Dopo aver parlato delle città più inquinate d’Italia, oggi parliamo dei trasporti sostenibili in Europa.Se fosse solo una gara a chi possiede più auto elettriche o chi vanta il tram più scintillante, il titolo di capitale europea più sostenibile sarebbe poco più che una corsa tra freddi numeri. In realtà, il trasporto urbano è questione ben più complessa: non si tratta solo di contare colonnine di ricarica o biciclette a noleggio, ma di cambiare radicalmente il modo in cui viviamo e attraversiamo le città. Eppure, alcuni centri urbani stanno davvero prendendo sul serio questa trasformazione, candidandosi, con più o meno eleganza, a diventare i modelli per l’Europa nel futuro per i trasporti sostenibili. Nel frattempo, l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni dei trasporti entro il 2050 aleggia come un promemoria un po’ ingombrante sopra ogni amministrazione locale. Ma chi, tra smog e ambizioni green, sta davvero facendo la differenza?
Sommario
- Londra: il paradosso della metropoli sostenibile
- Amsterdam: la bicicletta come legge non scritta
- Vienna: quando la qualità è democratica
- Berlino: pragmatismo tedesco e bici alla mano
- Helsinki e Oslo: le regine nordiche della sostenibilità
- E l’Italia? Presente ma non protagonista
- Il futuro? Meno parole, più piste ciclabili
Londra: il paradosso della metropoli sostenibile
Londra, caotica, iconica e notoriamente trafficata, sfoggia oggi un volto inaspettato. Con quasi 1.400 autobus elettrici già in servizio e un esercito silenzioso di oltre 80.000 veicoli a batteria, la capitale britannica ha preso di petto la sfida. Più di 11.000 punti di ricarica disseminati tra i quartieri – dalle eleganti strade di Kensington alle aree post-industriali dell’Est – dimostrano che qui la svolta non è solo teorica. Certo, l’inquinamento non è sparito come per magia, ma i livelli, per una città di tali dimensioni, risultano sorprendentemente contenuti. Non è poco, se consideriamo che Londra è anche uno dei maggiori hub finanziari e logistici d’Europa, con una fame di mobilità insaziabile.
Amsterdam: la bicicletta come legge non scritta
Ad Amsterdam l’auto privata sembra quasi un oggetto di modernariato, utile più come arredo vintage che come mezzo di trasporto. Le biciclette dominano la scena, forti di 800 chilometri di piste ciclabili e di una cultura urbana che considera il pedale non un’opzione, ma un diritto di nascita. Eppure, chi pensasse che la capitale olandese si limiti al romanticismo dei canali e dei campanelli, si sbaglia di grosso. Qui circolano anche più di 15.000 veicoli elettrici, riforniti da oltre 13.000 colonnine di ricarica. L’equilibrio fra mobilità dolce e motorizzata è orchestrato con precisione quasi millimetrica. Il risultato? Una delle città più vivibili (e respirabili) d’Europa. Di diritto nella classifica per i trasporti sostenibili migliori.
Vienna: quando la qualità è democratica
Vienna non si fa notare con numeri roboanti, ma con una strategia di fondo impeccabile. I viennesi usano metropolitane, tram e autobus con una naturalezza disarmante, complice un abbonamento annuale che costa meno di una cena in centro e una rete di oltre 1.300 chilometri di piste ciclabili. Sebbene la quantità di veicoli elettrici sia più modesta rispetto alle grandi capitali (siamo attorno ai 18.000), la scelta strategica è quella di puntare su un trasporto pubblico capillare e ben integrato. Il risultato è un sistema che non solo funziona, ma è anche irresistibilmente conveniente, al punto che persino i più refrattari al cambiamento ci salgono volentieri.
Berlino: pragmatismo tedesco e bici alla mano
A Berlino, la sostenibilità urbana è più pragmatica che spettacolare. La capitale tedesca ha investito con costanza in autobus elettrici (oltre 200 già in funzione) e circa 30.000 auto a batteria. Ma ciò che davvero fa la differenza è la presenza capillare di piste ciclabili, che superano i 1.000 chilometri, rendendo la bicicletta un mezzo serio e competitivo, anche per chi non ama troppo gli sforzi fisici. Berlino non ama le esagerazioni, preferisce i fatti alle dichiarazioni altisonanti. E a giudicare dal traffico ridotto e dall’aria meno grigia del previsto, la strategia sta funzionando.
Helsinki e Oslo: le regine nordiche della sostenibilità
Le città scandinave, si sa, giocano da sempre in un campionato a parte quando si parla di ambiente. Helsinki, ad esempio, offre più metri di piste ciclabili per abitante di qualsiasi altra capitale europea, mentre Oslo ha il curioso primato di possedere più auto elettriche che distributori di benzina, con quasi 100.000 veicoli a batteria in circolazione. In entrambe le città, autobus elettrici e sharing di biciclette sono ormai la norma. Qui la sostenibilità non è tanto un’utopia, quanto un’abitudine ben radicata. E, in fondo, non stupisce: dalle loro parti l’inverno non perdona, e muoversi agilmente è questione di sopravvivenza prima ancora che di ecologia.
E l’Italia? Presente ma non protagonista
Chi cerca Roma in classifica dovrà scorrere un po’ verso il basso. La capitale italiana si piazza poco fuori dalla top ten, non abbastanza per salire sul podio, ma neppure così distante da far disperare. Eppure, ciò che colpisce è il potenziale sprecato. Con il clima favorevole, un patrimonio artistico unico e spazi che si presterebbero perfettamente a una mobilità dolce, Roma resta inchiodata a un modello ancora troppo dipendente dall’automobile privata. Servirebbero più coraggio, investimenti e, diciamolo, anche un po’ di visione strategica, ingredienti che molte città europee hanno già messo in campo da tempo.
Il futuro? Meno parole, più piste ciclabili
La classifica delle città europee per i trasporti sostenibili mostra chiaramente che la ricetta non è segreta, ma a portata di mano: infrastrutture efficienti, integrazione dei mezzi, incentivi e coraggio politico. Dove tutto questo si realizza, la qualità della vita migliora – e non di poco. Dove invece si continua a inseguire l’auto privata come fosse l’unica possibilità, i risultati restano modesti. Forse è arrivato il momento di abbandonare l’alibi del “tanto qui non funzionerebbe” e guardare, senza troppi complessi, a chi ha già fatto il salto.
