
Oramai in Italia ci sentiamo sconfitti dal sistema: la sfiducia nella classe politica aumenta di anno in anno, sempre meno cittadini vanno a votare ed è comune e condivisa la sensazione di essere quotidianamente derubati del proprio denaro attraverso malagestione, corruzione e imbrogli vari.
Ma è davvero così? I dati raccontano una storia di inefficienza o semplicemente ci siamo abituati, o rassegnati, a questa visione del nostro Paese e dei nostri politici?
Anche chi scrive questo articolo condivide questa sorta di frustrazione, ma per una volta non mi voglio adagiare nel qualunquismo e nei discorsi da bar e voglio capire davvero se i soldi delle mie tasse vengono sprecati o rubati o se le cose stanno in maniera diversa.
In questo articolo vi riporto quindi un po’ di dati in maniera semplice e comprensibile, sperando di darvi un’idea chiara di come vengono gestite le tasse in Italia.
Quanto paghiamo di tasse ogni anno
In Italia ogni anno vengono raccolti circa 600 miliardi di euro di tasse. Una fetta significativa viene dedicata a saldare il debito pubblico del nostro Paese: negli anni abbiamo accumulato un debito che nel 2024 ammonta a 3.000 miliardi di euro e ogni anno circa la metà delle nostre tasse serve per ripagarlo e per pagarne gli interessi. Questi soldi infatti non ci sono stati prestati a titolo gratuito, ogni anno accumuliamo circa 100 miliardi di euro di interessi sul debito accumulato, una cifra che supera quanto l’Italia investe in settori di primaria importanza, come l’istruzione.
Prima di andare avanti nell’analisi della gestione delle nostre tasse, direi che è giusto capire chi dobbiamo ringraziare per questo debito pubblico.
I fattori principali che hanno causato i 3.000 miliardi di debito italiano sono:
- cattiva gestione statale negli anni Settanta e Ottanta;
- bassi tassi di crescita del Paese;
- interessi sul debito;
- pensioni;
- crisi finanziarie.
Quindi il tutto parte da una pessima gestione delle risorse una cinquantina di anni fa, anni di ripresa post Guerra Mondiale in cui i soldi sono stati scialacquati. La cattiva gestione non ha messo le basi per una crescita del nostro Paese che è stato quindi travolto dall’interesse sul debito, al contempo un sistema pensionistico molto generoso e speculativo ha comportato un’altra voce di spesa importante, a cui si è aggiunta anche un po’ di sfortuna a causa di importanti crisi finanziarie.
Riassumendo: i soldi delle tasse sono stati gestiti male, siamo stati troppo generosi con le pensioni nella seconda metà dello scorso secolo e di conseguenza abbiamo dovuto prendere in prestito del denaro, su cui stiamo ancora pagando interessi.
Una bella fetta per le pensioni
Le pensioni sono un problema del nostro Paese per le nostre tasche.
Se da una parte il sistema pensionistico è fondamentale per garantire una qualità della vita dignitosa anche dopo gli anni di contributi, dall’altra se viene gestito male può creare enormi problemi.
Ed è proprio quello che è successo: calcoli fatti male uniti a speculazioni economiche ci hanno portato ad oggi a dedicare circa 140 miliardi di euro l’anno al sostentamento delle pensioni. La seconda metà del secolo scorso è stata l’era d’oro delle pensioni, non si contano infatti gli escamotage che permettevano (e non solo ai politici) di andare in pensione anticipata o aver diritto a pensioni esorbitanti rispetto ai contributi versati.
Quindi chiunque gestisca i soldi delle tasse italiane adesso deve per forza di cose dedicarne circa la metà al risanamento del debito pubblico e circa un quarto a sostenere il sistema pensionistico.
E l’ultimo quarto?
Rimangono all’incirca 150 miliardi di euro l’anno da gestire: capiamo che fine fanno.
Sia a livello statale che a livello regionale, una parte di questo denaro viene dedicata alle politiche sociali, iniziative dedicate ad esempio alla famiglia o alla sanità, e l’altra parte viene data direttamente in gestione alle regioni, che hanno il compito di supportare lo Stato in un’organizzazione più consapevole e approfondita di ciò che avviene in un lembo di terra ridotto.
Ciò che succede a livello regionale dipende da regione a regione, ma nella maggior parte dei casi non si tratta di qualcosa di buono…
Inefficienze amministrative, appalti gonfiati e corruzione sono tuttora all’ordine del giorno e causano uno spreco significativo di questa fetta dei soldi pubblici.
La macchina burocratica italiana è eccessivamente lenta, i progetti si protraggono nel tempo aumentandone i costi. Le ditte che vincono le gare d’appalto spesso gonfiano i costi dei progetti speculando sui soldi pubblici, terreno fertile per attività di corruzione, favoritismi e malaffare. A ciò si aggiungono i progetti lasciati in cantiere, ed ecco che lo spreco di denaro diventa enorme.
Tanto per non rimanere nel teorico, vi riportiamo alcuni esempi della situazione appena descritta relativi agli ultimi anni.
