Rewilding: che cos’è e perché si differenzia dalla riforestazione

Attraverso le tecniche di rewilding, è possibile ripristinare le aree naturali e la biodiversità al loro stato originario. L'obiettivo è permettere agli habitat di prosperare in assenza dell'uomo.

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    Negli ultimi tempi si sente sempre più parlare di rewilding, come tecnica efficace per il ripristino di preziosi ecosistemi, oggi danneggiati dall’azione dell’uomo. Tramite questa disciplina, si cerca di incentivare la natura alla sua fisiologica ripresa, riducendo il più possibile l’intervento dell’uomo. Ma come funziona il rewilding e, soprattutto, in che modo si differenzia dalla riforestazione?

    Noto anche come rinaturalizzazione, la disciplina del rewilding affonda le sue radici in diversi decenni fa, ma solo negli ultimi anni sta trovando sempre più spazio nelle politiche di tutela e protezione ambientale. Di seguito, alcune informazioni utili.

    Cosa è il rewilding

    Foresta e biodiversità

    Con il termine rewilding – o rinaturalizzazione, così come già accennato – si intende un insieme di discipline volte al ripristino di habitat naturali distrutti dall’uomo, tramite il ricorso a tecniche che permettano alla stessa natura di rigenerarsi e riappropriarsi degli spazi un tempo perduti in modo del tutto autonomo.

    Non si tratta, di conseguenza, di un semplice processo di restauro ecologico – ad esempio, di piantumazione di alberi per ripristinare un’area precedentemente cementificata – bensì di uno studio profondo e dettagliato, allo scopo di garantire il ritorno di ecosistemi completamente autonomi e autosufficienti. L’idea di fondo del rewilding è che la natura è in grado di autosostenersi e, di conseguenza, minore è l’intervento umano, maggiori le possibilità che si stabiliscano habitat ricchi, floridi e duraturi nel tempo.

    Come avviene il rewilding

    Le tecniche di rewilding sono molto complesse poiché, per raggiungere l’obiettivo di una natura capace di sostenersi autonomamente, è necessario procedere per diverse fasi. In particolare:

    • lo studio dettagliato degli habitat e degli ecosistemi originari, per comprendere quale sia l’impatto dell’attività dell’uomo, nonché la composizione tipica della fauna e della flora prima dell’intervento dell’uomo stesso. Questa fase comprende anche l’analisi morfologica dei territori, per capire le conseguenze che la modifica del tragitto dei corsi d’acqua o la divisione di aree boschive per la costruzione di strade hanno avuto sulla biodiversità;
    • la progettazione degli sforzi da mettere in campo, affinché possa essere ripristinata la natura nel modo più originario possibile, con l’intervento umano minore possibile;
    • il ripristino della morfologia dei luoghi, per riportarli alle condizioni antecedenti all’impatto umano, ad esempio riproponendo il corso originario di fiumi e torrenti, ma anche procedendo all’eliminazione di dighe, aree cementificate e altre strutture umane;
    • la reintroduzione delle specie vegetali e animali che un tempo rappresentavano la biodiversità dei luoghi;
    • l’interconnessione con habitat limitrofi, affinché la natura possa autonomamente prosperare;
    • la riduzione progressiva dell’intervento umano, fino alla piena autosufficienza della biodiversità del luogo.

    Esempi di rewilding

    Rewilding, lupo

    Passando dalla teorica alla pratica, quali sono i progetti di rewilding che sono già stati implementati, ottenendo un buon successo nel ripristino della più naturale biodiversità? Fra i tanti interventi di rinaturalizzazione, vale la pena citare:

    • il progetto Yellowstone to Yukon, tra gli Stati Uniti e il Canada, mirato al ripristino dei corridoi naturali per le libere migrazioni degli animali, affinché possano prosperare. Il parco dello Yellowstone è stato protagonista anche di un progetto di rewilding attraverso la figura del lupo. Reintroducendolo in modo naturale, ha permesso di contenere la proliferazione eccessiva delle alci, riportando l’equilibrio dell’ecosistema e favorendo il ritorno di una fitta vegetazione;
    • il progetto Wild Ennerdale nel Regno Unito, dove un’intera valle viene progressivamente riportata al suo stato originario, con una gestione minima da parte dell’uomo.

    I vantaggi del rewilding

    Rispetto ad altri progetti di conservazione degli ambienti naturali, il rewilding garantisce numerosi vantaggi. In particolare:

    • permette di ripristinare gli habitat alle loro condizioni naturali, il più possibile vicine alla biodiversità antecedente all’intervento distruttivo da parte dell’uomo;
    • facilita la proliferazione di ecosistemi dalla biodiversità ricca, che si credeva perduta;
    • permette alla natura di gestirsi in modo completamente autonomo, seguendo i suoi ritmi fisiologici, grazie all’equilibrio fra tutte le specie animali e vegetali presenti;
    • ripristina la naturale morfologia dei luoghi, in particolare dei corsi d’acqua.

    Quello sui corsi d’acqua è un punto fondamentale, poiché le necessità dell’uomo – in particolare quelle di approvvigionamento o di produzione di energia elettrica tramite l’idroelettrico – hanno modificato in modo profondo la probabilità di sopravvivenza degli habitat naturali. Un luogo dalla natura incontaminata, che non riceve più acqua poiché il corso di fiumi e torrenti è stato deviato, è un luogo che non ha possibilità di sopravvivere a lungo, dove le specie vegetali non prosperano e privo di molti animali, costretti a migrare altrove.

    Differenza del rewilding con la riforestazione

    Piantare alberi, riforestazione

    La riforestazione è un’attività fondamentale per la protezione degli habitat naturali e, soprattutto, per la biodiversità. Si tratta, però, di un processo sostanzialmente diverso dal rewilding. Con la riforestazione, infatti:

    • si piantano alberi per favorire il ripristino della copertura forestale, non necessariamente ripristinando le piante originarie – rimanendo, comunque, nelle specie tipiche della zona;
    • non è sempre abbinata a progetti integrati di ripristino della biodiversità, come ad esempio la reintroduzione degli animali o il ritorno alla naturale morfologia dei luoghi;
    • ha l’obiettivo principale di aumentare il sequestro della CO2 e di altri inquinanti, aumentando la percentuale il più possibile la percentuale di aree verdi.

    Come facile intuire, la riforestazione e il rewilding possono coesistere e lavorare insieme, per massimizzare la possibilità che gli ambienti naturali si rigenerino e, soprattutto, che non si perdano specie animali e vegetali preziose, molte delle quali a rischio estinzione.

    tags: foreste

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