprio in vista dell’importante decisione a cui i rappresentanti dei Paesi membri erano chiamati a rispondere, una donna francese e suo figlio avevano deciso di rendere pubblica la notizia di un risarcimento a favore del ragazzo, da parte del Fondo francese per i risarcimenti alle vittime dei pesticidi.

Il caso di Théo Grataloup

Théo è un ragazzo di 16 anni che presenta malformazioni congenite alla laringe e all’esofago. La madre era stata esposta a lungo al glifosato durante la gravidanza, quando lavorava in un maneggio in cui, durante l’estate, si utilizzava questo erbicida come diserbante.

Gli esperti incaricati allo studio del caso hanno riconosciuto “il possibile nesso causale tra la patologia emersa e l’esposizione ai pesticidi durante il periodo pre-natale a causa dell’attività professionale di uno o dei due genitori”.

Secondo l’agenzia Afp, si tratterebbe del primo caso di indennizzo riconosciuto per tale ragione. Durante la sua giovane vita, Théo ha subito 54 interventi chirurgici, grazie ai quali oggi riesce a mangiare dalla bocca e a respirare. Il Fondo ha concesso un risarcimento di mille euro al mese per la sua condizione di handicap: la cifra verrà rivista nel marzo del 2025 in ragione dello stato di salute.

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