Il colore del lavoro sarà inevitabilmente green

da | Set 13, 2022 | ambiente, politica, tecnologia verde | 0 commenti

Non è la prima e non sarà l’ultima grande “transizione” quella che ha già preso il via. È la quarta degli ultimi tre secoli: la prima ha riguardato l’industrializzazione delle attività (soprattutto quella tessile e metallurgica) e l’introduzione dell’uso delle macchine; la seconda è stata caratterizzata dall’elettricità, dall’automazione/robotizzazione, dall’utilizzo di prodotti chimici e dal petrolio; la terza ha sfruttato l’innovazione tecnologica, l’informatica, la globalizzazione dei mercati. 

Tutte sono state accompagnate da significativi cambiamenti collettivi, da profonde modificazioni sociali, culturali, politiche e da vere e proprie rivoluzioni del mercato del lavoro.

Oggi si è profilata la necessità di una nuova “grande transizione”: quella ecologica, capace di favorire il passaggio da un sistema produttivo alimentato dal consumo eccessivo delle risorse naturali e caratterizzato dall’utilizzo dell’ambiente circostante come luogo in cui scaricare esternalità negative a un modello virtuoso, incentrato sull’utilizzo di energie rinnovabili, sulla riduzione degli impatti e sullo sfruttamento di soluzioni di economia circolare in ambito produttivo.

La green economy e l’economia circolare diventano le coordinate di una nuova rivoluzione industriale, economica, lavorativa; sono lo strumento necessario per fronteggiare una sfida epocale da sostenere nell’arco di breve tempo e che richiede interventi trasversali su nuovi modi di produrre e consumare, sullo sviluppo di nuove tecnologie, sul sistema culturale, sul modo di concepire le relazioni tra le persone, sullo sviluppo delle competenze e sulle modalità di organizzazione del lavoro.

Green Jobs: effetto e fattore abilitante della transizione ecologica

Il processo di transizione verso un’economia meno impattante sull’ambiente e più sostenibile nell’uso delle risorse ridisegna completamente il mercato del lavoro sia in termini di professioni che di competenze necessarie alle persone che lavorano nelle organizzazioni.

Da un punto di vista teorico quindi, l’attuazione della transizione ecologica e del Green Deal Europeo stanno accompagnando il sistema verso l’eliminazione di attività lavorative inquinanti e stanno riconvertendo, in chiave green, tutte le altre.  Contestualmente, questo cambiamento sarà in grado, come affermano in molti, di generare nuovi posti di lavoro “verdi”: i green jobs.

Il report di McKinsey & Company,The net zero transition, what it would cost, what it could bring,  pubblicato a gennaio 2022, evidenzia come la transizione ecologica potrebbe portare alla creazione di circa 200 milioni di nuovi posti di lavoro diretti e indiretti con un saldo netto positivo di 15 milioni di nuovi posti di lavoro; l’ILO (International Labour Organization), sostiene che passare a un’economia in cui la sostenibilità ambientale abbia più spazio potrebbe creare globalmente 24 milioni di posti di lavoro entro il 2030 (il calcolo è limitato al settore dell’energia, dell’edilizia, della mobilità elettrica, dell’efficienza energetica). 

I Green Jobs saranno quindi sia l’effetto di questo mutamento, ma anche uno dei principali fattori abilitanti della Great Transition e, per comprendere al meglio conseguenze della rivoluzione verde sul nostro sistema economico generale, uno dei mercati principali da monitorare sarà senza dubbio quello del lavoro.

Green Jobs: una chiave interpretativa

Rispetto alla definizione comunemente utilizzata dall’UNEP (United Nations Environment Programme), l’agenzia dell’Onu che opera nel campo della tutela ambientale, l’approccio adottato dall’US Bureau of Labor Statistics (BLS), per studiare i green jobs, è più moderna e completa.

Secondo l’agenzia di statistica statunitense, infatti, la descrizione dei lavori verdi contiene due componenti che implicato due diversi approcci per la loro analisi (e misurazione):

  • lavori in aziende che producono beni o forniscono servizi a beneficio dell’ambiente o preservano le risorse naturali;
  • lavori in cui i compiti dei lavoratori implicano processi di produzione più rispettosi dell’ambiente.

Questa impostazione ci aiuta a non mescolare le professioni verdi con l’occupazione verde e, come suggerito dalla guida “Pensare verde, Lavorare Verde dell’Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte, di dividere le professioni, così come i settori, in “core-green” e “go-green”:

  • le professioni “core-green” richiedono competenze specifiche, verticali in ambito ambientale, dell’economia circolare (Energy Manager, Mobility Manager, HSE, Responsabile Ambientale, Installatore di pannelli Fotovoltaici, ecc…);
  • nelle professioni “go-green” le competenze green sono affiancate da quelle più tradizionali. In questo caso è richiesto di riconoscere le implicazioni ambientali delle diverse attività di cui ognuno si occupa e di tutti i processi sottostanti.

