Deinfluencing: la tendenza che scoraggia gli acquisti impulsivi

da | Ago 11, 2023 | vivere green | 0 commenti

Su Tik Tok, il social per eccellenza della Gen Z, sta prendendo piede una nuova tendenza, il deinfluencing, che scoraggia l’acquisto di beni superflui e spinge a uno shopping più consapevole.

Le matrici di questa tendenza sono ancora incerte, sia perché si tratta di un fenomeno agli inizi, sia perché i meccanismi di influencing sono ancora molto forti.

I social media hanno assunto un ruolo essenziale nel marketing moderno, garantendo un accesso globale e immediato a beni e servizi e permettendo un’interazione diretta con i consumatori. Tramite i social è possibile costruire strategie di marketing efficaci, promuovendo brand, prodotti e la visione aziendale anche attraverso volti noti: gli influencer.

Ma cosa accade se, invece di proporre l’acquisto di un prodotto, se ne scoraggia l’utilizzo?

Che cos’è il deinfluencing?

Fenomeno nuovo e molto forte su un social di consumo rapido come TikTok, il deinfluencing spinge gli utenti a non effettuare acquisti nelle app social. Più in generale, sconsiglia alcuni trend di acquisto attraverso recensioni oneste. Questo fenomeno, dimostrando quanto l’acquisto di alcuni prodotti sia inutile e controproducente, si pone l’obiettivo di smascherare le pubblicità ingannevoli che trovano largo spazio proprio nei social.

I deinfluencer spingono gli utenti a dubitare della reale efficacia di prodotti virali e scoraggiano quei meccanismi di acquisto impulsivo su cui invece puntano, attraverso i social, brand e aziende.

Una tendenza contraria che usa come cassa di risonanza gli stessi social con cui un certo prodotto viene pubblicizzato. Il messaggio però in questo caso è “non comprate questo oggetto perché è inutile/costoso/inquinante”.

Le ragioni alla base del deinfluencing

Per molti giovani, alcuni comportamenti di acquisto sono semplicemente irrealizzabili: seguire i trend di nuovi cosmetici, abiti o accessori è per diversi ragazzi impossibile. La difficoltà ad accedere a certi livelli di consumo porta molte persone ad andare oltre i meccanismi di influencing e ad approcciarsi agli acquisti in modo più consapevole.

Il fenomeno del deinfluencing, se visto sotto quest’ottica, sembrerebbe quindi assumere una connotazione fortemente economica. Non potendosi più permettere molti, e più o meno costosi, must have, questi smettono di essere indispensabili.

A questo però si potrebbe aggiungere anche una componente sociale: la Generazione Z sembra ricercare figure più autentiche con cui identificarsi e da cui ottenere consigli sinceri sugli acquisti, anziché affidarsi a influencer e celebrità che sponsorizzano acquisti di lusso, del tutto lontani dalla portata dei giovani.

Tra le motivazioni, non manca anche un grado di consapevolezza in più sugli effetti disastrosi di un’economia totalmente orientata al consumismo, che spreca risorse e inficia fortemente sull’ambiente.

Influencer e consumismo

Gli influencer traggono profitto promuovendo brand: uno dei meccanismi di base è spesso il link di riferimento, che traccia con precisione gli acquisti generati da ciascun profilo. I social sono pieni di link di affiliazioni, link di riferimento, e soprattutto di contenuti che puntano a stimolare la necessità di acquistare un certo bene, dalla cosmesi all’elettronica all’abbigliamento.

L’utente che naviga sui social non ha spesso un bisogno da soddisfare, ma trova in questa tipologia di contenuti un nuovo desiderio, prima inesistente, di un certo bene o servizio. I social, come abbiamo detto all’inizio, sono semplicemente un nuovo strumento di marketing e i contenuti affiliati degli influencer fanno quello che un tempo facevano i cartelloni pubblicitari o le pubblicità alla tv (con un impatto decisamente maggiore). Con i social, i beni pubblicizzati trovano una dimensione del tutto personalizzata nell’esperienza dell’influencer, al contrario della più neutra pubblicità tradizionale.

Le piattaforme social promuovono strategie commerciali che spingono a effettuare acquisti impulsivi. L’utente si sente attratto dall’idea di appartenere a un gruppo che condivide uno stile e scelte di consumo specifici e prova poi forte gratificazione nell’acquisto.

Gli acquisti impulsivi e gli effetti sull’ambiente

Questo tipo di pubblicità, che sfrutta social e influencer, ha un effetto più che evidente sulle modalità di acquisto dell’utente medio. Gli acquisti diventano impulsivi e tendono ad alimentare una spirale di consumo eccessivo.

Nuovi prodotti e tendenze e una costante pressione per l’acquisto, che si lega a una domanda crescente di beni di consumo, che si traduce in un aumento della produzione. L’industria, per soddisfare questa richiesta, sfrutta risorse naturali in modo insostenibile, utilizzando sempre più energia e materie prime.

Gli acquisti impulsivi contribuiscono poi agli sprechi e all’inquinamento ambientale. Proprio rispondendo a quei meccanismi inconsci che si generano attraverso i social, molte persone comprano prodotti senza una reale necessità o pianificazione, trasformando dopo poco quegli acquisti in rifiuti.

Questo ciclo di consumo rapido crea una quantità enorme di spazzatura: plastica, imballaggi e prodotti monouso finiscono spesso in discariche o negli oceani, causando danni irreparabili agli ecosistemi marini e alla biodiversità.

La corsa agli acquisti dettati dai social media spinge le aziende a privilegiare la quantità sulla qualità. Vengono quindi prodotti beni di minor valore e durata, pensati per essere rapidamente sostituiti da nuove tendenze. Un ciclo di consumo dispendioso e insostenibile, che sottrae risorse preziose all’ambiente.

Conclusioni

È ancora presto per comprendere appieno i meccanismi del deinfluencing e prevedere le reali conseguenze che questa tendenza avrà sui consumi. Non sappiamo se si tratta di una moda passeggera o di un reale orientamento destinato ad evolversi.

I comportamenti di acquisto hanno però un impatto evidente sulla società e sull’ambiente e questo richiede una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti, dai consumatori agli influencer stessi. Una piccola presa di coscienza potrebbe trovare spazio proprio grazie ai deinfluencer: se sarà o meno solo un nuovo trend, ce lo dirà solo il tempo.

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