PFAS: cosa sono e perché dobbiamo preoccuparci

da | Set 16, 2024 | ambiente, inquinamento | 0 commenti

I PFAS, acronimo di sostanze perfluoroalchiliche, rappresentano una famiglia di composti chimici sintetici ampiamente utilizzati nell’industria per le loro proprietà uniche. Conosciuti per la loro resistenza al calore, all’acqua e agli oli, i PFAS sono diventati onnipresenti nella nostra vita quotidiana. Tuttavia, questa straordinaria versatilità ha un lato oscuro: i PFAS sono noti come “sostanze chimiche eterne” a causa della loro persistenza nell’ambiente e nel corpo umano, con potenziali gravi conseguenze.

Negli ultimi anni l’interesse scientifico verso queste sostanze è aumentato, con l’obiettivo di sottolinearne gli aspetti nocivi per l’ambiente e per l’uomo. Sono oramai diversi gli studi che dimostrano come queste sostanze siano dannose e che chiedono quindi dei forti interventi per limitarne l’impatto. La stessa OMS è stata convocata da un gruppo di scienziati indipendenti, per modificare le linee guida riguardo l’utilizzo e il trattamento di queste sostanze.

Scopriamo quindi cosa sono i PFAS, dove si trovano, come li assumiamo, i rischi e come possiamo evitarli.

I PFAS negli oggetti di ogni giorno

I PFAS sono presenti in una vasta gamma di prodotti di uso quotidiano. Uno degli esempi più comuni sono i rivestimenti antiaderenti delle pentole e padelle, che contengono spesso Teflon, un polimero derivato dai PFAS. Questi composti sono anche usati nei tessuti impermeabili, come quelli dei capi outdoor e delle tende, per renderli resistenti all’acqua e alle macchie. Altri oggetti che contengono PFAS includono i contenitori per alimenti, specialmente quelli resistenti al grasso come i sacchetti per popcorn da microonde, le confezioni di fast food e i piatti usa e getta.

Le proprietà antiaderenti e idrorepellenti dei PFAS ne hanno comportato negli anni l’utilizzo su grande scala e, ad oggi, sono veramente moltissimi gli oggetti presenti sui nostri scaffali e nei nostri armadi che li contengono. Ma il problema non è il loro utilizzo, bensì lo smaltimento e la conseguente esigenza di non ingerirli.

Pesticidi e altri prodotti

Oltre agli oggetti di uso quotidiano, i PFAS sono presenti in molte altre applicazioni industriali e commerciali. Sono usati negli schiumogeni antincendio, specialmente in ambito militare e aeroportuale, per la loro capacità di sopprimere efficacemente gli incendi di liquidi infiammabili. Inoltre, tracce di PFAS possono essere trovate in alcuni pesticidi, nei prodotti per la cura personale come cosmetici e dentifrici, e persino in materiali da costruzione come le schiume isolanti. La diffusione dei PFAS nell’ambiente è dunque capillare, estendendosi ben oltre gli oggetti che utilizziamo quotidianamente.

E sono proprio i pesticidi le prime sostanze sotto accusa, entrando in contatto diretto con colture e terreni, in cui i PFAS possono resistere praticamente per sempre, venendo assorbiti dalle verdure che finiscono sulle nostre tavole.

I rischi per l’ambiente

I PFAS rappresentano una seria minaccia per l’ambiente. La loro estrema persistenza fa sì che una volta rilasciati, rimangano nell’ambiente per decenni, accumulandosi nel suolo, nell’acqua e negli organismi viventi. Gli studi hanno dimostrato che i PFAS possono contaminare le riserve idriche, penetrando nelle falde acquifere e diffondendosi nei corsi d’acqua. La fauna selvatica esposta a PFAS può accumulare queste sostanze nei tessuti, con effetti negativi sulla salute e sulla riproduzione. Inoltre, l’inquinamento da PFAS può avere ripercussioni su interi ecosistemi, alterando le catene alimentari e contribuendo alla perdita di biodiversità.

I rischi per la salute dell’uomo

I PFAS sono associati a una serie di rischi per la salute umana. Studi epidemiologici hanno collegato l’esposizione a questi composti a problemi di salute come disfunzioni del sistema immunitario, malattie della tiroide, ipercolesterolemia e persino alcuni tipi di cancro. Poiché i PFAS possono accumularsi nel corpo nel tempo, anche basse dosi di esposizione prolungata possono comportare gravi conseguenze. Il loro impatto sulla salute fetale e infantile è particolarmente preoccupante, con ricerche che suggeriscono un legame tra l’esposizione prenatale a PFAS e problemi nello sviluppo del sistema nervoso e del sistema immunitario nei bambini.

Ed è qui che la faccenda si fa seria.

È stato infatti portato avanti uno studio sul latte materno che ha mostrato una corrispondenza lineare tra l’assunzione di alimenti come uova, carne, riso bianco e pesce e la presenza di PFAS nel latte. Ciò significa che più di questi alimenti vengono assunti dalle donne incinta e maggiore sarà la quantità di PFAS assunte dai bambini.

Essendo presenti in verdure, cereali, carne e pesce non abbiamo molte alternative, se non porre molta attenzione alla presenza di queste sostanze quando facciamo la spesa, informandoci sulla provenienza dei prodotti che acquistiamo.

Un problema difficile da risolvere

Per quanto l’attenzione e la prevenzione siano importanti, potrebbero non essere sufficienti.

È di qualche giorno fa la notizia che nella regione dell’Alta Francia è stata vietata l’assunzione di uova prodotte da colture biologiche e da allevamenti privati. Le uova prodotte da galline ruspanti, che teoricamente dovrebbero essere migliori, sono state vietate in quanto contenenti alti tassi di PFAS. Le galline sono infatti tenute al meglio possibile, ma il cibo che mangiano contiene PFAS che è stato assimilato e accumulato e poi rilasciato nelle uova.

Fortunatamente la scienza si sta muovendo per risolvere il problema: un gruppo di scienziati ha infatti interpellato l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), accusandola di aver tenuto una linea troppo blanda nella gestione di alcuni derivati dei PFAS. È stato quindi segnalato uno dei classici conflitti di interessi che avrebbe portato vantaggi per le grandi industrie e svantaggi per l’uomo e per l’ambiente e l’OMS ha dovuto fare un passo indietro e sta rivedendo la bozza relativa alla gestione dei PFAS.

Ciò che possiamo fare in questo momento è quindi essere consapevoli del problema e diventare parte della soluzione con le nostre scelte e supportando la scienza, invece di ignorarlo e aspettarci che venga risolto da qualcun altro.

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