Scandalo MOSE (Venezia)
Uno dei casi più famosi riguarda il progetto del MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), un sistema di dighe mobili progettato per proteggere Venezia dall’acqua alta.
Il progetto, avviato negli anni Ottanta, ha visto ritardi e aumenti esorbitanti dei costi. Stimato inizialmente a circa 1.6 miliardi di euro, alla fine ha superato i 6 miliardi, con enormi sprechi dovuti a corruzione e tangenti. Tra i politici coinvolti, l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, fu arrestato nel 2014 per il suo coinvolgimento in un giro di tangenti legate al MOSE. Anche il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, fu arrestato per corruzione nel contesto dello stesso scandalo.
Expo 2015 (Milano)
L’Expo di Milano, un evento di portata mondiale, è stato macchiato da numerosi scandali legati agli appalti pubblici. Tra le accuse principali, ci sono quelle di corruzione e gestione poco trasparente degli appalti, con alcuni funzionari pubblici e imprenditori coinvolti in tangenti. Tra i nomi di rilievo coinvolti nello scandalo, Angelo Paris, ex direttore della pianificazione e acquisti dell’Expo, è stato arrestato per presunte tangenti sugli appalti. Anche l’ex manager Enrico Maltauro è stato accusato di corruzione.
Scandalo Mafia Capitale
Questo scandalo ha scosso Roma nel 2014 e riguarda un sistema di corruzione che coinvolgeva la criminalità organizzata, politici e imprenditori nella gestione dei fondi pubblici. L’inchiesta ha rivelato una rete di appalti truccati e tangenti legate a servizi sociali, migrazione e gestione dei rifiuti. Massimo Carminati, ex terrorista, e Salvatore Buzzi, un imprenditore del terzo settore, sono stati al centro dell’inchiesta, con accuse di associazione mafiosa, corruzione e frode. La corruzione ha portato a uno sperpero di decine di milioni di euro destinati a servizi essenziali per la capitale.
L’Aquila post-terremoto
Dopo il devastante terremoto del 2009, i fondi destinati alla ricostruzione de L’Aquila furono al centro di polemiche per sprechi e malagestione. Molte risorse furono disperse in progetti inefficienti e c’è stata una lunga serie di denunce per lavori di scarsa qualità. La magistratura ha aperto varie inchieste sugli appalti legati alla ricostruzione, e diversi imprenditori e politici locali sono stati accusati di aver speculato sulla tragedia
I costi della politica
Rimangono infine da analizzare i costi dei nostri politici.
Il nostro sistema politico ci costa dai 3 ai 4 miliardi di euro l’anno. Capite bene che non si tratta di una cifra folle se paragonata ai 600 miliardi di euro di tasse che paghiamo, ai 300 che rimangono dopo aver pagato il debito pubblico o ai 150 che rimangono dopo aver sistemato le pensioni. Il problema è che se un sistema politico che costa 4 miliardi di euro l’anno produce (a prescindere dai rappresentanti) danni di malagestione per circa 200 miliardi di euro l’anno, c’è qualcosa che effettivamente non va.
L’evasione fiscale ci costa 100 miliardi di euro l’anno di mancate entrate. La malagestione ci costa 200 miliardi di euro l’anno di cattive uscite. Qual è la priorità da risolvere?
Per concludere
L’Italia ha un pesante macigno sulle spalle caratterizzato da pensioni e debito pubblico, su cui non ci si può fare molto. Servirebbe quindi una gestione illuminata per migliorare la crescita del nostro Paese e spendere bene la restante parte dei fondi a disposizione. Invece sembra che il trend negativo iniziato nella seconda metà dello scorso secolo continui anche nel nuovo millennio.
Ci troviamo quindi in una situazione di continuo e progressivo prosciugamento delle nostre risorse, in cui chi gestisce continua a sprecare e a fare i propri interessi, invece di cercare un’inversione di tendenza a livello nazionale. Nel frattempo la pressione fiscale su moltissimi settori diventa quasi insostenibile, le aziende chiudono e lo stipendio medio italiano rimane tra i più bassi d’Europa, soprattutto se paragonato al costo della vita.
Se fossi un politico direi che dobbiamo ripartire dai nostri punti di forza, dal Made in Italy, dalla classe di artigiani che ha reso famoso il nostro Paese nel mondo. Oppure darei la colpa all’euro, all’Europa, agli immigrati, o se mi va all’opposizione, qualunque essa sia.
Ma io non sono un politico, non vi costo dai 3 ai 4 miliardi di euro l’anno, e non ho interesse a spostare l’attenzione dai fatti e dai numeri ad altro.
Non so sinceramente quale possa essere una soluzione considerato da quanto tempo le cose vanno in questo modo. Non so chi possa arrivare a governare per sistemare il debito pubblico e permetterci di spendere quei 600 miliardi all’anno per noi. Prima o poi comunque lo ripagheremo, e le pensioni diventeranno più sostenibili, ma non so se a quel punto gli addetti ai lavori si faranno ancora più ingolosire dalla maggior quantità di soldi a disposizione.
Non so tutto queto, mi limito a rispondere al titolo dell’articolo.
Mi sa di sì, in Italia è proprio tutto un magna magna.