Marco Gisotti, giornalista ed esperto di Green Jobs e Green Economy, in una sua recente intervista afferma: «Probabilmente non ha più senso parlare soltanto di green jobs. Piuttosto è importante parlare di competenze green perché tutte le professioni stanno acquisendo aspetti legati alla transizione ecologica. Siamo alla vigilia di un cambiamento che investirà tutte le professioni nel giro di 10 anni».

Quello che è certo, come rileva il report periodico sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia  pubblicato e aggiornato a giugno da Unioncamere, è che la domanda di competenze verdi pervade oggi l’intero mercato del lavoro e condiziona la maggior parte dei contratti programmati dalle aziende per il 2022 e per i prossimi anni.

Green Jobs: Conoscenze, Abilità, Competenze e Professioni

Con il documento programmatico Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 che riporta gli obiettivi della transizione green dei paesi Europei dando indicazioni in merito alle finalità dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, la Commissione Europea incoraggia gli Stati membri a includere nei loro piani investimenti e riforme per riqualificare e aggiornare le competenze (reskill and upskill). Secondo la Commissione, «investimenti senza precedenti nella riqualificazione e nell’aggiornamento delle competenze sono fondamentali per sostenere le transizioni verde e digitale, rafforzare il potenziale di innovazione e di crescita, promuovere la resilienza economica e sociale e garantire un’occupazione di qualità e l’inclusione sociale». 

Per aggiornare e riqualificare in maniera diffusa le competenze green (cioè la capacità di utilizzare conoscenze, abilità e attitudini personali in situazioni di lavoro) utili oggi al mercato del lavoro, sono necessarie azioni che integrino interventi sulle Conoscenze (Sapere – risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento), sulle Abilità (Saper Fare – le capacità di applicare e di fare esperienza con le conoscenze apprese) e sui Comportamenti (Saper Essere) della forza lavoro.

Nelle considerazioni finali dell’Analisi della domanda di Competenze legate alla Green Economy nelle Imprese  pubblicata lo scorso anno da Unioncamere si legge che:

  • nel 2021 le imprese hanno programmato 1.600.460 entrate di Green Jobs, pari al 34,5% del totale dei contratti previsti nell’anno, ritornando ai livelli pre-pandemia registrati nel 2019;
  • i Green jobs sono caratterizzati, rispetto alle altre professioni, da una richiesta più intensa di problem solving, di capacità di gestire soluzioni innovative e di competenze matematiche e informatiche;
  • in riferimento agli investimenti, nel 2021, il 52,5% delle imprese ha investito in competenze green;
  • l’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale continua a ricoprire un ruolo molto rilevante nelle richieste delle imprese. Per oltre 3,5 milioni di posizioni, pari al 76,3% delle entrate programmate dalle imprese nel 2021, la competenza green è considerata necessaria per svolgere la professione, e per il 37,9% delle entrate totali il grado di importanza di questa skill è elevato;
  • la domanda di competenze green da parte delle imprese risulta elevata per tutti i livelli di istruzione richiesti per coprire la posizione lavorativa, con le quote maggiori per la formazione tecnica superiore (è necessaria la green skill per l’88,2% delle entrate con ITS) e il livello universitario (82,7%).

Il mercato del lavoro è alla ricerca quindi di nuovi profili professionali “green” (Core-Green), ma anche di un sapere diffuso sulle tematiche collegate direttamente e indirettamente alla transizione ecologica e alla sostenibilità (Go-Green).

Il sistema produttivo richiede poi una forte accelerazione al sistema formativo; bisogna che la filiera sia più capace di sviluppare, trasferire competenze green declinate secondo le diverse specializzazioni richieste dal mercato e soprattutto sia in grado di colmare il mismatch tra la domanda e l’offerta di figure professionali collegate alla green economy (la difficoltà di reperimento nel 2021 è stata pari al 33,8%).

Un’adeguata gestione della transizione

È indubbio che, se non gestita adeguatamente, la transizione ecologica può acuire disuguaglianze e presentare rischi significativi che in parte bloccherebbero o rallenterebbero il percorso di trasformazione che invece richiede tempi celeri e velocità di attuazione.    

Tra i fattori principali da gestire quando si discute di lavoro, se non il più importante, c’è sicuramente il capitale umano e sociale, che porta con sé, in questa affascinate avventura, i fardelli e i problemi restati irrisolti nel nostro Paese: la bassa scolarizzazione e il basso tasso di laureati, la fuga dei giovani all’estero, il generale invecchiamento della popolazione e la conseguente diminuzione della popolazione attiva, il drammatico problema della sicurezza del lavoro, le disuguaglianze territoriali e le disparità di opportunità fra gli individui. 

La transizione ecologica, con tutte le implicazioni economiche e sociali, deve diventare un’opportunità e uno strumento capace di dare risposte nuove e incisive anche a questi problemi che caratterizzano da anni il nostro mercato del lavoro.

L’importante perdita dei posti di lavoro poi, soprattutto in alcuni ambiti, collegati alle fasi di trasformazione delle filiere produttive e ai processi di riqualificazione della forza lavoro, richiedono interventi attraverso adeguate politiche di welfare e di supporto alle imprese in grado di accompagnare aziende, lavoratrici e lavoratori nelle fasi di passaggio al nuovo sistema.  

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