
Le salse di soia non sono tutte uguali: lo shoyu e il tamari sono simili nel colore e nel sapore, ma presentano differenze fondamentali che vale la pena esplorare.
Scopriamo di più su questi must della cucina giapponese.
Shoyu e tamari: simili ma diverse
Iniziamo col dire che sia lo shoyu che il tamari sono molto simili per come si presentano, con un colore scuro che li contraddistingue. Anche il sapore umami (secondo la definizione ufficiale, si tratta di «un gusto sapido piacevole che viene da glutammato, inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari»), comune a entrambe, è la componente che, nella cucina giapponese, non può mancare.
Ma oltre a queste similitudini superficiali, sono molte le differenze che distinguono queste due salse.
Origini e tradizioni
Derivati entrambi dai semi di soia fermentati, lo shoyu e il tamari affondano le radici nelle tradizioni giapponesi.
Lo shoyu, il più antico dei due, fece la sua comparsa nelle regioni costiere del Giappone nel Seicento, mentre il tamari, originariamente un sottoprodotto della salsa di soia, si sviluppò nella regione di Chubu. Queste differenze nelle origini si riflettono anche nelle sottili sfumature di sapore che emergono attraverso il processo di produzione.
Come si producono lo shoyu e il tamari
Entrambe le salse vengono prodotte a partire dalla fermentazione dei semi di soia, ma ciò che le distingue è l’aggiunta di grano in una delle due.
Lo shoyu, infatti, incorpora tradizionalmente sia grano che soia nei suoi ingredienti, mentre il tamari si distingue per l’assenza di grano e per l’uso esclusivo di semi di soia. La variazione nella composizione impatta sul processo di fermentazione, determinando le peculiarità di ciascuna salsa, influenzando non solo il sapore, ma anche la consistenza e l’aspetto delle salse.
Lo shoyu, con la sua combinazione bilanciata di grano e soia, richiede un periodo di fermentazione più lungo per ottenere l’armonia desiderata tra i due elementi. In contrasto, il tamari, concentrando la fermentazione solo sui semi di soia, riduce i tempi di produzione, dando vita a una salsa più intensa.
Il grano nello shoyu agisce anche come catalizzatore durante il processo di fermentazione, conferendo una struttura complessa e una consistenza più fluida. Il tamari, privo di questo elemento, offre una consistenza più densa, risultato di una fermentazione più concentrata sui semi di soia.
Che sapore hanno lo shoyu e il tamari?
La presenza del grano nello shoyu contribuisce a un sapore più equilibrato, con una leggera dolcezza che si mescola armoniosamente con il profondo umami della soia. Dall’altro lato, il tamari, privo di grano, offre un profilo di gusto più intenso, con una nota più ricca e salata che si distingue.
Il profilo gustativo dello shoyu, risultato della combinazione di grano e semi di soia, conferisce al sapore un’armonia complessa e una nota leggermente dolce. Al contrario, il tamari, privo di grano, offre un gusto più concentrato e intenso. La fermentazione focalizzata esclusivamente sui semi di soia contribuisce a una nota più robusta e salata: senza elementi mitigatori il tamari offre un’esperienza gustativa più marcata e decisa.
Salse versatili ma distinte: come si utilizzano in cucina
Entrambe le salse sono versatili in cucina, ma le loro differenze le rendono adatte a contesti diversi. Lo shoyu, con il suo profilo di gusto più equilibrato, si presta bene come condimento generale, mentre il tamari, grazie al suo sapore più audace, eccelle nel migliorare i piatti in cui si vuole esaltare l’umami senza aggiungere dolcezza.
Sebbene entrambe le salse abbiano radici nella cucina giapponese, le loro peculiarità le rendono adatte a diversi contesti culinari, contribuendo in modo unico alla vasta gamma di sapori disponibili nella tradizione gastronomica.
Lo shoyu, più versatile, è ampiamente utilizzato come marinatura per carne, in zuppe, insalate e piatti di riso. Il sapore più deciso del tamari può essere impiegato, invece, per aggiungere profondità a piatti come zuppe di miso, piatti a base di pesce crudo o cotti al vapore, e nelle salse dove si desidera un gusto più robusto e concentrato.
Concludendo…
Sebbene lo shoyu e il tamari possano sembrare simili a prima vista, un’analisi più approfondita rivela le loro differenze uniche. Dalle loro radici storiche alle tecniche di produzione e alle sfumature di sapore, queste salse contribuiscono in modo unico alla ricchezza della tradizione culinaria giapponese.