
Le Dolomiti sono da sempre sinonimo di natura incontaminata, panorami mozzafiato e cultura alpina. Negli ultimi anni, però, questo paradiso montano sta vivendo un fenomeno che rischia di comprometterne la bellezza e la vivibilità: l’overtourism. Un afflusso sempre maggiore di visitatori si riversa sui sentieri, nei rifugi e sui passi dolomitici, con conseguenze visibili sull’ambiente, sulla qualità dell’esperienza e sulla vita delle comunità locali. Dietro la promessa di paesaggi unici e vacanze memorabili si nasconde un prezzo alto: traffico, code e rifiuti.
Che cos’è l’overtourism
Con il termine overtourism si indica la situazione in cui la presenza turistica in una località supera le capacità di accoglienza del territorio, intaccando ambiente e benessere di chi lo vive. Nel caso delle Dolomiti significa vedere sentieri troppo affollati, strade intasate, rifugi trasformati in ristoranti sempre pieni e un paesaggio che fatica a reggere la pressione di visitatori in costante aumento. Non si tratta soltanto di disagio per i turisti stessi, che si ritrovano in code infinite, ma anche di una perdita per i residenti, che vedono la propria quotidianità stravolta. Questo fenomeno, che in passato si associava soprattutto alle città d’arte come Venezia o Firenze, oggi colpisce anche territori montani fragili, dove il delicato equilibrio naturale rischia di spezzarsi.
Troppi turisti sulle Dolomiti
Negli ultimi anni le Dolomiti si trovano ad affrontare una vera e propria emergenza di affollamento. File interminabili per salire in funivia, auto parcheggiate ovunque, bivacchi improvvisati e rifiuti lasciati lungo i sentieri: scene sempre più frequenti che raccontano una pressione fuori controllo. Gli abitanti denunciano un peggioramento della qualità della vita e la perdita di quell’integrità che aveva reso questi luoghi speciali. C’è chi, esasperato, è arrivato a proporre provocazioni estreme, come rinunciare al riconoscimento UNESCO ottenuto nel 2009, accusato di aver attirato un turismo di massa senza regole. Al di là delle posizioni più radicali, è evidente che il territorio non riesce più a sostenere numeri così alti, e che l’attuale modello rischia di trasformare le Dolomiti da patrimonio naturale a semplice attrazione da consumare.
Quando l’escursione diventa moda
Sempre più spesso la montagna viene vissuta come un parco divertimenti accessibile a chiunque, in qualsiasi modo. Non è raro vedere turisti affrontare ferrate in scarpe da ginnastica leggere, percorrere sentieri in sandali o riempire rifugi che somigliano più a ristoranti affollati che a punti di sosta per alpinisti ed escursionisti. Sono comparsi persino i tornelli, come se l’accesso a un sentiero fosse paragonabile a quello di un luna park.
Da un lato c’è chi vede in tutto questo una conquista, perché la montagna diventa davvero per tutti. Dall’altro c’è chi denuncia la perdita della sua vera essenza: silenzio, fatica, lentezza e rispetto. In questo conflitto si gioca la sfida più grande: capire se vogliamo montagne trasformate in scenari di massa o luoghi da vivere con consapevolezza.
Ripensare il turismo alpino
Il riconoscimento UNESCO ha dato alle Dolomiti un’enorme visibilità, ma al tempo stesso ha contribuito a un turismo in crescita senza una strategia chiara di gestione.
Serve una nuova narrazione, capace di riportare al centro l’esperienza autentica e non la corsa al selfie o alla vetta più veloce. Il Club Alpino Italiano, ad esempio, sta già lavorando in questa direzione, finanziando progetti di turismo scolastico sostenibile per educare i più giovani al rispetto dell’ambiente montano. Non bisogna limitare la bellezza della montagna, ma sarebbe utile imparare a viverla in modo diverso: informandosi prima di partire, scegliendo sentieri adatti alle proprie capacità e sapendo anche tornare indietro se necessario.
Le Dolomiti non premiano la presunzione, ma la consapevolezza: chi le affronta con rispetto scopre che il vero valore non è arrivare in cima, ma apprezzare ogni passo lungo il cammino.
Che cosa deteriora le Dolomiti
Il problema non è solo l’afflusso di turisti, ma la mancanza di una pianificazione coerente. Traffico caotico sui passi, cantieri aperti nei periodi di punta, eventi sportivi sovrapposti a flussi già massicci di visitatori: tutto contribuisce a logorare un territorio fragile. I sindaci dell’Alta Badia hanno denunciato questa situazione, chiedendo una regolamentazione concreta per ridurre la pressione.
Il deterioramento tocca paesaggi e identità, sempre più percepite come un prodotto da consumare anziché un patrimonio da custodire. Cresce la frustrazione nei residenti, costretti a convivere con disagi quotidiani, ma anche tra i visitatori, che spesso trovano un’esperienza molto diversa da quella promessa nelle campagne di promozione turistica. È qui che nasce il vero disallineamento: tra immaginario e realtà.
Come possiamo proteggere le Dolomiti
Le proposte sul tavolo sono diverse, ma tutte ruotano attorno a un concetto: ridurre la pressione senza rinunciare al turismo. Alcuni amministratori parlano di prenotazioni obbligatorie e limiti di accesso giornalieri, altri di contingentamenti stagionali per evitare picchi ingestibili nei weekend estivi. C’è chi ha provocatoriamente suggerito di rinunciare al riconoscimento UNESCO, accusato di aver alimentato il turismo di massa, ma la maggior parte degli esperti preferisce puntare su strumenti di gestione e non su divieti assoluti.
Tra le idee più concrete emerge quella di potenziare il trasporto pubblico e gli impianti a fune per ridurre l’uso dell’auto privata, uno dei principali fattori di caos e inquinamento. La sfida sarà conciliare esigenze diverse: quelle dei residenti, degli operatori economici e dei turisti stessi, evitando che il successo delle Dolomiti diventi la loro condanna.
Il futuro delle Dolomiti è nelle nostre scelte
Il rischio del turismo eccessivo porta alla perdita di bellezza paesaggistica, ma anche alla trasformazione culturale di un territorio che da secoli vive in equilibrio con la natura. Le Dolomiti sono molto più di uno sfondo per le foto delle vacanze: sono un ecosistema fragile e una comunità viva. Ritrovare un equilibrio significa regolare i flussi e cambiare mentalità: imparare a vedere la montagna non come un bene da consumare, ma come un patrimonio da rispettare. Le proposte ci sono e le discussioni sono aperte. Spetta a noi decidere se vogliamo Dolomiti sempre più simili a un parco a tema o montagne capaci di trasmettere silenzio, autenticità e meraviglia.